Da Infolampo: cittadinanza – manicomi
Lo Spi Cgil scrive al Senato per chiedere la riforma della
legge sulla cittadinanza
“Lo Spi Cgil si unisce a quanti – associazioni, singoli cittadini, le organizzazioni della campagna L’Italia
sono anch’io e i giovani di Italiani senza cittadinanza – stanno chiedendo da tempo una rapida
calendarizzazione nei lavori del Senato della proposta di
riforma della legge sulla cittadinanza n.91/92. Era il 13
ottobre 2015 quando la Camera licenziò in prima lettura il
provvedimento. A più di quindici mesi di distanza, non solo la
legge non è stata approvata, ma non è neanche iniziata la
discussione nella competente Commissione Affari
Costituzionali, ora bloccata dalla mancata elezione di un
nuovo presidente, dopo la nomina a Ministro della senatrice
Finocchiaro”. È la richiesta che il nostro segretario generale
Ivan Pedretti ha indirizzato al Presidente del Senato e ai
Senatori della Repubblica con una lettera in cui si chiede un
intervento rapido e definitivo sulla materia.
Lo Spi vuole sollecitare il Parlamento a dare una riposta
concreta a centinaia di migliaia di ragazzi e ragazze, bambini e
bambine di origine straniera che vivono, studiano, lavorano
nel nostro Paese. Sono circa ottocento mila gli italiani di fatto,
ma non di diritto, in gran parte ragazzi, che aspettano
l’approvazione della legge per sentirsi cittadini a tutti gli
effetti. Una rapida approvazione della legge favorirebbe i
processi di inclusione dei minori come delle loro famiglie,
rafforzando la coesione sociale e la prospettiva di un futuro
più sereno per i diretti interessati come per la comunità
nazionale nel suo insieme.
Non bisogna poi dimenticare che tra il settembre 2011 e il marzo 2012 le organizzazioni che hanno dato
vita alla campagna L’Italia sono anch’io avevano raccolto più di duecento mila firme su due proposte di
legge di iniziativa popolare sulla riforma della cittadinanza e il riconoscimento del diritto di voto
amministrativo dei cittadini stranieri. L’approvazione della legge, quindi, costituirebbe anche un
riconoscimento della partecipazione popolare e contribuirebbe a ridurre la distanza tra istituzioni e
cittadini su un tema di così grande rilevanza civile e sociale.
Leggi tutto: http://www.spi.cgil.it/riforma_cittadinanza_lettera
Leggi LiberEtà di febbraio
Leggi su www.libereta.it
www.rassegna.it
La caduta dell’ultimo baluardo manicomiale
Diario di viaggio della delegazione del comitato nazionale di StopOpg, impegnata per due giorni in
Sicilia a rivendicare – e a ottenere – l’immediata chiusura dell’ospedale psichiatrico giudiziario di
Barcellona Pozzo di Gotto
di Stefano Cecconi
Il comitato nazionale di StopOpg (http://www.stopopg.it/node/1482), accompagnato da quello regionale,
è stato impegnato con una delegazione per due giorni in Sicilia, venerdì 10 e sabato 11 febbraio, per
visitare e soprattutto rivendicare l’immediata chiusura dell’ultimo ospedale psichiatrico giudiziario ancora
aperto, quello di Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, dove sono ancora internate 13
persone. Nell’occasione, StopOpg ha anche visitato le due Rems (le strutture regionali in cui si eseguono
le misure di sicurezza detentive) siciliane, di Naso e di Caltagirone.
L’iniziativa, come speravamo, si è rivelata decisiva per sbloccare la situazione: il direttore del manicomio
e il delegato dall’assessore alla Salute, con cui ci siamo confrontati in riunione e poi anche in un affollato
dibattito pubblico a Corleone (Palermo), hanno dichiarato che, grazie a un accordo con la magistratura di
sorveglianza, entro questa settimana nove persone con misura di sicurezza definitiva saranno dimesse e
accolte in strutture assistenziali. Ne resteranno così solo quattro da dimettere, con misura di sicurezza
provvisoria, per le quali è stata presentata, dai sanitari alla magistratura, richiesta di autorizzare
l’accoglienza in comunità terapeutiche.
