Da Infolampo: Pensioni di reversibilità – Part time
“Sulle pensioni di reversibilità avevamo ragione noi!”
Sono passati due mesi da quando lanciammo l’allarme su un possibile intervento sulle
pensioni di reversibilità. Oggi, per la prima volta, il governo ci sta dicendo che avevamo
ragione e sembra aver preso coscienza che con il disegno di legge delega sulla povertà si
sta commettendo un grossolano errore: tagliare queste pensioni legandole all’Isee
considerandole non più di natura previdenziale bensì assistenziale.
Non si tratta di una complicata disquisizione tra tecnici esperti di pensioni. Perché se ciò
fosse realmente fatto significherebbe colpire decine di migliaia di persone, soprattutto
donne, privandole di un loro diritto. Fin da
subito il governo ci ha tenuto a informarci
che non aveva alcuna intenzione di
intervenire in questo modo, sebbene il testo
del disegno di legge parlasse chiaro.
Ci hanno detto che ci stavamo sbagliando,
che era tutta una bufala. Gli abbiamo
risposto che di fronte alle dichiarazioni
“carta canta” e che se c’era stato un errore
bastava presentare un emendamento che
stralciasse quella norma. Ma per settimane la
linea non è cambiata e hanno continuato a
dirci che non c’era bisogno di intervenire
perché le pensioni di reversibilità non
sarebbero state toccate.
Oggi il contrordine. Dal ministro Poletti è arrivata una prima, importante, ammissione.
Quella norma è un errore. Non mi interessa stare a discutere se tecnico o politico ma pur
sempre un errore. E ha aggiunto che il governo presenterà un emendamento per chiarire
definitivamente la vicenda. Lo attendiamo con ansia, per poter dire davvero che le
pensioni di reversibilità non saranno toccate e che le ormai famose “vedove” possono stare
tranquille.
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Invecchiamento attivo. A Lucca il
16 aprile presentazione pubblica
della prima proposta di legge
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Pensioni: arriva il part-time, non la flessibilità
Chi raggiunge entro il 2018 i requisiti per la “vecchiaia” può ridurre l’orario di lavoro
con decurtazione di una parte di salario, ma non della pensione. Lamonica (Cgil): il
decreto riguarda solo poche grandi aziende. “Cancellare disparità di genere”
Arriva il part-time per i dipendenti delle aziende private vicini alla pensione: serve un
accordo con la controparte, si perde una parte di salario, ma non i contributi figurativi. La
riduzione, introdotta dalla legge di stabilità, dovrebbe diventare operativa dopo la firma
del decreto attuativo da parte del ministro Poletti e la registrazione, nei prossimi giorni,
alla Corte dei Conti.
La condizione è che il lavoratore, con contratto a tempo indeterminato e a orario pieno,
abbia 20 anni di contributi e aggiunga i requisiti per la pensione di vecchiaia entro il 2018.
L’orario di lavoro sarà ridotto dal 40 al 60 per cento e la contribuzione mancante sarà
accreditata in maniera figurativa. La cifra verrà accreditata nella busta paga, esentasse, e
corrisponderà ai contributi previdenziali a carico del datore di lavoro sulla retribuzione per
l’orario non lavorato. Una volta maturata l’età pensionabile la pensione non subirà
decurtazioni. Per la misura sono stati stanziati 60 milioni per il 2016, 120 per il 2017, 60
milioni di euro per il 2018. Una volta esaurite queste risorse non saranno accettate nuove
istanze. Gli uomini potranno andare in pensione nel 2016 a condizione che siano nati
prima del maggio 1952 e abbiano raggiunto almeno 63 anni e sette mesi. Secondo uno
studio della Uil, tuttavia, le donne sarebbero penalizzate. Le nate fino al 1951, infatti, sono
già uscite mentre quelle del 1952 (che compiono 64 anni quest’anno) usciranno nel 2016
sulla base di una deroga prevista alla legge Fornero. Le nate nel 1953 raggiungeranno il
requisito per la vecchiaia nel 2019. “E evidente come tale norma – commenta la Uil – sia
utilizzabile solo da lavoratrici che entro 14 mesi potranno accedere alla pensione
discriminando di fatto moltissime donne e limitando notevolmente i benefici
dell’intervento”.
Critico il giudizio della Cgil, che chiede al Governo di correggere il decreto “per evitare
disparità di genere”. Per il segretario confederale, Vera Lamonica, si tratta di un
provvedimento “limitato” che rischia di riguardare solo poche grandi aziende. “Il governo
verifichi – sottolinea – se il decreto su part-time agevolato verso la pensione può essere
corretto per cancellare la disparità di genere che in esso é contenuta”. Sul decreto
attuativo, aggiunge la sindacalista, “c’è troppa enfasi, trattandosi di un provvedimento
limitato nelle risorse che riguarderà alcune migliaia di persone, soprattutto dipendenti di
grandi imprese”. Purtroppo, conclude, avrà poco a che vedere sia con l’ occupazione
giovanile, che col tema della flessibilità in uscita che rimane tutto da affrontare”.
Dal provvedimento sono, inoltre, escluse anche tutte le categorie del pubblico impiego e il
lavoro autonomo.
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