Da Infolampo: CGIL lavoratori precoci – Lavoro i dati Istat
Cgil: preoccupa l’intervento sui lavoratori precoci
Il sindacato dopo l’incontro col governo: “Provvedimento svuotato, anche smentendo le ipotesi
precedenti”. Su alcuni punti possibili soluzioni, su altri “segnali di indisponibilità”. Spi: “Verso ipotesi
condivise sui pensionati, ma i nodi restano”
“Su alcuni punti si confermano delle possibili ipotesi di soluzione mentre per altri emergono segnali di
indisponibilità”. Così la Cgil commenta l’esito dell’incontro tecnico sulla previdenza, che si è svolto al
ministero del Lavoro. In particolare, il sindacato di Corso
d’Italia “esprime preoccupazione per lo svuotamento di un
intervento sul tema del lavoro precoce, anche smentendo
diverse ipotesi che erano state prospettate nel corso degli
incontri che si sono tenuti nelle settimane precedenti”. Il
sindacato quindi aggiunge: “Il tema del lavoro precoce, dei
41 anni per chi ha iniziato a lavorare prima dei 18 anni,
costituisce una priorità, considerata l’urgenza d’individuare
soluzioni per una categoria fortemente penalizzata dagli
interventi di riforma”.
“Dal confronto che abbiamo avuto oggi emerge la volontà
del governo a procedere verso ipotesi condivise che
riguardano in particolare la condizione dei pensionati e
degli anziani italiani”. Così il segretario generale dello Spi
Cgil, Ivan Pedretti. Nello specifico, a suo avviso, “si sta
lavorando per allargare la platea dei beneficiari della
quattordicesima e per portare la no tax area allo stesso
livello di quella dei lavoratori dipendenti e questo lo
riteniamo un fatto positivo. Restano però da sciogliere
alcuni nodi, a partire dalla definizione esatta e concreta delle risorse a disposizione e dal problema dei
precoci, che non trova ancora una risposta per noi esaustiva”.
Alla riunione, per l’esecutivo, ha partecipato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Tommaso
Nannicini. Per Cgil, Cisl e Uil c’erano i segretari confederali che si occupano del tema insieme ai segretari
generali delle federazioni dei pensionati.
I lavoratori potranno accedere all’Ape, l’anticipo pensionistico, a partire dall’età di 63 anni. Il periodo
anticipato di uscita dall’impiego sarà pari a 3 anni e 7 mesi. E’ quanto si apprende dalle agenzie di stampa,
dopo la riunione di oggi. “Sessantré anni è la mediazione arrivata oggi, ma che era in viaggio da un po’ di
tempo”, ha riferito il segretario confederale Cisl, Maurizio Petriccioli.
Il lavoratore che richiede l’Ape sottoscrive un prestito previdenziale ventennale, che avrà un costo
Leggi anche: Fillea: su lavori usuranti governo si gioca la faccia
Leggi tutto: http://www.rassegna.it/articoli/spi-verso-ipotesi-condivise-restano-nodi-da-sciogliere
Pensioni. Ivan Pedretti “Verso
ipotesi condivise ma alcuni nodi
da sciogliere”
Leggi su www.spi.cgil.it
www.articolo43.it
Lavoro: cosa dicono i dati Istat e del ministero
L’impiego sale: +0,8%. Però il rapporto indeterminato/determinato torna ai livelli pre riforma. La
disoccupazione cala. Ma non per le donne. L’analisi in 8 punti.
Festeggia il primo ministro Matteo Renzi per i dati Istat sul secondo trimestre del 2016.
E ha le sue ragioni, visto che nonostante la crescita del Pil si sia interrotta, tra aprile e giugno il numero
degli occupati è cresciuto dello 0,8%.
Tuttavia non è facile dimostrare che il merito sia del Jobs act, soprattutto considerando le elaborazioni
trimestrali e annuali pubblicate dal ministero del Lavoro.
