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Da Infolampo: CGIL legge di stabilità senza strategia – CETA

ammortamentiCgil: la legge di bilancio è senza strategia

Dal direttivo, che si è svolto oggi, due ordini del giorno. Sulla manovra: “Non risponde alle urgenze del

Paese”. Sul confronto col governo sulla previdenza: “Bene su quattordicesima e no tax area, contrari

all’Ape generale. La vertenza continua”

di Emanuele Di Nicola

La Cgil conferma le critiche sulla legge di bilancio, che non crea occupazione e non risponde alle

necessità del Paese, mentre fornisce un giudizio più articolato sul confronto con il governo sul sistema

previdenziale. È quanto emerge dal comitato direttivo di oggi, a Corso Italia, nelle posizioni espresse in

due differenti ordini del giorno diffusi al termine della giornata.

Nel documento sulla manovra di bilancio dell’esecutivo, la

Confederazione ribadisce le proprie critiche con fermezza.

Il comitato direttivo, nel particolare, ritiene che il disegno

di legge e il decreto fiscale collegato “non rispondano

affatto alle urgenze e alle necessità del Paese”. Nella

manovra “si conferma l’assenza di una strategia adeguata a

uscire dalla crisi, a ritrovare una crescita sostenuta, a

ridurre le disuguaglianze e, soprattutto a ricreare

occupazione giovanile, femminile e nel Mezzogiorno”.

Lo stesso governo, prosegue, “ammette implicitamente che

il risultato programmatico delle misure che intende mettere

in campo sarà una crescita molto modesta (1% di Pil nel

2017), però poco credibile anche secondo le principali

istituzioni nazionali e internazionali e, al tempo stesso,

comunque del tutto insufficiente a recuperare i livelli precedenti alla crisi, oltre che inferiore a tutte le

altre economie avanzate incluse quelle europee”. Un disegno di legge che assume tratti propagandistici, se

non addirittura elettorali, “senza una visione di sviluppo e di lungo periodo. Benché siano ormai tre anni

in cui la cosiddetta ‘austerità flessibile’ ha dimostrato di non funzionare, il governo insiste con una politica

economica ancora di tagli alla spesa pubblica e riduzione dei costi alle imprese, anziché prevedere

maggiori investimenti pubblici (per i quali se ne programma ancora una volta la riduzione)”.

Per la Cgil “si continua ad assegnare bonus, anziché creare diritti. Si scommette su decontribuzione e

defiscalizzazione del lavoro, oltre che deregolazione, anziché creare direttamente occupazione”. Le

imprese, a fronte di circa 15 miliardi di euro di sgravi e incentivi fiscali a pioggia nel biennio 2015-2016

(più altri 20 miliardi tra impegni della scorsa legge di Stabilità, compresa il taglio delle imposte persino

Leggi i documenti approvati dal Direttivo:

 20161107 ODG Legge Bilancio

 20161107_ODG_Pensioni

Leggi tutto: http://www.rassegna.it/articoli/cgil-la-legge-di-bilancio-e-senza-strategia

Stretta anti truffe over 65,

arresto flagranza e 5 anni carcere

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CETA, a cosa è servita la battaglia della Vallonia

Sono davvero cambiate le cose sui punti più controversi dell’accordo? La risposta è che la Vallonia ha

ottenuto poco, visto che il Trattato non cambia, ma che la sua azione è stata comunque molto importante

di Monica Frassoni

Domenica 30 ottobre, solo quattro giorni dopo il previsto, il primo ministro canadese Justin Trudeau ha

firmato a Bruxelles con Jean Claude Juncker, Donald Tusk e la presidenza slovacca, il trattato

commerciale tra il Canada e l’Unione europea (CETA). La firma e arrivata dopo un paio di settimane

durante le quali il parlamento della Vallonia si era rifiutato di dare l’autorizzazione al governo belga di

firmare il Trattato; lo “scandalo” è stato accolto come una vera benedizione dal Presidente vallone il

socialista Paul Magnette, contentissimo di avere dato con l’opposizione a multinazionali e globalizzatori

vari, una botta di “sinistra” al Partito comunista francofono, in forte ascesa nei sondaggi, e un colpo di

“glamour” ai rivali delle Fiandre, da anni più ricchi, più efficienti, più numerosi ed economicamente forti.

