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Da Infolampo: CGIL lavoratori precoci – Lavoro i dati Istat

ultime-notizie-lavoratori-precoci-novita-rizzetto_506629Cgil: preoccupa l’intervento sui lavoratori precoci

Il sindacato dopo l’incontro col governo: “Provvedimento svuotato, anche smentendo le ipotesi

precedenti”. Su alcuni punti possibili soluzioni, su altri “segnali di indisponibilità”. Spi: “Verso ipotesi

condivise sui pensionati, ma i nodi restano”

“Su alcuni punti si confermano delle possibili ipotesi di soluzione mentre per altri emergono segnali di

indisponibilità”. Così la Cgil commenta l’esito dell’incontro tecnico sulla previdenza, che si è svolto al

ministero del Lavoro. In particolare, il sindacato di Corso

d’Italia “esprime preoccupazione per lo svuotamento di un

intervento sul tema del lavoro precoce, anche smentendo

diverse ipotesi che erano state prospettate nel corso degli

incontri che si sono tenuti nelle settimane precedenti”. Il

sindacato quindi aggiunge: “Il tema del lavoro precoce, dei

41 anni per chi ha iniziato a lavorare prima dei 18 anni,

costituisce una priorità, considerata l’urgenza d’individuare

soluzioni per una categoria fortemente penalizzata dagli

interventi di riforma”.

“Dal confronto che abbiamo avuto oggi emerge la volontà

del governo a procedere verso ipotesi condivise che

riguardano in particolare la condizione dei pensionati e

degli anziani italiani”. Così il segretario generale dello Spi

Cgil, Ivan Pedretti. Nello specifico, a suo avviso, “si sta

lavorando per allargare la platea dei beneficiari della

quattordicesima e per portare la no tax area allo stesso

livello di quella dei lavoratori dipendenti e questo lo

riteniamo un fatto positivo. Restano però da sciogliere

alcuni nodi, a partire dalla definizione esatta e concreta delle risorse a disposizione e dal problema dei

precoci, che non trova ancora una risposta per noi esaustiva”.

Alla riunione, per l’esecutivo, ha partecipato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Tommaso

Nannicini. Per Cgil, Cisl e Uil c’erano i segretari confederali che si occupano del tema insieme ai segretari

generali delle federazioni dei pensionati.

I lavoratori potranno accedere all’Ape, l’anticipo pensionistico, a partire dall’età di 63 anni. Il periodo

anticipato di uscita dall’impiego sarà pari a 3 anni e 7 mesi. E’ quanto si apprende dalle agenzie di stampa,

dopo la riunione di oggi. “Sessantré anni è la mediazione arrivata oggi, ma che era in viaggio da un po’ di

tempo”, ha riferito il segretario confederale Cisl, Maurizio Petriccioli.

Il lavoratore che richiede l’Ape sottoscrive un prestito previdenziale ventennale, che avrà un costo

Leggi anche: Fillea: su lavori usuranti governo si gioca la faccia

Leggi tutto: http://www.rassegna.it/articoli/spi-verso-ipotesi-condivise-restano-nodi-da-sciogliere

Pensioni. Ivan Pedretti “Verso

ipotesi condivise ma alcuni nodi

da sciogliere”

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www.articolo43.it

Lavoro: cosa dicono i dati Istat e del ministero

L’impiego sale: +0,8%. Però il rapporto indeterminato/determinato torna ai livelli pre riforma. La

disoccupazione cala. Ma non per le donne. L’analisi in 8 punti.

Festeggia il primo ministro Matteo Renzi per i dati Istat sul secondo trimestre del 2016.

E ha le sue ragioni, visto che nonostante la crescita del Pil si sia interrotta, tra aprile e giugno il numero

degli occupati è cresciuto dello 0,8%.

Tuttavia non è facile dimostrare che il merito sia del Jobs act, soprattutto considerando le elaborazioni

trimestrali e annuali pubblicate dal ministero del Lavoro.

TORNA IL TEMPO DETERMINATO. La riforma del 2015 ha contribuito alla trasformazione dei

contratti di lavoro a tempo indeterminato e di collaborazione in rapporti di lavoro stabili.

Ma la crescita di oggi, seppure mostrando ancora un numero elevato di trasformazioni, si concentra

soprattutto nei contratti a termine che restano, anzi tornano, a rappresentare i due terzi dei rapporti di

lavoro attivati in Italia.

SEGNALI POSITIVI DAI GIOVANI. Il dato maggiormente positivo è sui Neet (Not in Education,

Employment or Training), i giovani che non lavorano e non studiano: sono diminuiti di oltre 225 mila

unità.

Un segnale di speranza che riguarda soprattutto le donne e che però si scontra con i dati non positivi sul

lavoro femminile.

Nel secondo trimestre del 2016 infatti la disoccupazione per le donne è tornata a salire.

Ecco le domande e le risposte più significative sull’occupazione italiana.

1. Cresce l’occupazione, ma soprattutto tra più giovani e più anziani

Nel secondo trimestre del 2016, cioè da aprile a giugno, i posti di lavoro complessivi sono aumentati di

189 mila unità.

In percentuale una crescita dello 0,8.

Rispetto allo stesso periodo del 2015 si contano 439 mila occupati in più, un saldo positivo e in crescita

rispetto agli anni passati.

La crescita, tuttavia, non è affatto uniforme e si concentra soprattutto nella fascia tra i 15 e i 34 anni (+0,8

punti) e in quella tra i 50-64enni (+0,6 punti).

STALLO TRA I 35 E I 49 ANNI. Tra i 35 e i 49 anni invece i posti di lavoro crescono solo dello 0,2, e

dello 0,6 su base annua: è la fascia dove l’occupazione aumenta di meno da 12 mesi a questa parte.

2. Un aumento non omogeneo: è dovuto ai contratti a tempo determinato

Il dato sul tasso di occupazione, guardato nella sua composizione, mostra che la crescita è dovuta

soprattutto ai posti di lavoro a termine aumentati del 3,2% e dei lavoratori indipendenti (+1,2%), rispetto

allo 0,3 dei posti a tempo indeterminato.

SOLO 46 MILA ”INDETERMINATI”. Di fatto mentre sono stati firmati 76 mila nuovi contratti a

termine, quelli a tempo indeterminato sono 46 mila.

Per gli indipendenti, poi, dice l’Istat, l’aumento si è interrotto a luglio.

3. Il rapporto determinato/indeterminato è a livelli abituali: addio effetto sgravi

L’Istat certifica che nel secondo trimestre i contratti a tempo determinato sono stati il 70,5% del totale

contro il 16% dei rapporti stabili.

BOOM A FINE 2015. Il dato è importante perché a fine 2015, con il boom di attivazioni dei nuovi

contratti previsti dal Jobs act e baciati dagli sgravi fiscali, per la prima volta i contratti a tempo

indeterminato erano diventati il 29% del totale contro il 59% di quelli a tempo determinato e avevano

segnato un +104% rispetto al periodo precedente.

Oggi si è tornati alla percentuale del terzo trimestre del 2015, in linea con quelle registrate negli anni

precedenti.

4. L’exploit dell’apprendistato, ma anche della somministrazione

La crescita dell’occupazione giovanile si collega al boom dell’apprendistato che, seppure rappresentando

ancora il 3,3% dei contratti totali, è salito di oltre il 26%.

Un altro dato però significativo è l’aumento del lavoro in somministrazione, che è aumentato del 4,1% nel

secondo trimestre e del 2,8% su base annua.

DATI IN CONTROTENDENZA. Nel settore dei servizi, tendenzialmente quello in cui si concentra

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ministero_43675259898.htm