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Da Infolampo: Armi e guerre – Pensioni, quattordicesime si può fare di più

698019317_DSC_0173Armi e guerre, un vero affare

Stop del Parlamento alle mine e agli ordigni che fanno tante vittime civili, in particolare tra i bambini.

Intanto l’Italia esporta bombe e altri armamenti in Arabia Saudita. Gli interessi economici e finanziari

primo ostacolo della lotta per il disarmo

di Giorgio Frasca Polara

Bombe, una notizia buona ed una notizia pessima. La migliore, intanto. Il Senato ha approvato, e

trasmesso alla Camera per la definitiva sanzione, un

provvedimento che mira a definire meglio il divieto (per

istituti di credito e intermediari) di finanziare le imprese

che producono, depositano, commerciano e trasportano

all’estero mine anti-persone ovvero munizioni o sub-
munizioni a grappolo. L’Italia aveva già messo al bando

questi orribili strumenti di morte con la legge 95/2011 di

ratifica della Convenzione sulle munizioni “cluster” in

cui l’assistenza finanziaria ai produttori veniva indicata

come reato penale. Ora questo nuovo provvedimento

introduce meccanismi più agili di intervento.

Tre organismi hanno avuto un ruolo fondamentale nel

varo di questo provvedimento: la Campagna italiana

contro le mine, la Fondazione Banca Etica e il Forum

Finanza sostenibile. Il direttore della Campagna, Giuseppe Schiavello, direttore della Campagna, ha

auspicato una rapida e definitiva approvazione del disegno di legge da parte della Camera. “Per

aggiungere – ha detto – questo importante tassello agli strumenti normativi necessari alla protezione delle

vittime civili dei conflitti, e in particolare dei bambini; e più in generale a sostegno del disarmo perché

anche sul terreno economico-finanziario si può contrastare la sistematica violazione dei diritti umani e del

diritto alla sicurezza”.

E ora la notizia pessima. Un recentissimo numero di Famiglia Cristiana ha pubblicato la foto di un

ordigno rinvenuto nello Yemen, e presumibilmente sganciato a seguito di un bombardamento saudita (il

conflitto si sta drammaticamente inasprendo proprio in questi giorni). Bene, anzi malissimo: la bomba

(inesplosa) recava alcuni codici chiarissimi per gli esperti tra cui quello della fabbrica che l’ha prodotta

(la Rwm di Domusnovas, in Sardegna). Com’è finita, questa bomba (e tante altre, ovviamente), in Arabia

Saudita? La questione è stata posta da un gruppo di deputati alla ministra della Difesa, Roberta Pinotti,

nel corso del botta-e-risposta settimanale alla Camera. E la replica ha aspetti di notevole gravità: – intanto,

che “la ditta Rwm ha esportato [bombe] in Arabia Saudita in forza di una licenza rilasciata in base alla

normativa vigente”, ha detto testualmente Pinotti spiegando che “le richieste [di esportazione] delle

imprese italiane sono gestite dall’Unità per le autorizzazioni di materiali di armamento”, organo

interministeriale Difesa-Esteri. Ma non ci sono solenni raccomandazioni dell’Onu e dell’Unione europea

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4 novembre 1966, cinquant’anni

fa l’alluvione di Firenze.

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L’intervento sulle “quattordicesime” dei pensionati. Si

può fare di più?

Kaldor discute le due misure di sostegno dei redditi pensionistici medio-bassi delineate nella recente

intesa fra Governo e parti sociali: l’aumento della no-tax area e il rafforzamento della

“quattordicesima”, che può essere considerata una soluzione di ripiego rispetto alla troppo costosa

estensione ai pensionati degli “80 euro”. Kaldor sottolinea che, anche dopo questi interventi, le

prestazioni pensionistiche di base restano molto basse e permangono sovrapposizioni tra le diverse

misure di integrazione della pensione.

