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In principio fu il verbo: “Rottamare”!

000rottamareTutto ebbe inizio con un verbo, “rottamare”, al quale si accompagnarono via, via, altri verbi, rinnovare, semplificare, cancellare, innovare. Dopo quasi due anni di governo ininterrotto e quasi privo di reale opposizione, l’esecutivo Renzi non può vantare un bilancio positivo sul fronte del rinnovamento, rottamazione, cancellazione, innovazione, molto su quello della “trasformazione”. Fatta eccezione per il Jobs Act di cui sono note le “falle” e poco altro l’esecutivo è concentrato da mesi sulla riforma del Senato e a stento riuscirà a portare a compimento una riforma della Pubblica Amministrazione della quale se tutto va per il verso giusto, con i decreti attuativi nei tempi stabiliti, vedremo gli effetti tra un quinquennio.

In principio no, era tutto diverso. Le provincie dovevano essere cancellate di gran carriera. Dopo un lungo tira e molla e l’attesa spasmodica di un decreto (Del Rio), la montagna ha partorito il topolino, le Provincie sono state solo “riformate”, le spese corrono lo stesso, il personale è in mezzo ad un guado, il ceto politico è sempre più o meno lo stesso. Sempre in principio il premier tuonò contro gli Enti inutili. Buona grazia, si sperava per una volta si riuscisse a metter fine ad una telenovela durata quaranta anni. Ebbene neppure in questo caso il risultato è pari alle attese. Il Cnel, l’inutile, costosissimo Cnel è ancora in piedi, d’altro canto per cassarlo seve una modifica alla norma costituzionale istitutiva. L’Enit il vorace ente per la “promozione” del turismo, non promuove un fico secco e brucia l’ottanta per cento della sua dotazione finanziaria in lauti stipendi e affitto delle sedi all’estero. In principio un decreto legge prevedeva l’obbligo per i comuni al di sotto dei cinquemila abitanti l’accorpamento. Pochissimi hanno eseguito le indicazioni del decreto e la razionalizzazione dei servizi sul territorio è ancora all’anno zero, ognuno fa per se.  In principio anche le Camere di Commercio, con il seguito di inutili e costosi apparati presenzialisti e inconcludenti sarebbero dovute sparire. Nulla, sono stati fatti dei “semplici”, quanto farlocchi accorpamenti e i Presidenti, tuttologi, ancora vagano sul territorio da una tavola imbandita, all’altra. Non è andata meglio con le Prefetture, retaggio del passato fascista e alla prova dei fatti assolutamente ininfluenti per quanto riguarda il contrasto della criminalità sul territorio. In un rigurgito di rottamazione in questi giorni il Ministero dell’Interno, retto dall’ineffabile Alfano ha deciso la chiusura di ventitré Prefetture, scatenando come accade sempre nel nostro Paese le proteste di un mondo molto variegato e pittoresco.

In principio l’obiettivo generale era quello di abbattere la spesa, in particolare quella pubblica improduttiva e spostare le risorse sui servizi a più alto valore aggiunto così da creare un circolo virtuoso, abbattere la burocrazia e ridare fiato alle imprese e all’occupazione. La spesa pubblica purtroppo continua a crescere, le imprese non hanno ripreso ad investire, complici le difficoltà sul fronte del credito, la burocrazia è sempre più forte e radicata, l’occupazione cresce di poco e non quella giovanile, per effetto della forte decontribuzione.

Non si parla più di razionalizzazione degli ambiti regionali con accorpamento delle regioni, chiusura delle Comunità Montane, dei Consorzi di Bonifica, degli Ato, delle migliaia di municipalizzate senza scopo sociale e con bilanci in rosso. In tutte queste strutture, come quelle citate precedentemente è inserito un coacervo di soggetti, utili alla politica, di destra e di sinistra, per le necessità elettorali. Venendo meno questa vasta platea di subalterni, gratificati con incarichi e prebende, verrebbe meno quella cinghia di trasmissione a livello elettorale utile a controllare il territorio e il voto. Prova è la riforma del Senato. Lo scontro, inutile, tra chi lo vuole elettivo e chi solo “nominato” dai Consigli Regionali, nasconde una tenzone politica e nulla più. Tutti sono consapevoli della inutilità del “nuovo” Senato, sia nella ipotesi fosse elettivo, in quanto riprenderebbe una serie di funzioni per le quali si è voluta la trasformazione, sia nel caso di “nomina” perché non avrebbe una funzione reale, ma solo quella di “sistemare” una quota di ceto politico e politicante utile alla bisogna, ancor più se legato al partito di maggioranza e di governo.

In tutto questo scenario di promesse deluse, riforme a metà, c’è chi pensa di rispolverare il progetto del Ponte sullo stretto, costato nel frattempo oltre 300 milioni di progetti e studi preliminari, più altri potenziali 700 milioni di risarcimento per la ditta aggiudicatrice del vecchio appalto. Magari ora viene riproposto in forma minimalista. solo per i binari della ferrovia. Pensate, cari lettori, ad un paese che non è in grado di portare a termine la Salerno/Reggio Calabria, che ha lunghi tratti ferroviari, in particolare nelle isole ad un solo binario, che ha la rete infrastrutturale, in particolare al sud più arretrata d’Europa, che non ha copertura di banda larga nella maggior parte del territorio, che ha problemi di approvvigionamento idrico in numerosi territori, in particolare al sud, senza contare le emergenze nel settore sanitario dove continuano i tagli e lo strapotere della malavita con intere fette di territorio sottratte al controllo dello Stato. Potremmo continuare con lo scarso impegno sul fronte della lotta all’elusione e all’evasione fiscale o sulle promesse propagandistiche e insulse del premier riguardo alla cancellazione della tasi e dell’IMU sulla prima casa. Abbiamo già visto questo scenario e abbiamo già dato, pagando il doppio successivamente, senza contare l’aggravio pesantissimo delle addizionali regionali e comunali. Renzi, stai sereno! Gli italiani, ovviamente non tutti, non ci cascano più, almeno si spera!

Ares