Marche, credito impossibile!
Ben venga il commissariamento definitivo di Banca Marche. Perché da quando, il 15 ottobre scorso, i due delegati di Bankitalia hanno preso in mano le redini del primo istituto di credito della regione (controllava, ante crisi, un quarto del mercato regionale dei prestiti) garantendo un orizzonte di stabilità per almeno un anno, ai fini del risanamento, la sensazione degli imprenditori è che l’allarme credit crunch stia gradualmente rientrando.
L’estate 2013 si è chiusa con un ulteriore calo del 5,4% dei prestiti bancari alle imprese, dopo il -2,2% di un anno fa e il -3,8% dei primi sei mesi dell’anno e con un netto peggioramento della qualità del credito: il tasso di ingresso in sofferenza è salito, per le imprese, dal 4,3% di un anno fa a 6,4% di giugno scorso (sopra la media nazionale) e il totale delle posizioni deteriorate (sofferenze, incagli, esposizioni ristrutturate e scadute) è arrivato a metà 2013 a rappresentare il 27,5% dei crediti in essere nelle Marche.
«La contrazione dei finanziamenti si percepiva nettamente un anno fa, quando è esploso il bubbone delle perdite di Banca Marche (oltre 750 milioni, ndr). Ora la nomina dei commissari è sinonimo di stabilità e serenità», assicura Otello Gregorini, segretario di Cna Marche. Un rasserenamento del clima anticipato un mese fa anche da Banca d’Italia, per bocca del neodirettore della sede di Ancona, Gabriele Magrini Alunno: «L’intervento va visto come un elemento di garanzia che durerà almeno fino all’autunno 2014». In grado di riverberarsi a cascata su un tessuto aziendale aggrappato alle banche per il 70% del proprio fabbisogno finanziario. Bankitalia conferma che tra luglio e settembre la contrazione del credito è proseguita in regione.
«La flessione del credito è stata nelle Marche più significativa della media italiana perché la maggior incidenza di piccole e piccolissime imprese concentrate solo sul mercato interno e specializzate in beni durevoli ha comportato un calo verticale di fatturati e quindi dei fabbisogni di circolante. La loro domanda di credito è ancora molto debole, la propensione agli investimenti in capitale fisso bassissima. Mentre le imprese internazionalizzate crescono, chiedono credito e lo ottengono pure», afferma il presidente regionale dell’Abi, Luciano Goffi.