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UE: COLDIRETTI, FA SPARIRE DA TAVOLE 1 PESCE ITALIANO SU 3 ADDIO A BRODETTI, FRITTURA DI PARANZA E CALAMARI RIPIENI

Le nuove norme Ue sulla pesca fanno sparire dalle tavole un pesce
italiano su tre, con il divieto della pesca strascico che va a colpire
il settore più produttivo della Flotta Italia, aprendo la strada a una
vera e propria invasione di prodotto dall’estero ma anche cancellando
dai menu i piatti più noti. A lanciare l’allarme è Coldiretti
Impresapesca dal porto di San Benedetto del Tronto, uno dei più
importanti scali pescherecci italiani, dove il Villaggio contadino
apre con la clamorosa protesta dei pescatori con il Ministro
dell’agricoltura e la sovranità alimentare Francesco Lollobrigida sarà
presente il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.

Il piano d’azione presentato dal Commissario europeo alla Pesca e
all’Ambiente Virginijus Sinkevicius, con l’obiettivo di essere presto
tradotto in una direttiva o in un regolamento vincolanti per gli Stati
membri, va a penalizzare gravemente – spiega Coldiretti Impresapesca –
le marinerie tricolori e gli stessi consumi di pesce, uno dei prodotti
cardine della Dieta mediterranea.

Sul molo è stata così allestita una grande tavola con i piatti
preparati dai cuochi pescatori a cui si dovrà dire addio se passeranno
le proposte Ue di riassetto del settore che limiteranno
considerevolmente la disponibilità di molti prodotti sino ad oggi
presenti nei menu. Sono a rischio piatti tipici della tradizione
nazionale – sottolinea Coldiretti Impresapesca – dal brodetto con
pesci di pesca d’altura (tracina, scorfano, calamaro, palombo, razza),
frittura di paranza (calamari, triglie, naselli, sogliole, gamberi),
moscardini lessi con le patate, calamari ripieni con interiora al
forno e brodo di gallinella o torpedine con stracciatella o seppie
ripiene al forno.

Assieme a loro, sono quasi tremila i pescherecci italiani che saranno
“affondati” – sottolinea Coldiretti Impresapesca – dalle nuove linee
europee che prevedono la scomparsa del sistema a strascico, il quale
rappresenta in termini di produzione ben il 35% del pescato nazionale,
operando di media non più di 130 giorni all’anno, secondo l’analisi di
Coldiretti Impresapesca. Ma le nuove linee prevedono anche la
restrizione delle aree di pesca con tagli fino al 30% di quelle
attuali, con scadenze ravvicinate nel 2024, 2027 per concludersi nel
2030, con un impatto devastante sull’economia sull’occupazione e sui
consumi.

Scelte che sono il frutto di un estremismo ambientalista lontano dalla
logica e che non tiene conto, peraltro di quanto già promosso dalla
stessa Unione Europea sul fronte della tutela degli stock, con le
norme di contenimento dello sforzo di pesca nel Mediterraneo, in
particolare per Adriatico e West-Med, avviate nel 2019 e seguite dai
pescherecci italiani, che, a detta della stessa Commissione,
cominciano a dare risultati positivi sulla conservazione delle risorse
ittiche. Un risultato raggiunto grazie ai sacrifici delle marinerie
italiane – ricorda Coldiretti Impresapesca – che vengono ora di fatto
cancellati, mentre le stesse regole non vengono seguite dai
pescherecci dei Paesi extraUe che si affacciano sul Mediterraneo,
liberi di fatto di pescare anche più di prima approfittando delle
restrizioni a cui sono obbligate quelle nazionali.

L’eliminazione della pesca a strascico significa per l’Italia –
calcola Coldiretti Impresapesca – aggraverà ulteriormente una
situazione che nel 2022 ha visto arrivare in supermercati e ristoranti
del nostro Paese oltre 1 miliardo di chili di prodotto straniero tra
fresco e trasformato, pronto spesso per essere servito come tricolore.

Alle importazioni selvagge e alle scelte Ue si sommano anche gli
effetti combinati del surriscaldamento, dei cambiamenti climatici e di
una burocrazia comunitaria sempre più asfissiante, con il risultato –
spiega Coldiretti Impresapesca – che nello spazio di un trentennio
sono già scomparsi il 33% delle imprese e ben 18.000 posti di lavoro,
con la flotta ridotta ad appena 12mila unità.

E intanto bussa già alla porta il pesce in provetta dove l’ultima
deriva arriva dalla Germania con i primi bastoncini di sostanza ittica
coltivati in vitro senza aver mai neppure visto il mare, mentre negli
Usa con un’abile strategia di marketing si stanno buttando sul sushi
in provetta. La società tedesca Bluu Seafood impegnata nel progetto –
spiega Coldiretti Impresapesca – promette di ricreare in laboratorio
la carne di salmone atlantico, trota iridea e carpa partendo da
cellule coltivate e arricchite di proteine vegetali.

Un business non indifferente se si considera che a livello globale –
conclude Coldiretti Impresapesca – ogni persona consuma oltre 20 chili
di pesce vero all’anno, mentre gli italiani ne mangiano circa 28 chili
pro capite, sopra la media europea che è di 25 kg.