Attualità a cura di Maurizio Donini

Italia chiusa per virus da decreto

L’Italia chiude annuncia il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte sul canale ufficiale del governo,
ovverosia Facebook; poi mentre tutti si affannano ad organizzarsi si scopre che nessun provvedimento è
stato preso. Verrà deciso la sera, o forse fra tre giorni, no lo facciamo lunedì, la confusione regna sovrana e
le aziende non sanno come comportarsi. Alcune convinte che il provvedimento sia stato già preso inviano
le circolari di fermo, la Confapi e la Confindustria fanno presente a politici, che evidentemente non hanno
mai lavorato seriamente, che un impianto non si ferma girando la chiave come in una seconda casa. Ci
sono sistemi da spegnere e per i forni ci può volere anche un giorno, lavorazioni deperibili a spedire e da
ricevere, la domenica non è certo il giorno ideale per queste decisioni improvvise.
Decisione che peraltro era già stata annunciata dal pupillo di Casaleggio, Luigi Di Maio, uno che che in un
paese normale provvederebbe all’approvigionamento dei distributori automatici, ma che in Italia ricopre
la carica di Ministro degli Esteri. Già il sabato aveva preannunciato la stretta, dove? Su Twitter,
evidentemente i notabili al governo si sono divisi i social. Il silenzio del pentastellato era stato d’oro finora,
ma evidentemente gli mancava il palcoscenico, e mentre la domenica tutti si affannavo a cercare di capire
la lista dei codici ATECO per sapere se stare aperti o chiusi, lui cosa fa? Si presenta in diretta tv su
Domenica In, che dire…
L’italiano medio ha alcune peculiarità di cui potremmo fare a meno, ma che risiedono nel nostro dna
bizantino, il primo è la memoria del pesce rosso. Così definita perché ha la durata di tre mesi, basti
l’esempio delle plurime rielezioni di Berlusconi, malgrado il perpetuarsi di promesse mai mantenute. L’altra
particolarità è una sorta di ipocrita necessità di avere una guida che dica cosa fare, il classico uomo forte, in
questo caso abbiamo un Presidente del Consiglio, in verità uno dei migliori nell’ultimo decennio e questo la
dice già lunga, che un paio di mesi fa veniva dileggiato dalla maggioranza dei cittadini italici, e ora viene
santificato, è diventato un sex symbol, e guai a parlarne male.
Ma tale amore sbocciato è fondato? Guardiamo i fatti, l’Italia viaggia dall’inizio della crisi Covid19 in un
misto di inadeguatezza e dilettantismo, fra aperitivi in piazze già contagiate e decreti emessi a giorni
alterni, regioni che chiedevano l’unità, ma valendosi del disastro della modifica al titolo V della
Costituzione, andavano ognuna per i fatti suoi. In mezzo a questo il Presidente del Consiglio veniva tirato
per la giacchetta da Governatori che volevano evitare le proprie responsabilità da una parte, opposizione
dall’altra, sanitari ancora da un’altra parte, e le decisioni sono sempre arrivate come le parole dalla bocca
di balbuziente. Per chi avesse dubbi basta guardare i risultati, l’Italia ha superato persino la Cina, i numeri
impietosi spiegano chiaramente se si è operato bene o male.
Nel frattempo quali sono le previsioni su come andrà all’Italia? Gli outlook finora presentati presentano
scenari da tragedia, la più ottimistica è quella di Boccia per conteggia 100 miliardi di perdite aziendali ogni
mese di blocco totale. Pil in picchiata, debito esploso a seconda di una chiusura parziale o totale come ora
avremo. Solo l’imponderabile Laura Castelli plaude alla sospensione del patto di stabilità vagheggiando di
ulteriori debiti stratosferici per finanziare progetti faraonici, qualcuno le dovrà spiegare che prima o poi i
debiti vanno restituiti. Proprio l’insostenibilità futura del debito pubblico da parte degli analisti
internazionali ha fatto schizzare lo spread sopra quota 300, tanto per capirsi significa passare da un tasso
prossimo allo 0, se non addirittura negativo, a pagare non meno del 2% su un debito colossale. L’Italia
rinnovava finora circa 400 miliardi di debito all’anno, fate voi il conto cosa cambia dallo 0,25 al 2,5% di
interesse.
Il ruolo democratico in tutto questo? Inesistente, si va avanti con decreti governativi e il Parlamento non si
riunisce mai, chiuso de facto, a quanto pare si è finalmente avverato il sogno di Casaleggio e Grillo di una
democrazia basata sulweb affermando l’inutilità dell’assemblearismo classico. Chi gestirà il voto online? Se
volete potete provare a indovinare…
MAURIZIO DONINI