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Infolampo: Mercato – Inegrazione

‘Le anomalie del mercato del lavoro fra Italia e Europa’
In Italia peggiora la qualità del lavoro, allargare diritti e tutele lavoratori. Il 9 febbraio in piazza a Roma
con Cisl e Uil per dare ‘Futuro al Lavoro’
“Nonostante un lieve recupero, nel 2018, i principali parametri dell’occupazione italiana restano ancora
molto distanti dalla media dell’Eurozona e in alcuni casi il divario aumenta”. È quanto afferma il
Presidente Fondazione Di Vittorio Fulvio Fammoni
commentando il report curato dalla Fondazione su ‘Le
anomalie del mercato del lavoro fra Italia ed Europa‘.
Nel dettaglio, spiega Fammoni “il tasso di occupazione
italiano è più basso di 8,6 punti percentuali e,
simmetricamente, il tasso di inattività più alto di 7,7 punti
rispetto alla media europea. Il tasso di disoccupazione –
prosegue – è “solo” 2,3 punti superiore a quello
dell’Eurozona, ma come è noto, una quota di disoccupati è
statisticamente riscontrabile all’interno dell’inattività”.
Per il presidente Fdv un altro dato “di rilievo” è la sostanziale
differenza nella situazione italiana dovuta alla condizione
geografica, “il Nord – sottolinea Fammoni – ha tassi di
occupazione in linea con quelli europei, mentre il Sud registra
un ritardo di oltre 20 punti percentuali”. In conclusione
avverte il Presidente di Fdv “la qualità del lavoro in Italia è
peggiorata. Lo dimostra la crescita dei lavori a tempo

determinato e del part-time involontario”. Infatti come riportato nella ricerca il numero di occupati full-
time nel 2018 è pari a quasi 19 milioni (sostanzialmente ai livelli del 1993, primo anno disponibile nella

serie Istat), mentre il numero totale di occupati, di poco superiore a 23 milioni, è dovuto alla crescita
dell’occupazione part-time, che supera quota 4 milioni, contro circa 2,5 negli anni ‘90.
Secondo la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti “quello che emerge dal report della
Fondazione è un quadro estremamente preoccupante, alimentato dall’assenza di una forte politica
orientata agli investimenti pubblici e privati, volta a generare nuove opportunità di occupazione e a
rilanciare una seria politica industriale a partire dai settori più innovativi. Preoccupa – prosegue – la
persistente idea che il welfare e il lavoro pubblico in generale siano considerati costi da tagliare e non ,
invece, uno dei principali driver per lo sviluppo e per l’occupazione di qualità”.
“Perseguire mere politiche di incentivazioni economiche alle imprese che assumono, come si sta facendo
anche con il reddito di cittadinanza – spiega la dirigente sindacale – , rischia di rivelarsi una misura
Scarica report FDV ‘Le anomalie del mercato del lavoro fra Italia ed Europa‘.
Leggi tutto: http://www.cgil.it/cgil-e-fdv-report-le-anomalie-del-mercato-del-lavoro-fra-italia-e-europa/
Siracusa. Pensionati in campo
per lo sbarco della Sea Watch