Siamo dunque ad un passo da un evento storico per il nostro Paese: la chiusura – ottenuta con grave
ritardo – di tutti e sei gli Opg italiani. Ricordiamo che la data per la chiusura fissata dalla legge era il 31
marzo 2015, ma solo nel corso del 2016, e grazie anche al lavoro del Commissario ad acta Franco
Corleone, sono stati chiusi quelli di Aversa, Napoli, Reggio Emilia. Mentre l’Opg di Castiglione delle
Stiviere (Mantova) ha solo cambiato targa, diventando una enorme Rems con più di 200 persone
internate. Nel 2017, nei primi giorni di febbraio, è stato chiuso l’Opg di Montelupo Fiorentino. Ora, con
la chiusura di Barcellona Pozzo di Gotto, finisce la storia degli Opg italiani, l’ultimo baluardo
manicomiale rimasto in funzione anche dopo la riforma Basaglia. In questi luoghi, che l’ex presidente
della Repubblica Giorgio Napolitano ha dichiarato orribili e indegni per un Paese civile, sono state
internate migliaia di persone.
Ma la battaglia non è finita. Il processo di superamento degli Opg, con la loro chiusura, si trova in una
nuova fase. Ora bisogna costruire concrete alternative alla logica manicomiale, per affermare il diritto alla
salute mentale e alla piena e responsabile cittadinanza delle persone sofferenti. In questo senso, il pericolo
principale oggi è quello di sostituire i “vecchi contenitori” manicomiali (gli Opg) con nuovi luoghi, le
Rems, strutture sanitarie, ma pur sempre detentive. Sicuramente più accoglienti e decorose, ma pur
sempre con una funzione custodiale tipica dell’istituzione manicomiale. Con l’aggravante di scaricare
sugli operatori sanitari i compiti di custodia.
Nelle 30 Rems italiane sono attualmente internate quasi 700 persone, certo la metà di quante ve ne
fossero negli Opg, ma ancora troppe. Soprattutto se si tiene conto che la riforma che chiude gli Opg (la
legge n. 81 del 2014) indica come prioritaria ogni misura non detentiva, finalizzata alla cura e alla
riabilitazione individuale. Secondo l’ispirazione della riforma Basaglia, la Rems deve dunque essere
considerata extrema ratio. Ecco perché il comitato StopOpg sta viaggiando da mesi per visitare queste
strutture. Ed ecco perché bisogna ridurne il numero e l’importanza. E in ogni caso garantire che la
caratteristica delle Rems e la loro vita interna sia il meno possibile segnata da tratti custodialisti (sbarre,
porte chiuse, nessuna o poche attività esterne ecc).
Visitando le Rems in tanti parti d’Italia, abbiamo visto situazione molto diverse: in alcune prevale
nettamente la missione detentiva, in altre quasi non si avverte. Siamo dunque in una fase delicatissima.
Con questo spirito e con questi obiettivi, nella due giorni siciliana, abbiamo incontrato le persone
internate e gli operatori delle Rems a Naso e a Caltagirone. Entrambe le visite sono state emozionanti, di
grande interesse e utilità. Abbiamo visto uno sforzo, per quanto possibile, per limitare il carattere
detentivo e quindi custodiale delle strutture. Ci siamo confrontati con tanti operatori motivati, consapevoli
che siamo in un processo difficile e che l’obiettivo non sono le Rems in sé, ma la costruzione di una rete
di servizi sociali e sanitari, che permetta di fare cura e riabilitazione grazie all’inclusione sociale,
lavorativa, abitativa, nella vita di tutti i giorni, affermando diritti dei cittadini.
Nelle nostre visite, abbiamo incontrato gli internati, persone sofferenti che oggi vivono condizioni
decisamente migliori rispetto all’Opg, che sono quasi sempre consapevoli di aver commesso