Marocco: Appunti di viaggio di un noto giornalista e scrittore
Quando torno da un viaggio, senza operare particolari scandagli, mi è sempre
agevole trovare qualcosa da raccontare. Infatti, per motivi arcani e inspiegabili, c’è
sempre, nel mio vivere dell’occasione, qualche curioso accadimento degno di
narrazione.
Rientro ora dal Marocco. Stammi a sentire.
A Marrakech noleggio un’auto (una Dacia) ben deciso a spingermi fin al più vicino
deserto. Punto su Zagora, un estremo agglomerato urbano orientale, al confine con
l’Algeria. Da quel punto, mi avevano spiegato, in meno di un’ora potrei scoprire le
dune, trascorrere la notte in una tenda e saltare in groppa a un dromedario.
Benissimo. Dopo un viaggio infernale durato dodici ore, tra antichi villaggi berberi e
orridi lunari, raggiungo Zagora al tramonto. Una città di frontiera, silenziosa,
indolente, dove l’aria è asciutta e il cielo limpido come un cristallo di rocca. Dopo un
po’ si affaccia una luna enorme e così perfettamente stagliata che sembra stia per
piombarti sul collo. A notte inoltrata, dopo aver depositato il bagaglio nel primo
alberghetto disponibile (tutti gli altri erano gremiti di francesi smaniosi di conoscere
da vicino il mitico Sahara) conosco un “ indigeno “. Mi ricorda un attore
cinematografico italofrancese della mia giovinezza : Lino Ventura. Traccagnotto,
occhi intelligenti, piglio estroverso. Gli rivelo le mie intenzioni per il giorno
seguente. Mescola il francese a un discreto italiano. Mi accompagna in un
retrobottega di chincaglierie, mi fa accomodare in uno scomodo divano arabo e mi
prega di attendere. Sarebbe tornato nel giro di pochi minuti. “ Ma lei dove ha
imparato l’italiano ? “. Risposta : “ ho lavorato come consulente e organizzatore di
scena per il regista italiano Bertolucci, quando è venuto qui a girare UN THE NEL
DESERTO “. Torna, dopo un po’, tenendo per mano un ragazzotto di colore marron-
bluneroamarillo !!!!
Poteva avere tra i venti e i venticinque. Sul capo teneva arrotolato una sorta di
turbante che gli scendeva sulle spalle, fino a toccar quasi terra. “ Amico Fabio,
questo si chiama Amid, è un puro tuareg e domani è a tua disposizione “. “ A
disposizione tua, d’accord ?, ti consiglia e ti aiuta nel deserto, fa quello che vuoi, gli
darai pochi soldi e ti accontenterà in tutto “. Il giovane tuareg, fin dal primo istante
che era sgusciato dalla tenda di quella botteguccia, non aveva interrotto il suo modo
di guardarmi : sguardo fisso sul mio viso e un sorriso ineffabile che conferiva al
faccino di quell’individuo strano e silente un tono indecrittabile, singolare, un
intreccio tra verecondia e abbandono. Era, il suo, uno sguardo incantato che finì per
irritarmi. “ Archlabb, brechalatb, abracaltab, eccetera eccetera “ si rivolgeva a lui,
in arabo, il mio amico Lino Ventura, accompagnando le parole con lo sventolio della
sua mano destra. Il tuareg abbassò gli occhi e poi rialzò il capo e, sorridendo, riprese
a fissarmi in guisa ancor più penetrante e insistente. “ Scusa, ma che le ha detto ? “.
Lino Ventura sospira, si gratta la nuca e così mi rispose : “ Gli ho detto, mon cher
ami, che domani lo vai a prendere e, se non ti obbedisce, tu lui vai a donner un peu…
un poco di gifles… di coups… capisci… tu lo “ picchia “ , tu lo bastona bene… eh, eh,
eh ! “.
Famo a capisse, dicono a Roma.
Poi siamo diventati amici, io e Ventura. Ma ci ho messo un po’ per comprendere
bene. Spiegazione e conclusione. Un uomo della mia età, che viaggia solo in
quell’angolo remoto del Nord Africa, invita a strane riflessioni : è un terrorista, un
contrabbandiere, un mercante, una spia, un matto, un collezionista, un fotografo ?
No, sarei semplicemente un omosessuale in cerca di compagnia. Può essere. Ma
perchè nel deserto ? Ed ecco il responso chiarificatore, le parole illuminanti, la
spiegazione defintiva. Orbene, anche lo sceneggiatore e “ ecrivain “ (scrittore) del
regista Bertolucci (non sono riuscito a sapere come cavolo si chiamava) era tornato
in Africa più volte. Vive a Milano ed omosessuale. E i tuareg ? I tuareg sono famosi
da millenni per quel loro particolare gusto. “ Quale gusto, scusa ? “. Risposta. “
Ahh, ma i tuareg sono bravi mariti, bravi bravi padri di famiglia, buone persone, sì,
sì, ma adorano gli … uomini, specie se sono europei e io pensavo che tu, mon ami,
pardonne moi, pardon, mon ami, io penso che Amid è TUO per domain, apres
domain, due giorni, tre, quando vuoi tu, e possi fare con lui tutto quello che tu vuoi,
mon ami ….”. Poco dopo l’alba, dopo una nottata scossa da incontenibili scariche di
ilarità sotterranea, alla chetichella, ho chiesto il conto all’ometto insonnolito della
concierge e ho tagliato la corda.
Nella mia vita ne ho viste e fatte di tutti i colori. Ma non mi era mai stato proposto
l’acquisto di uno schiavo.
FDP