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Perché l’integrazione si è bloccata
Lavoro, alloggio, scuola, uguaglianza: è essenzialmente attraverso questi elementi che si realizza
l’integrazione degli immigrati in Europa. Tuttavia, come sottolinea l’Ocse in un recente rapporto, le
mancanze sono numerose e talvolta danneggiano questo processo, invece così necessario. E la Francia è
tra i peggiori esempi in questo ambito.
di Aude Martin – Alternatives économiques (Parigi)
“L’attenzione verso la quantità di nuovi arrivi non deve oscurare la storica presenza di migranti e dei loro
figli che vivono sul continente da anni”, afferma l’Ocse in un recente rapporto che delinea il bilancio
comparativo delle politiche d’integrazione sostenute dal 2007 all’interno dell’Unione europea.
Nonostante negli ultimi anni si sia assistito a un complessivo miglioramento delle politiche di
integrazione, “resta ancora molto da fare per permettere ai migranti di partecipare economicamente e
socialmente alla società che li accoglie”, sottolinea Angel Gurria, segretario generale dell’Ocse.
Insomma: al fine di permettere agli immigrati accolti di “trovare la propria strada”, com’è intitolato il
rapporto, il lavoro è ancora tanto.
Su questo punto il Presidente francese Emmanuel Macron ha ragione: la politica francese
sull’integrazione è un fallimento. Come sottolinea Jean-Christophe Dumont, responsabile della sezione
“migrazioni internazionali” presso l’Ocse, “i risultati francesi in materia d’integrazione non sono
all’altezza delle sfide e dei risultati degli altri grandi paesi Ocse meta di immigrazione. Le recenti riforme
avranno bisogno di tempo prima di dare i propri frutti e lasciano anche alcune questioni in sospeso, come
l’inserimento dei nuovi arrivati a livello professionale e l’integrazione socio-economica dei discendenti
degli immigrati”.
Precarietà nel lavoro
All’interno dell’Unione europea (Ue), circa il 68 per cento dei lavoratori autoctoni sono occupati, contro
solo il 65 per cento per gli immigrati. Nello specifico in Francia, il tasso d’impiego degli immigrati
raggiunge appena il 57 per cento contro il 66 per cento di coloro che sono nati in Francia, con uno scarto
di quasi 10 punti, nettamente superiore a quello registrato tra i due gruppi a livello comunitario. Gli
immigrati in Europa inoltre hanno beneficiato meno della ripresa economica rispetto ai nativi, in
particolare nei paesi del Sud (Grecia, Spagna e Italia), dove i migranti sono meno qualificati.
E anche per gli immigrati che hanno un lavoro, la situazione non è ottimale. “Spesso non riescono a
trasformarelivelli di studio complessivamente più alti rispetto a quelli della popolazione autoctona in
migliori risultati sul mercato del lavoro”, riassume il rapporto dell’Ocse. Così in Europa, più di un terzo
degli immigrati in possesso di un diploma di scuola secondaria svolgono lavori per i quali sono
sovraqualificati. Questa quota, che costituisce il 13 per cento in più rispetto ai nati in Europa, è aumentata
con la crisi. “La Francia è certamente nella media, ma la situazione cambia nettamente per quanto
riguarda la notevole quantità di immigrati francofoni che vengono accolti, i quali non hanno barriere
linguistiche da superare”, sottolinea Jean-Christophe Dumont.
Oltre a un’insufficiente valorizzazione dei titoli e della formazione ottenuta all’estero (in particolare per
le professioni regolamentate e tecniche), questo alto tasso di declassamento rivela anche l’importanza
delle relazioni personali nella possibilità di ottenere posti qualificati (come mostrato, nel caso della
Francia, da uno studio pubblicato l’anno scorso da Pôle Emploi, l’Agenzia per l’Impiego francese), che
mette in difficoltà gli immigrati.
Questa situazione fa sì che gli immigrati si trovino in situazione di precarietà finanziaria e, di
conseguenza, con meno possibilità di vivere e di trovare un alloggio dignitoso. All’interno dell’Ue, il
reddito medio degli immigrati è il 10 per cento più basso rispetto a quello delle persone nate in Europa;
inoltre gli immigrati sono sovrarappresentati nel decile dei redditi più bassi (18 per cento).
Segregazione spaziale
In uno studio dedicato all’evoluzione della segregazione spaziale nelle varie generazioni di immigrati
pubblicato nell’estate 2018, la ricercatrice americana Haley McAvay mostra che tra infanzia ed età adulta
il 30 per cento degli immigrati permane nella stessa situazione, se rapportato al tasso di disoccupazione
(la percentuale sale al 40 se analizzata rapportandola alla composizione etnica). “La persistenza di questo
svantaggio è ancor più marcata per i migranti che provengono da paesi extra-Ue”, sottolinea la studiosa.
Così, il 63 per cento degli immigrati africani e il 69 per cento degli immigrati asiatici/turchi restano ad
abitare in quartieri a forte presenza straniera dopo il passaggio all’età adulta.
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