Antisemitismo e intolleranza, altro che teste vuote!
Le telecamere potrebbero avere ripreso gli autori dell’ultimo raid antisemita con l’invito a boicottare i negozi ebraici. Tre giovani che si aggiravano in modo sospetto dalle parti di viale Libia – gli investigatori non li hanno ancora identificati – sarebbero stati ripresi due notti fa da una telecamera di servizio. Rigurgiti antisemiti frutto di incultura o di una cultura non cultura, che non vanno sottovalutati e che anzi dovrebbero far drizzare le antenne alla società civile e non solo ad essa. Episodi, poi fino ad un certo punto, che fanno il paio con la segnalazione delle abitazioni dei cristiani da parte degli islamisti in Siria o in Iraq.
La polizia ha acquisito le immagini e sta cercando di identificare gli sconosciuti. All’alba di venerdì in viale Libia, piazza Bologna, corso Trieste, via Livorno e via Ugo Ojetti, strade dove c’è un’alta concentrazione di negozi ebraici, sono comparsi una cinquantina di manifesti che invitano a non fare acquisti nei negozi gestiti da membri della comunità: «Boicotta Israele!», era il messaggio.
I maxi-volantini, arrivati nel pieno della guerra che sta insanguinando Gaza, riportavano la sigla del gruppo di estrema destra «Vita est militia», già protagonista in passato di analoghe iniziative, e contenevano affermazioni contro la politica di Tel Aviv («Contribuisci a fermare il massacro del popolo palestinese») e un dettagliato elenco di commercianti additati come possibili bersagli del boicottaggio. «Comprando da questi infami – si leggeva nel testo – contribuisci a uccidere altre migliaia di persone».
Ieri la Digos, incaricata delle indagini, ha eseguito le prime perquisizioni nei confronti di alcuni personaggi della galassia dell’estrema destra romana, anche se per ora non c’è ancora nessun iscritto nel registro degli indagati. Il raid, compiuto durante lo Shabbat, la ricorrenza settimanale dedicata al riposo, è diverso da quello del 27 luglio scorso, quando alcuni incappucciati tracciarono in diversi quartieri croci celtiche, svastiche e insulti contro i commercianti: in quel caso ci sono tre indagati, un cinquantatreenne e due ventenni, accusati di concorso in propaganda di idee finalizzate all’odio razziale. I tre accusati sono stati riconosciuti grazie alle telecamere.
Secondo gli investigatori della Digos guidata da Diego Parente, l’azione del 27 luglio e quella di venerdì notte non sono opera della stessa mano. I manifesti con la black-list dei negozianti ebrei hanno una firma. Restano da scoprire le identità di chi materialmente ha fatto stampare e ha incollato i poster. Nelle locandine viene raffigurato un giovane palestinese imbavagliato da mani avvolte nelle bandiere israeliana e americana, poi c’è il messaggio che invita a non comprare prodotti nei negozi elencati.
L’allarme è scattato sabato mattina all’alba, con una raffica di telefonate al «113», partite da commercianti e cittadini. «Siamo italiani di religione ebraica – dice un negoziate citato nella lista nera di Militia – viviamo qui, amiamo questo paese, siamo italiani e romani, dire altro è solo follia. Le liste sono una cosa delle cose più schifose che ci siano. Quei manifesti sono uno schiaffo non agli ebrei, ma a tutta la città».
I poster antisemiti hanno campeggiato pochissimo sui muri. Il sindaco Marino li ha fatti rimuovere dalle squadre dell’Ama coordinate dal pronto intervento Centro Storico. Il primo cittadino ha condannato il gesto e dato la sua solidarietà e quella della città alla comunità ebraica: «La capitale d’Italia si schiera a fianco dei commercianti presi di mira».