Da Infolampo: Pensioni e deflazione
Pensioni: il 2 aprile sindacati in piazza
Cgil, Cisl e Uil rilanciano un’iniziativa di mobilitazione sul tema delle pensioni. Il 2 aprile si
terranno in tutta Italia manifestazioni territoriali per chiedere al governo “modifiche
sostanziali al sistema previdenziale” e l’apertura di un confronto con i sindacati.
Pubblichiamo qui di seguito il testo della lettera dei segretari generali Cgil, Cisl e Uil,
Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo
Barbagallo.
“Il governo non ha inteso finora aprire un
confronto sul tema pensioni come richiesto per
ultimo dai Segretari Generali al Presidente del
Consiglio. Anzi, ad aggravare il quadro, è partito
un attacco anche alle pensioni di reversibilità e
prosegue una discussione che, in assenza di una
proposta governativa, continua ad aver al centro
l’obiettivo di scaricare il costo di qualunque
modifica per intero sui lavoratori. Ciò nel mentre i
problemi diventano sempre più acuti sia sul
versante dell’occupazione giovanile che su quello
della condizione di lavoro di chi svolge
occupazioni pesanti e faticose, di chi è precoce, di
chi il lavoro lo perde e rimane privo di reddito.
La piattaforma unitaria chiede modifiche sostanziali al sistema previdenziale così come
delineato per ultimo dalla manovra Fornero e pone il problema sia delle pensioni future dei
giovani e delle donne, per i quali è necessario ricostruire un quadro di solidarietà, sia dei
lavoratori prossimi al pensionamento che hanno bisogno di vedersi riconosciute flessibilità in
uscita e pensione anticipata a 41 anni di contributi senza aggancio automatico all’attesa di
vita.
Negli attivi del 17 dicembre che hanno visto la straordinaria mobilitazione di migliaia di
delegati a Torino, Firenze e Bari, abbiamo assunto l’impegno dell’apertura di una vera e
propria vertenza che costruisca le condizioni per raggiungere i risultati che auspichiamo.
Oggi, in assenza di qualunque confronto, riteniamo necessario rilanciare l’iniziativa di
mobilitazione, con manifestazioni territoriali da tenersi il 2 aprile prossimo”.
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Nel 2016 un lavoro dignitoso
è ancora per poche
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Italia in deflazione, una mazzata per il Tesoro
Dopo nove mesi i prezzi tornano a scendere. Un dato che preoccupa Padoan. Perché può appesantire il
rimborso dei titoli di Stato se l’economia non riparte.
Il combinato disposto potrebbe essere letale per l’Italia.
A distanza di meno un’ora, nella mattina del 15 marzo, prima l’Istat ha comunicato che il Paese a
febbraio è tornato in deflazione (–0,3% a livello annuo, –0,2 mensile).
E poi Bankitalia ha registrato un nuovo picco del debito pubblico, che a gennaio ha raggiunto quota 2.191
miliardi di euro.
Lo scorso anno il Tesoro ha speso intorno ai 70 miliardi di euro per pagare gli interessi sul proprio debito
sovrano. Che continuerà a crescere almeno fino al prossimo maggio.
Nel 2015 via XX settembre ha approfittato del Quantitative easing della Bce per vedere ridotta la
pressione sui Btp, tanto da risparmiare 5 miliardi. Ma questi soldi potrebbero evaporare, se l’inflazione
non tornerà a crescere.
L’EFFETTO DOMINO DELLA
DEFLAZIONE. La deflazione,
infatti, ha un effetto indiretto e uno
diretto sul debito privato. Come
insegna l’esperienza giapponese, con
la deflazione si bloccano i consumi,
lo Stato incassa meno tasse, le
aziende produttrici riducono i
guadagni e in circolazione entrano
meno risorse per investire o per
assumere. Si crea una spirale di
stagnazione che finisce per far
aumentare il debito.
L’assenza di carovita però ha
conseguenze dirette anche sul
bilancio dello Stato. Che, chiedendo
soldi in prestito sui mercati
internazionali, finisce per restituire
una cifra più alta ai propri debitori,
perché il valore di quanto ottenuto
non è stato eroso dell’inflazione.
I BTP DECENNALI RENDONO
L’1,3%. E fortuna che in questa fase
il fenomeno viene lenito dai massicci
acquisti di bond pubblici, fatti dalla
Bce di Mario Draghi.
Attualmente il rendimento sui Btp
decennali è intorno all’1,3%. Nel 2011, nel pieno della crisi internazionale, l’interesse sfiorava l’8%.
In periodi in cui il prezzo del denaro è fermo, il Tesoro, a chi ha sottoscritto a quei valori, dovrebbe
restituire tutti gli interessi senza trattenere il costo dell’inflazione.
E in quest’ottica ripagare il nostro debito rischia di diventare molto oneroso.
L’IRA DEGLI ISTITUZIONALI. Non sorridono neanche gli investitori. Non a caso le Sparkassen
tedesche hanno accusato la scelta della Bce di introdurre tassi negativi sui depositi.
Questa misura rischia di ridurre i margini sulle attività d’intermediazione fatte per i clienti istituzionali –
fondi pensioni e assicurazioni su tutti – che hanno la necessità di investire a loro volta il risparmio
raccolto su prodotti sicuri come i bond pubblici. Che per questo devono avere un tasso positivo.
Potrebbero invece gioire i risparmiatori che oggi sottoscrivono debito sovrano. Con l’inflazione che è
destinata a salire, comprando bond oggi a rendimenti negativi potrebbero vedersi riconoscere cedole più
alte, quando il carovita tornerà a correre.
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tesoro_43675238372.htm