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Susanna Camusso oggi ad Ancona

0003camusso“Le Marche, dalle certezze del passato alle incognite del

futuro”: è questo il titolo dell’iniziativa promossa dalla Cgil

Marche e dall’Ires, in programma oggi  presso l’Auditorium della

Mole Vanvitelliana (An). Tanti gli interventi, tra cui quello

del governatore Luca Ceriscioli, il rettore della Politecnica

delle Marche, Sauro Longhi, il presidente di Confindustria

Marche, Bruno Bucciarelli, il direttore generale Ubi Banca

Popolare di Ancona, Bruno Tartaglia, il segretario Cisl Marche,

Stefano Mastrovincenzo, il segretario Uil Marche, Graziano

Fioretti e Otello Gregorini, rappresentante delle associazioni

artigiane Marche.

L’iniziativa è presieduta dal segretario generale Cgil Marche,

Roberto Ghiselli mentre la relazione introduttiva è di Walter

Cerfeda, presidente Ires Marche. Le conclusioni sono affidate a

Susanna Camusso, segretaria generale Cgil.

LA RELAZIONE DI CERFEDA

LE MARCHE – La regione si trova in uno dei passaggi più

difficili della propria storia recente messa com’è al centro di

un guado. Le cause sono strutturali ma anche legate alla crisi

congiunturale del 2008. Questo significa che la produzione

marchigiana, nel suo complesso, è ancora troppo piccola, troppo

sottocapitalizzata, troppo incentrata sui settori tradizionali

e, per questo, le Marche stanno peggio di altre regioni del

Centro Nord. I dati del 2014 sono impietosi: a fine 2014, il Pil

regionale è leggermente calato, la produzione industriale è

rimasta sostanzialmente stabile mentre quella nazionale mostra

segni positivi, gli investimenti languono e il recente rapporto

della Banca d’Italia ne prevede un calo del -2,5 nel 2015,

l’export segna un +1,9 ma pesa, specie sul calzaturiero,

sull’alimentare e sull’arredamento, il blocco verso la Russia

legato alle sanzioni in corso. Secondo Infocamere, nel 2014 sono

state attivate 570 procedure fallimentari con un+18,8 rispetto

all’anno precedente; l’80% delle procedure riguardano società di

capitali. Insomma, siamo in ristagno.

LA RICETTA IRES CGIL – Per uscire dalla crisi, occorre anzitutto

sfruttare la tendenza positivo in atto, legata a vari fattori

come l’andamento del prezzo del barile del petrolio, la politica

monetaria della Bce, l’effetto sul cambio rispetto al dollaro.

Ma è necessario andare oltre e cioè ricostruire il processo di

accumulazione che si è spezzato, inquadrandolo dentro un

progetto strategico di sviluppo. Un progetto che deve partire

dalla necessità di collocarsi dentro una dimensione economica

più ampia. Ed ecco allora, il valore della Macroregione

Adriatica-ionica, suddivisa oggi in quattro filoni avulsi da un

progetto generale. Nulla da dire sui settori prescelti: la blue

economy, le connessioni digitali, l’ambiente e l’attrattività

territoriale e turistica. Ma per fare cosa? Con quale identità?

La Macroregione va nella giusta direzione ma sarebbe monca se

anche in Italia non ruotassimo nella stessa direzione l’asse di

sviluppo. Da noi è evidente che la collocazione coerente con la

Macroregione è quella dell’Italia di mezzo, a partire da quel

blocco omogeneo di territori dato in particolare dal Centro-Alta

Toscana, Umbria, Marche.  Ma la regione non può comunque restare

identica a se stessa: la correzione più profonda è quella di

riconnettere i distretti con i territori in cui operano e cioè

fare dei territori il luogo della produttività, fare squadra.

Sono le istituzioni, a vari livelli, a dover assumere questo

compito di aggregazione, definendo gli obiettivi da perseguire.

L’ITALIA DI MEZZO – Oggi bisogna  muoversi in un quadro

soprannazionale delle scelte industriali e perciò occorre

inserirsi nel disegno della Ue con la Strategia 2020 e lungo le

direttrici dei fondi Ue 2014-2020. Gli indirizzi per la crescita

sono tre: promuovere uno sviluppo qualitativo,sostenibile e la

volontà di assumere la coesione sociale come fattore di

competitività. L’Italia di mezzo, per troppo tempo, è stata

considerata terra di scorrimento, ora c’è bisogno dell’avvio di

una nuova fase; il futuro della Marche non si gioca nell’ambito

angusto dei confini territoriali ma se saprà dislocarsi in una

dimensione di sviluppo più ampio e non esiste un futuro

competitivo delle Marche al di fuori dell’Italia di mezzo da una

parte e della Macroregione adriatica-ionica, dall’altra. Ecco

perché va rilanciato il progetto dell’Italia di mezzo e le

Marche devono lanciare un patto di cooperazione per la

competitività alle altre quattro regioni  dell’Italia di mezzo

con l’obiettivo  di selezionare alcune priorità comuni su cui

fare squadra nei confronti del Governo sia nazionale sia

europeo. Del resto, le risorse dei fondi strutturali rischiano

di essere, per i prossimi anni, le uniche risorse aggiuntive.