TORNA IL TEMPO DETERMINATO. La riforma del 2015 ha contribuito alla trasformazione dei
contratti di lavoro a tempo indeterminato e di collaborazione in rapporti di lavoro stabili.
Ma la crescita di oggi, seppure mostrando ancora un numero elevato di trasformazioni, si concentra
soprattutto nei contratti a termine che restano, anzi tornano, a rappresentare i due terzi dei rapporti di
lavoro attivati in Italia.
SEGNALI POSITIVI DAI GIOVANI. Il dato maggiormente positivo è sui Neet (Not in Education,
Employment or Training), i giovani che non lavorano e non studiano: sono diminuiti di oltre 225 mila
unità.
Un segnale di speranza che riguarda soprattutto le donne e che però si scontra con i dati non positivi sul
lavoro femminile.
Nel secondo trimestre del 2016 infatti la disoccupazione per le donne è tornata a salire.
Ecco le domande e le risposte più significative sull’occupazione italiana.
1. Cresce l’occupazione, ma soprattutto tra più giovani e più anziani
Nel secondo trimestre del 2016, cioè da aprile a giugno, i posti di lavoro complessivi sono aumentati di
189 mila unità.
In percentuale una crescita dello 0,8.
Rispetto allo stesso periodo del 2015 si contano 439 mila occupati in più, un saldo positivo e in crescita
rispetto agli anni passati.
La crescita, tuttavia, non è affatto uniforme e si concentra soprattutto nella fascia tra i 15 e i 34 anni (+0,8
punti) e in quella tra i 50-64enni (+0,6 punti).
STALLO TRA I 35 E I 49 ANNI. Tra i 35 e i 49 anni invece i posti di lavoro crescono solo dello 0,2, e
dello 0,6 su base annua: è la fascia dove l’occupazione aumenta di meno da 12 mesi a questa parte.
2. Un aumento non omogeneo: è dovuto ai contratti a tempo determinato
Il dato sul tasso di occupazione, guardato nella sua composizione, mostra che la crescita è dovuta
soprattutto ai posti di lavoro a termine aumentati del 3,2% e dei lavoratori indipendenti (+1,2%), rispetto
allo 0,3 dei posti a tempo indeterminato.
SOLO 46 MILA ”INDETERMINATI”. Di fatto mentre sono stati firmati 76 mila nuovi contratti a
termine, quelli a tempo indeterminato sono 46 mila.
Per gli indipendenti, poi, dice l’Istat, l’aumento si è interrotto a luglio.
3. Il rapporto determinato/indeterminato è a livelli abituali: addio effetto sgravi
L’Istat certifica che nel secondo trimestre i contratti a tempo determinato sono stati il 70,5% del totale
contro il 16% dei rapporti stabili.
BOOM A FINE 2015. Il dato è importante perché a fine 2015, con il boom di attivazioni dei nuovi
contratti previsti dal Jobs act e baciati dagli sgravi fiscali, per la prima volta i contratti a tempo
indeterminato erano diventati il 29% del totale contro il 59% di quelli a tempo determinato e avevano
segnato un +104% rispetto al periodo precedente.
Oggi si è tornati alla percentuale del terzo trimestre del 2015, in linea con quelle registrate negli anni
precedenti.
4. L’exploit dell’apprendistato, ma anche della somministrazione
La crescita dell’occupazione giovanile si collega al boom dell’apprendistato che, seppure rappresentando
ancora il 3,3% dei contratti totali, è salito di oltre il 26%.
Un altro dato però significativo è l’aumento del lavoro in somministrazione, che è aumentato del 4,1% nel
secondo trimestre e del 2,8% su base annua.
DATI IN CONTROTENDENZA. Nel settore dei servizi, tendenzialmente quello in cui si concentra
Leggi tutto: http://www.lettera43.it/economia/macro/lavoro-cosa-dicono-i-dati-istat-e-del-
ministero_43675259898.htm