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Da Infolampo: Pensioni di reversibilità – Part time

reversibilita_1217“Sulle pensioni di reversibilità avevamo ragione noi!”

Sono passati due mesi da quando lanciammo l’allarme su un possibile intervento sulle

pensioni di reversibilità. Oggi, per la prima volta, il governo ci sta dicendo che avevamo

ragione e sembra aver preso coscienza che con il disegno di legge delega sulla povertà si

sta commettendo un grossolano errore: tagliare queste pensioni legandole all’Isee

considerandole non più di natura previdenziale bensì assistenziale.

Non si tratta di una complicata disquisizione tra tecnici esperti di pensioni. Perché se ciò

fosse realmente fatto significherebbe colpire decine di migliaia di persone, soprattutto

donne, privandole di un loro diritto. Fin da

subito il governo ci ha tenuto a informarci

che non aveva alcuna intenzione di

intervenire in questo modo, sebbene il testo

del disegno di legge parlasse chiaro.

Ci hanno detto che ci stavamo sbagliando,

che era tutta una bufala. Gli abbiamo

risposto che di fronte alle dichiarazioni

“carta canta” e che se c’era stato un errore

bastava presentare un emendamento che

stralciasse quella norma. Ma per settimane la

linea non è cambiata e hanno continuato a

dirci che non c’era bisogno di intervenire

perché le pensioni di reversibilità non

sarebbero state toccate.

Oggi il contrordine. Dal ministro Poletti è arrivata una prima, importante, ammissione.

Quella norma è un errore. Non mi interessa stare a discutere se tecnico o politico ma pur

sempre un errore. E ha aggiunto che il governo presenterà un emendamento per chiarire

definitivamente la vicenda. Lo attendiamo con ansia, per poter dire davvero che le

pensioni di reversibilità non saranno toccate e che le ormai famose “vedove” possono stare

tranquille.

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Invecchiamento attivo. A Lucca il

16 aprile presentazione pubblica

della prima proposta di legge

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Pensioni: arriva il part-time, non la flessibilità

Chi raggiunge entro il 2018 i requisiti per la “vecchiaia” può ridurre l’orario di lavoro

con decurtazione di una parte di salario, ma non della pensione. Lamonica (Cgil): il

decreto riguarda solo poche grandi aziende. “Cancellare disparità di genere”

Arriva il part-time per i dipendenti delle aziende private vicini alla pensione: serve un

accordo con la controparte, si perde una parte di salario, ma non i contributi figurativi. La

riduzione, introdotta dalla legge di stabilità, dovrebbe diventare operativa dopo la firma

del decreto attuativo da parte del ministro Poletti e la registrazione, nei prossimi giorni,

alla Corte dei Conti.

La condizione è che il lavoratore, con contratto a tempo indeterminato e a orario pieno,

abbia 20 anni di contributi e aggiunga i requisiti per la pensione di vecchiaia entro il 2018.

L’orario di lavoro sarà ridotto dal 40 al 60 per cento e la contribuzione mancante sarà

accreditata in maniera figurativa. La cifra verrà accreditata nella busta paga, esentasse, e

corrisponderà ai contributi previdenziali a carico del datore di lavoro sulla retribuzione per

l’orario non lavorato. Una volta maturata l’età pensionabile la pensione non subirà

decurtazioni. Per la misura sono stati stanziati 60 milioni per il 2016, 120 per il 2017, 60

milioni di euro per il 2018. Una volta esaurite queste risorse non saranno accettate nuove

istanze. Gli uomini potranno andare in pensione nel 2016 a condizione che siano nati

prima del maggio 1952 e abbiano raggiunto almeno 63 anni e sette mesi. Secondo uno

studio della Uil, tuttavia, le donne sarebbero penalizzate. Le nate fino al 1951, infatti, sono

già uscite mentre quelle del 1952 (che compiono 64 anni quest’anno) usciranno nel 2016

sulla base di una deroga prevista alla legge Fornero. Le nate nel 1953 raggiungeranno il

requisito per la vecchiaia nel 2019. “E evidente come tale norma – commenta la Uil – sia

utilizzabile solo da lavoratrici che entro 14 mesi potranno accedere alla pensione

discriminando di fatto moltissime donne e limitando notevolmente i benefici

dell’intervento”.

Critico il giudizio della Cgil, che chiede al Governo di correggere il decreto “per evitare

disparità di genere”. Per il segretario confederale, Vera Lamonica, si tratta di un

provvedimento “limitato” che rischia di riguardare solo poche grandi aziende. “Il governo

verifichi – sottolinea – se il decreto su part-time agevolato verso la pensione può essere

corretto per cancellare la disparità di genere che in esso é contenuta”. Sul decreto

attuativo, aggiunge la sindacalista, “c’è troppa enfasi, trattandosi di un provvedimento

limitato nelle risorse che riguarderà alcune migliaia di persone, soprattutto dipendenti di

grandi imprese”. Purtroppo, conclude, avrà poco a che vedere sia con l’ occupazione

giovanile, che col tema della flessibilità in uscita che rimane tutto da affrontare”.

Dal provvedimento sono, inoltre, escluse anche tutte le categorie del pubblico impiego e il

lavoro autonomo.

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