Il barometro politico di ottobre 2020, Conte vs Covid
Giuseppe Conte a luglio dichiarava in magna pompa: “Con il piano di controllo territorialmente
articolato siamo in condizione di affrontare con relativa tranquillità anche i prossimi mesi”.
Fra poco arriverà il 4° DPCM nell’arco di un paio di settimane o poco più, molti si stupiscono, e
sicuramente questo continuo affastellarsi di norme e divieti contribuisce solo a generare
confusione e deprimere un clima economico già di per sé malmesso. Le aspettative rispetto il
futuro rivestono sempre una grande importanza nello scenario macro-economico, ma bisogna
veramente stupirsi del modo di agire del governo Conte? Facciamo un passo indietro al suo
insediamento, dovendo scegliere una persona “terza” per unirsi a Salvini, Di Maio ci consulta con
Casaleggio e propongono il nome dell’avvocato Giuseppe Conte. Nel primo governo il premier
sottoscrive, condivide, approva, anche se ora li abiura, tutti gli strampalati provvedimenti proposti
dal duo delle meraviglia Salvini-Di Maio. Propone al MISE il nome di Savona scontrandosi con il
Presidente Mattarella, poi, malgrado la recessione già evidente, vara i provvedimenti economici
proposti dal duo di cui sopra, facendo schizzare il debito pubblico alle stelle senza mettere in
dubbio le bislacche teorie economiche di Salvini-Di Maio. Risultato? Arriva il covid e la tempesta
perfetta è bella e pronta, in un tessuto economico già in affanno l’emergenza coronavirus arriva
come una bomba. Mentre la Francia ha un rapporto debito/pil al 90% e la Germania a 0, l’Italia già
viaggia verso il 130%.
Ora arriva la seconda ondata, e tutto pare ricominciare daccapo, con la piccola e importante
differenza che il traguardo dell’estate non è fra un paio di mesi, ma ci sono tre stagioni che ci
aspettano, 9 mesi di lockdown? Ma tutto è stato fatto per prepararsi come il premier continua a
raccontare? Francia e Germania, pur con dei distinguo e non completamente, avevano già riaperto
le scuole a maggio e tuttora sono in funzione, anche in caso di lockdown. L’Italia di Azzolina e De
Micheli è arrivata all’apertura senza un piano di trasporti, con i ruoli ancora da coprire, 300 milioni
sono stati stanziati per noleggiare i bus privati inutilizzati, ma quando? A scuole aperte da un mese
e pandemia dilagante.
Oltre a un sistema di trasporti lasciato andare, con un Arcuri che si divide tra Invitalia e i banchi a
rotelle, quando non passa il tempo a litigare con i Presidenti delle regioni ovviamente, il contact
tracing che era considerato fondamentale per spegnere i focolai sul nascere non è mai partito.
Crisanti aveva preparato un progetto per farne 400.000, giace in qualche cassetto del governo.
L’app immuni ha certamente fatto bene alla pubblicità governativa, ma era monca già
nell’ideazione come sistema, e tutta l’architettura che avrebbe dovuto assicurarne il
funzionamento sanitario non è mai partita (da giugno a oggi solo 1.134 utenti l’hanno usata per
segnalare di essere positivi, appena lo 0,5% degli oltre 232 mila casi d’infezione registrati nello
stesso periodo). Il raddoppio dei posti in intensiva? Ci si è fermati al 48% (prima della pandemia si
contavano 5.179 posti letto in terapia intensiva, ora sono 6.628 e si dovrebbe arrivare a 8.288),
forse troppo occupati a giocare con i miliardi della Cdp, le nomine ai servizi segreti, la borsa, Aspi e
via dicendo.
Al ridicolo non c’è mai fine, i point per i tamponi registrano ore per effettuarli e si rivelano punti di
contagio, i risultati arrivano dopo giorni, anche il governo ha latitato in maniera a dir poco
imbarazzante. delle 1.200 Unità speciali di continuità assistenziale (Usca) che avrebbero dovuto
garantire l’assistenza domiciliare delle persone con sintomi più lievi ne risultano attive appena la
metà. La bandiera bianca l’alza lo stesso Agostino Miozzo, presidente dell’onnipotente CRS:
“Stiamo entrando nella seconda fase e abbiamo avuto tanti mesi per prepararci. Ma le file di 8-9
ore ai drive in dimostrano che non abbiamo utilizzato adeguatamente questo tempo”.
MAURIZIO DONINI