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Nessuna diffamazione nei confronti della testimone

Dopo oltre sette anni dal mio commento mediatico riguardo l’omicidio di Emmanuel Chidi
Nambi, finalmente Mercoledì scorso la Corte di Cassazione ha messo fine al processo
penale che mi ha visto mio malgrado coinvolto come imputato di diffamazione aggravata,
prima dinanzi al Tribunale di Ascoli Piceno, poi alla Corte di Appello di Ancona.
La Cassazione ha definitivamente cancellato le due precedenti condanne emesse nei miei
confronti e ha riconosciuto che come esponente politico istituzionale avessi il diritto di
commentare una versione dell’omicidio razzista del giovane nigeriano Emmanuel Chidi
Nambdi avvenuto a Fermo il 5 luglio del 2016 che non potevo considerare accettabile.
Una versione resa pubblica da una testimone secondo la quale l’omicida aveva agito per
difendersi e contro la quale avevo ritenuto di dover prendere le distanze proprio per
impedire che fosse strumentalizzata per scopi ideologici, come in effetti stava purtroppo
accadendo.
Dunque, la quinta sezione della Suprema Corte di Cassazione ha sancito che non fossi un
diffamatore ma che avessi solo legittimamente espresso il mio diritto di critica politica
nell’ambito della personale libertà di espressione del pensiero e ha annullato la
precedente sentenza di condanna per diffamazione ed il risarcimento dei danni alla Parte
civile, pronunciata nel primo grado di giudizio e confermata nei miei confronti dalla Corte di
Appello di Ancona nel Febbraio del 2023.
Finalmente dopo anni di giudizio è stato riconosciuto ciò che ho sempre affermato, ovvero
che nella mia presa di posizione pubblica non vi fosse alcun intento diffamatorio nei
confronti della testimone querelante, ed oggi, oltre al mio tanto auspicato riscatto morale,
dovranno finalmente cessare le strumentalizzazioni che da sette anni sono state fatte di
questa tristissima storia, prima ai danni del povero ragazzo ucciso e poi del sottoscritto,
che reiteratamente negli scorsi anni è stato sbattuto con tanto di fotografia sulle pagine da
alcuni quotidiani, in articoli sensazionalistici di condanna conditi da malcelato
compiacimento.
Posso dire quindi che ieri è finalmente terminata la manipolazione politica che alcuni
hanno strumentalmente operato di quella tragedia unitamente ad una altrettanto
campagna mediatica denigratoria contro di me, in particolare da una testata giornalistica
promotrice di una vera e propria disonorevole gogna nei miei confronti.
Oggi sento il dovere di affermare che questa sofferta ma vittoriosa “resistenza
democratica” è stata combattuta non tanto per me ma soprattutto in difesa del diritto di
opinione e della libertà di espressione.  E se  questa lunga resistenza è stata possibile il
merito principale va all’avvocata Cristina Perozzi, che credendo nella mia difesa sin dai
primi momenti di questo travagliato percorso giudiziario, mi è stata accanto con
determinazione irremovibile e competenza speciale, ma soprattutto con vera passione per
la giustizia ed illimitata fedeltà ai principi fondamentali della nostra Costituzione.
I miei sinceri ringraziamenti vanno a lei ed a tutti coloro che in questi anni mi sono stati
vicino, mai dubitando della mia innocenza.

Massimo Rossi