SIRIA. IL CAOS AMERICANO SEMPRE PIU’ INCENDIARIO
Venerdì 21 aprile: un portavoce del Pentagono comunica che caccia Usa hanno tentato di intercettare aerei siriani (due Su-24) che stavano attaccando forze curde nella regione di Hasaka, non riuscendoci perché gli aerei siriani avevano già abbandonato la zona. La scusa per questo, ha detto l’uomo del Pentagono, era “proteggere i consiglieri americani, i militari che stanno inquadrando le forze curde.
Lunedì 24 aprile: un altro portavoce del Pentagono, Peter Cook, mette in guardia Siria e Russia con queste parole: “Non ci sono ‘zone di esclusione’ [no-flight zone], ma consigliamo il regime siriano di restare lontano dalle zone dove operano forze della coalizione” [la “coalizione” americana “contro l’IS”]. Alla domanda di un giornalista se gli aerei Usa sono pronti ad abbattere anche aerei russi, Cook risponde: “Se minacciano le forze americane, abbiamo sempre diritto di difendere le nostre forze armate”.
Martedì 25 aprile: F-16 turchi (non siriani, non russi: turchi) attaccano posizioni kurde alleati degli Usa nel nordest della Siria e in Irak (forze situate sui due lati delle montagne Singal, dove i curdi operano con forze di autodifesa yezide) ammazzando una ventina di combattenti e distruggendo un centro dello YPG (l’armata curda anti-Assad), un centro-stampa e una stazione radio. Lo YPG, per Erdogan, è il braccio armato del PKK di Oçalan, organizzazione “terrorista” pèer Ankara ed anche per gli Usa. Nello stesso tempo, lo YPG è parte attiva (anzi decisiva) della “coalizione” americana di cui sopra, e partecipa alla “liberazione” di Rakka (in Siria) occupata dall’IS (che è sostanzialmente una creatura wahabita-americana). L’attacco turco ai curdi favorisce l’IS, perché una parte delle forze combattenti curde saranno distolte dall’assedio di Rakka per rinforzare le difese attorno alla zona bombardata, aprendo il cerchio che per ora impedisce (più o meno) ai terroristi wahabiti assediati a Rakka di defluire verso le città siriane – soluzione preferita dagli americani, che vogliono usare l’IS contro Assad ricostruendo una “capitale dello Stato Islamico” a Idlib (Siria del Nord) con i resti dei mercenari terroristi.
Domande: Erdogan ha bombardato i curdi YPG con l’assenso oppure contro il parere del Pentagono? Se sì, il Pentagono minaccerà Ankara di abbattere i suoi aerei che minacciano i suoi alleati e i consiglieri militari Usa che sicuramente sono lì? Sono domande per cui non abbiamo risposta, ma servono a dar l’idea di quanto sia contorta, caotica e pericolosa la situazione bellica del Nord Siria, dove gli americani l’hanno ulteriormente complicata e non è più tanto facile capire chi sta combattendo contro chi, e “con” chi.
Infatti, i caccia di Ankara hanno colpito non solo i curdi YPG, ma anche ucciso cinque peshmerga, la milizia del clan Barzani – e la famiglia Barzani è amica sia di Ankara sia di Washington e Israele; occupa la parte curda dell’Irak, ricca di greggio, dove ha sostanzialmente dichiarato la sua autonomia con il beneplacito Usa. I Barzani ricoprono tutte le cariche in questa semi-repubblica del Kurdistan iracheno (dove operano il Mossad e Tsahal come consiglieri speciali): presidente, primo ministro, capo del controspionaggio… Gli Usa operano dall’aeroporto di Erbil, la capitale del Barzanistan; anche i turchi hanno lì diverse basi militari; il clan Barzani estrae il petrolio dal Kurdistan iracheno e lo rivende in Turchia; la famiglia Erdogan, notoriamente, è nello stesso business; insomma sono amiconi. L’attacco turco mette in difficoltà il clan Barzani, che già ha dovuto soffocare proteste di curdi che manifestano contro la sua dittatura. Erdogan preferisce aiutare Is che Barzani?
