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Da Infolampo: Disabilità – Pensioni

disabilità«Per i diritti di tutti, senza esclusioni»

Camusso all’assemblea dei lavoratori disabili: “Il nuovo Statuto è un cambiamento culturale

straordinario, perché si contrappone a una logica liberista che in questi anni ha diviso i più deboli e li ha

costretti a chiedere con il cappello in mano”

“Noi non vogliamo essere persone con il cappello in mano e per questo poniamo il tema dei diritti.

Perché se in questo paese non si ridefinisce e si delimita il concetto di diritto, di scelta esercitabile e

attuabile, il lavoratore si troverà sempre a dover dovere chiedere con il cappello in mano”. Ha esordito

così Susanna Camusso, leader Cgil, nel suo intervento conclusivo dell’Assemblea nazionale dei lavoratori

con disabilità trasmessa da RadioArticolo1.

“E’ il tema della dignità delle persone – ha continuato – di cosa determina e di quando comincia a definirsi

la dignità delle persone. Oggi noi ci troviamo nella necessità di ridefinire i diritti e la dignità delle persone

perché la logica dei tagli lineari sulla spesa ha determinato una progressiva restrizione degli spazi di

integrazione per tutti. Se la logica è quella dei tagli, come viene ribadito anche nella recente legge di

stabilità, oramai il governo si trova a tagliare sull’essenziale, cioè sulla possibilità di svolgere

quotidianamente una vita normale”.

Ma, secondo il segretario generale della Cgil, c’è anche di più. “C’è l’effetto ideologico di tanti anni di

politica liberista. Una politica economica che marginalizza, che mette in difficoltà, che divide e che

contrappone. Possiamo chiamarlo egoismo sociale o individualismo, noi l’abbiamo definito in tanti modi,

ma in realtà è smpre la stessa cosa: il fondamento ideologico della teoria del liberismo. Un’idea che

determina la diseguaglianza come funzionale alla politica economica, e che poi induce ai comportamenti

individuali dei singoli”.

“Tutto ciò – ha detto Susanna Camusso – è determinato da un ordine economico che lo favorisce, e che fa

apparire come privilegi quelli che sono i fondamentali diritti di civiltà delle persone. Per questo siamo

qui, per ricordarci come si coniuga la parola solidarietà, e per ricordarci in quali luoghi, con quali

modalità e con quali accezioni si ripropone il tema dell’uguaglianza in un mondo che è diventato

straordinariamente diseguale. Il nostro sforzo è quello di tenere in relazione le persone, parlando di

lavoro, di come si sta dentro il lavoro e ovviamente per immaginarsi qual è il rapporto tra il proprio

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Pensioni, Boeri pensa agli over 55 e non ai giovani

L’Inps e Poletti vogliono anticipare il ritiro dei padri. Ma si dimenticano dei figli. Ogni 5 uscite dal

lavoro c’è solo un ingresso. Ecco perché la strada è sbagliata.

Il governo Renzi studia una riforma sulla ‘flessibilità’ delle pensioni.

Dicono di preoccuparsi per i figli (lavoreranno fino a 75 anni, la loro vecchiaia sarà all’insegna della

miseria) e intanto si affaticano per anticipare la pensione dei loro padri.

di Francesco Pacifico

Tito Boeri ha portato al centro del dibattito il tema della «continuità contributiva».

Tra precariato e scarsa flessibilità in entrata che contraddistinguono la loro carriera, gli under 40 già oggi

mostrano pericolosi «buchi contributivi che pesano sul raggiungimento delle pensioni».

SERVE STABILIZZAZIONE. La soluzione naturale, si sa, è una stabilizzazione dei rapporti di lavoro, in

un Paese dove soltanto un terzo dei contratti è a tempo indeterminato.

Meglio ancora se accompagnato da una crescita più sostanziosa da quella attuale.

Ma come dimostrano gli sforzi fatti dal governo con in Jobs act – circa 12 miliardi per finanziare le tutele

crescenti dal 2015 al 2017 – il lavoro non si crea per decreto e le aziende hanno incassato gli sgravi e la

cancellazione dell’articolo 18, senza però creare veri nuovi posti.

ALLARGARE GLI AMMORTIZZATORI? In quest’ottica verrebbe naturale estendere e allargare anche

ai precari gli ammortizzatori sociali.

In uno Stato che spende circa 18 miliardi tra Cassa integrazione e integrazioni al reddito, lo strumento

ideato da Renzi, la Dis-Coll, è una misura che non copre neppure tutti i Co.co.pro e le partite Iva con

monocommittenza.

Invece cosa esce dal cappello del presidente dell’Inps? Modificare la legge Fornero e abbassare l’età

pensionistica che la riforma dell’economista torinese ha portato a 67 anni e 7 mesi.

ANTICIPARE IL RITIRO COSTA 7 MILIARDI. Premessa: riportare l’età di ritiro a 62 e 63 anni costa

almeno 7 miliardi di euro.

Con questi soldi si potrebbe allargare la platea dei destinatati degli ammortizzatori sociali. Creare

finalmente politiche attive degne di questo nome. O mantenere quegli incentivi alle assunzioni che nel

Jobs act hanno avuto effetti limitati. Però Boeri è di diversa idea.

La staffetta è un falso mito: ogni 5 uscite dal lavoro c’è solo un ingresso

L’Inps dice di essere spinto da motivazioni molto nobili quanto pratiche: mandare i padri in pensione

anticipata permette ai figli di trovare prima lavoro.

Ma davvero è così?

Gli esperti sostengono da anni che, con la crisi dell’industria pesante e il passaggio a un’economia sempre

più labour soft, i cervelli (quindi le competenze e l’esperienza) sono più utili delle braccia.

Ancora di più nelle Piccole e medie imprese (Pmi), che sono il 95% di quelle italiane.

Ma persino più impietosi sono i numeri: in Italia ogni cinque uscite c’è soltanto un ingresso; i Paesi dove

l’apporto dei giovani al lavoro è maggiore (Regno Unito con il 57,8% e Germania con il 48,9) è anche più

alta la presenza di over 55 (68,8% per gli inglesi e 63,2).

I VERI POVERI SONO I FIGLI. Sempre Boeri aveva addirittura proposto l’istituzione di un assegno

sociale per chi è troppo giovane per andare in pensione e troppo vecchio per avere uno spazio in azienda.

A parte che lo Stato ha speso per gli esodati nelle sette salvaguardie più di quanto fosse utile, la povertà è

uno spettro che insegue più i figli che i padri.

Se nell’ultimo triennio sono aumentati (e non soltanto per effetto della Fornero) di 900 mila posti di

lavoro tra gli over 55, la disoccupazione giovanile è saldamente intorno al 40%.

Un giovane su due non lavora.

E GLI STIPENDI RESTANO DA FAME. Se non bastasse, parliamo di una generazione che – nonostante

sia formata meglio di quelle precedenti – guadagna quando va bene mille euro, non ha accesso in banca a

mutui per la casa o a un prestito senza le garanzie dei genitori, ha come vero ammortizzatore sociale la

pensione dei nonni.

Ma Boeri e Poletti pensano a una sola generazione: quella degli over 50

Quelle di Boeri, si dirà, sono soltanto le proposte di un economista che si è autonominato ministro ombra

del Lavoro.

Ma il vero titolare del dicastero, Giuliano Poletti, sul versante pensionistico non si sta muovendo in una

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giovani_43675242979.htm