Il verbale d’intesa sulle pensioni sottoscritto fra Governo e parti sociali lo scorso 28 settembre contiene

due misure miranti al sostegno dei redditi medio-bassi. La prima, qui solo accennata, consiste

nell’aumento di 97 euro della detrazione IRPEF per i pensionati di età inferiore a 75 anni, in modo da

portare la corrispondente no-tax area a 8.125 euro, come per dipendenti e pensionati più vecchi. La

seconda, sulla quale si concentra questo contributo, prevede di: a) aumentare di circa il 30% (secondo le

dichiarazioni del ministro del lavoro riportate dalla stampa) l’importo della cosiddetta “quattordicesima”

attualmente riconosciuta a 2,1 milioni di pensionati; b) estendere tale beneficio (senza l’aumento di cui

sopra, dunque ai valori attuali) ad altri 1,2 milioni di pensionati attraverso l’aumento della soglia di

reddito sotto la quale viene riconosciuto, da 1,5 a 2 volte il valore dell’integrazione al minimo (ovvero, da

circa 750 a 1000 euro mensili).

La “quattordicesima” è stata introdotta con l’art. 5 del D. L. 81/2007 (governo Prodi) che ha previsto per

le pensioni IVS (invalidità, vecchiaia e superstiti, dunque non le assistenziali) erogate a favore dei

pensionati di almeno 64 anni un supplemento annuale, pagato nel mese di luglio, pari dal 2008 a 336

euro. Tale supplemento sale a 420 e 504 euro, rispettivamente, in caso di anzianità contributiva superiore

a 15 e 25 anni (per gli ex lavoratori dipendenti) o a 18 e 28 anni (per gli ex lavoratori autonomi). Il bonus

viene riconosciuto per redditi individuali inferiori a 9.787 euro annui, con un successivo decalage della

prestazione che la azzera in corrispondenza di un reddito annuo pari a 10.291 euro. E’ cumulabile con le

altre maggiorazioni pensionistiche, salvo una riduzione di 156 euro nel caso venga riconosciuto

contemporaneamente anche il “milione al mese” (attualmente 638,33 euro mensili).

La relazione tecnica del D. L. 81/2007 stimava la platea di beneficiari in 3.050.000 pensionati e un valore

medio della prestazione di 379 euro, con una spesa annua complessiva per il bilancio pubblico di 1.156

milioni. In realtà, sia il numero di beneficiari che la spesa sono risultati inferiori alle attese: come

riportato nel verbale d’intesa, gli attuali beneficiari sarebbero appena 2,1 milioni, dunque circa un milione

in meno, mentre dal bilancio dell’INPS emerge una spesa complessiva attorno ai 900 milioni, per un

importo medio della “quattordicesima” pari a 410-420 euro, dunque un po’ più alto del previsto.

Estendendo la misura ad altri 1,2 milioni di pensionati e considerando che l’anzianità media, e dunque

anche la prestazione media, aumentano col valore della pensione maturata, il costo per il bilancio

pubblico dovrebbe risultare di poco superiore ai 500 milioni, mentre l’aumento del 30% del valore della

quattordicesima per chi già ne beneficia dovrebbe portare un onere di ulteriori 300 milioni, per un totale

attorno agli 800 milioni. L’onere potrebbe però ridursi se, come accaduto nel 2007/2008, la platea

effettiva risultasse sensibilmente inferiore alle attese.

Di fatto, la misura ventilata segue il solco tracciato dagli “80 euro” mensili concessi ai lavoratori

dipendenti dal maggio 2014: un trasferimento diretto di reddito ai ceti medio-bassi – in questo caso, come

detto, chi già beneficiava della “quattordicesima” se la vede incrementare del 30%; chi aveva un reddito

di poco superiore al limite per ricevere la prestazione ha ora diritto alla “quattordicesima” – che sovente è

stato ricondotto dai commentatori a motivazioni elettorali e i cui effetti di promozione dei consumi

sembrano, ad oggi, piuttosto deludenti. Va, tuttavia, evidenziato che il deteriorarsi delle condizioni di

finanza pubblica non ha permesso di estendere anche ai pensionati l’erogazione degli “80 euro”, che

avrebbe comportato un esborso di qualche miliardo, generando un aumento del 10-15% delle prestazioni

minime pensionistiche. L’intervento sulla “quattordicesima” si caratterizza, dunque, come una soluzione

“di ripiego” dal costo assai più contenuto. Peraltro, la norma degli “80 euro” si configura sostanzialmente

come un aumento della detrazione per lavoro dipendente (la relativa normativa è esplicitamente

richiamata, anche se la scelta del legislatore è stata di mantenerla distinta, per farla risaltare in busta

paga), dunque la ventilata convergenza della no-tax area dei pensionati verso quella dei lavoratori

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