La regionalizzazione della politica commerciale in Belgio è avvenuta per tappe successive a partire dagli

anni ’80 fino al 2003 nel contesto di riforme che hanno mano mano svuotato i poteri del governo centrale

anche in settori, come il commercio, che sono per definizione di interesse nazionale, e anzi

sovranazionale, tanto che dalla creazione della CE la competenza di negoziare accordi con i paesi terzi e

europea. È anche interessante notare che, se in generale sono stati soprattutto i fiamminghi a spingere le

riforme, nel caso del commercio, la spinta alla regionalizzazione è venuta anche dai Valloni, dopo che nel

1991, alcuni partiti fiamminghi avevano bloccato in parlamento la concessione delle licenze di

esportazioni di armi. Con la regionalizzazione della concessione delle licenze, voluta fortissimamente da

socialisti e democristiani francofoni, la Vallonia ha potuto per anni continuare a esportare

tranquillamente, tanto che in mano ai soldati di Gheddafi e anche a qualche guerrigliero di Daesh si sono

trovate armi Made in Vallonia; e anche oggi, il 65% degli armamenti prodotti viene venduto all’Arabia

Saudita, che bombarda i civili in Yemen nell’indifferenza generale.

La resistenza vallona a CETA era comunque tutto fuorché inaspettata, dato che la mobilitazione nel

parlamento regionale era nata già nel 2014, per merito soprattutto del deputato Ecolo Stefan Hazee e del

suo lavoro con le ONG francofone; in seguito il governo a guida socialista si era appropriato della

questione e da aprile si sapeva che l’orientamento era decisamente negativo. Che l’aria non fosse

particolarmente favorevole al “libero commercio” non era un segreto, tanto che, per ragioni molto simili a

quelle richiamate dal governo vallone, nei mesi scorsi il governo francese e tedesco hanno

sostanzialmente bloccato i negoziati del Trattato con gli USA, fratello se non gemello del CETA.

Nonostante questo, nessuno si è curato più di tanto della piccola regione belga (che sarà anche piccola,

ma ben più popolosa di vari Stati membri della UE, da Cipro e Malta ai Baltici..).. L’opposizione al

Trattato ha dato alla Vallonia una notorietà globale e al Belgio un’ulteriore immagine di Stato

disfunzionale dopo il disastro degli attentati; ma ha anche rilanciato i dubbi sulla convenienza reale di

questo tipo di Trattati e dubbi sulla capacità dell’UE di negoziare alcunché in modo coeso.

Comunque sia, dopo il voto negativo e la partenza in lacrime della ministro canadese del Commercio, i

belgi si sono messi a negoziare come matti e hanno trovato a tempo di record ciò per cui vanno

giustamente famosi: un compromesso, poi accettato in tutta fretta anche dalla Commissione europea.

La valutazione del compromesso in questione si vede chiaramente dagli # che ogni partito ha messo in

rete dopo l’accordo, come sempre raggiunto dopo negoziati notturni: i socialisti #newCETA, i liberali

#ceta, i verdi #memeceta (lo stesso CETA) o anche #stopceta. Ma cosa è stato ottenuto dalla Vallonia?

Sono davvero cambiate le cose sui punti più controversi dell’accordo? La risposta è che la Vallonia ha

ottenuto poco, visto che il Trattato non cambia di una virgola, ma che la sua azione è stata comunque

molto importante.

Sono stati introdotti vari protocolli interpretativi e clausole di salvaguardia, che hanno ovviamente un

valore giuridico minore del Trattato stesso e che introducono quella che Ecolo, – allineato come tutti i

verdi europei su una opposizione dura non al commercio transatlantico, ma a questi accordi di commercio

che è tutto fuorché libero, – ha definito una “marmellata di testi” di dubbio valore reale.

Il dibattito intorno al contenuto del Trattato dopo il rifiuto della Vallonia di autorizzare il governo belga a

firmare l’accordo, e’ stato troppo breve e precipitoso per favorire una modifica reale dei punti

problematici che sono rimasti gli stessi. Il risultato dichiarato più importante è che il Belgio ricorrerà alla

Corte di giustizia europea per verificare la compatibilità della clausola ICS (Investment Court System)

cioè l’arbitraggio sugli investimenti che possono essere danneggiati da norme pubbliche (ma non del resto

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