Erdogan, bombe accidentali
Poche ore dopo, la Reuters dà notizia dell’attacco degli aerei turchi dicendo che ha ucciso “18 membri del PKK”. L’uccisione dei cinque peshmerga è menzionata alla fine come “un accidente”, un errore. E’ la versione ufficiale e autorizzata. Subito, il clan Barzani accusa lo YPG come vero responsabile per il bombardamento turco dei suoi uomini, e lancia un appello “al PKK perché se ne vada dal Kurdistan iracheno”.
http://www.reuters.com/article/us-mideast-crisis-turkey-iraq-idUSKBN17R0D2
Magari è andata davvero così. Aspettiamo il comunicato con cui Ankara “si scuserà” con Barzani per “l’accidente”, così come qualche giorno fa lo Stato Islamico s’è scusato con Israele per aver aperto il fuoco, a novembre, contro un commando israeliano (la brigata Golani) che era penetrato nel sud siriano per condurvi una “imboscata”.
https://www.rt.com/news/386027-isis-apologized-israel-golan/
Un errore scusabile. La Golani non aveva avvertito i suoi amiconi islamisti che occupano la parte sud della Siria e la tengono in caldo per Sion. Il punto è: consideri il lettore quanti “errori” e “accidenti” possono avvenire in questo groviglio di truppe regolari e irregolari, siriane e russe, terroristi con consiglieri americani, kurdi con consiglieri americani, doppi e tripli giochi di Washington e di Erdogan (che,beninteso, stanno “combattendo l’IS” cercandolo di mandare ad occupare altro zone della Siria).
Tanto più che – avendo con questi tripli giochi gli Usa mandato a monte la pacificazione in Siria, che Mosca aveva faticosamente tentato di organizzare mettendo al tavolo dei negoziati anche “l’opposizione” – anche la Russia è costretta a giocare lo stesso gioco – e forse lo sa fare meglio.
La Russia infatti ospita la prima ambasciata non-ufficiale kurda (ossia dello YPG, nerbo dell’Armata siriana Libera, anti-Assad, ma disposta a sedersi nel negoziato; quello YPG che Erdogan vuole distruggere), ha accolto a febbraio una “Prima Conferenza Curda”, ha aperto un centro militare a Manbij nella zona di Siria in mano allo YPG , ufficialmente per sorvegliare il cessate-il-fuoco, e sta addestrando le milizie YPG “alla guerra moderna”: insomma sta mostrando ad Erdogan che può benissimo giocare la carta curda contro di lui, se sgarra troppo.
http://www.arabnews.com/node/1078696
Frattanto Izvestia comunica: Mosca ha offerto a Damasco di mandare truppe russe di terra, su richiesta ufficiale, per proteggere la popolazione (in maggioranza cristiana) nella provincia di Hama, sollevando dal compito l’Armata Siriana (di Assad) che si sta concentrando nella imminente operazione anti-terrorista nella Hama settentrionale. I russi “aiuteranno le milizie popolari” locali “a riportare ordine e sicurezza nella cittadina di Mahradeh, cristiana”, insomma ad addestrare all’autodifesa quella comunità.
Due settimane fa il generale McMaster, capo del Consiglio di Sicurezza Nazionale di Trump, sta progettando di mandare “fra 10 e 50 mila truppe” in Siria nel Sud. Ormai che “la guerra per interposti attori nel Nord siriano, è persa per l’Occidente” (i russi-siriani hanno ormai sventato, sembra, il progetto americano di ritagliare una zona al Nord sottratta a Damasco), l’America sta palesemente aiutando Al Qaeda e Israele a ritagliare la zona Sud attigua alle alture del Golan occupate da Sion. Ovviamente per costituire una”zona sicura meridionale” protetta dall’artiglieria israeliana, per “Al Qaeda”. Infatti è ricomparso persino Al-Zawahiri, con un messaggio in cui ha “consigliato” i terroristi del Nord di smettere di cercare di difendere il terreno ad Idlib e darsi “alla guerriglia”. Naturalmente i media europei hanno già annunciato che la sconfitta dello Stato Islamico non diminuirà il pericolo per noi europei; anzi lo aumenterà, perché Daesh farà altri attentati in Europa. Anche Al Zawahiri adesso si unisce, con suo consiglio.
Da quanto tempo non avevamo tue notizie, Zawahiri! Come ci sei mancato! Dove vivi? Ti hanno dato finalmente la carta verde? O abiti in Sion?
Maurizio Blondet