Attualità a cura di Maurizio Donini

Il barometro politico di Febbraio 2021

Al Parlamento USA si è svolto un dibattito sulla sanità pubblica (la riforma Obama) o privata (come
attualmente in larga parte), vista la spinta democratica ad allargare platea e servizi della parte
pubblica. Ma uno dei punti che i repubblicani hanno portato a sostegno della sanità privata, è
stata la risposta alla pandemia, in particolare la discussione ha visto irridere la sanità europea e in
particolare italiana, è stato detto che malgrado i peana italiani sulla 'presunta bravura ed efficienza
del governo Conte a combattere il covid19', i numeri erano molto peggiori degli USA e del resto
del mondo. Insomma, una volta di più si è assistito allo sbugiardamento della narrazione creata da
Rocco Casalino su quanto Giuseppe Conte fosse una sorta di fenomeno che per fortuna si trovava
a governare il paese. Ma questa realtà riportata dal Congresso, l’ho vista in tante altre occasioni
europee, dove si accusava l’Italia di essersi attribuita meriti mai guadagnati, come nel caso del
recovery plan.
Questo incipit è per introdurre il terremoto di febbraio, il buon Matteo Renzi, uno che come
Conte, tanto per rinfrescare la memoria agli elettori distratti, aveva scatenato grandi amori, una
percentuale bulgara del 42% per il PD che guidava, ma infilando poi una serie di errori e
nefandezze che lo hanno portato in un percorso inverso, da cigno a brutto anatroccolo. Ma anche
il monello di Firenze ha, finalmente, fatto la cosa giusta, mandando a casa il governo Conte, uno
dei peggiori che la storia repubblicana ricordi. Un esecutivo fatto di personaggi in massima parte
mediocri e impreparati, e portando all’avvento di Mario Draghi, eccellenza italica rispettata in
tutto il mondo. Persona sobria e preparata, fine politico che ha governato la BCE con un perfetto
equilibrio tra le diverse istanze europee, mettendo d’accordo falchi e colombe. L’ex-governatore
della BCE ha portato nelle sedi giuste tecnici di alta levatura, unico ministro politico di peso è il
bocconiano Giorgetti, quindi anche lui con solide credenziali. Mano di ferro in un guanto di velluto
potremmo definire la sua entrata in scena, un repulisti deciso, purtroppo lasciando l’effimero
Speranza al suo posto, ma liberandosi di personaggi come Arcuri e riportando la Protezione Civile
al centro dell’azione a fare quello per cui era stata creata.
Si è trovato subito a dovere mettere le mani sul recovery plan, già ampiamente bocciato dalla
Commissione Europea come incomprensibile e deficitario nella versione Conte. Dati i tempi stretti
si è avvalso della consulenza, con solo rimborso spese, della McKinsey, società di consulting tra le
più note e rispettate al mondo, pratica messa in atto in tanti altri paesi europei, ma qui attaccata
dall’ex-ministro Boccia, evidentemente ancora scottato dalla perdita della comoda poltrona e
desideroso di ricordare la sua esistenza. Il premier Draghi ha immediatamente riportato il timone
per la soluzione della pandemia sulla campagna vaccinale, dopo i disastri della gestione Arcuri, ha
attivato la logistica dell’esercito e iniziato nuove procedure per accelerare al massimo. Ha fatto
scalpore il niet all’esportazione di 250.000 dosi di vaccino in Australia, quantità poco significativa,
ma un segno tangibile di volere fare tutto il necessario per adempiere la sua missione, come si
suole dire, “Whatever it takes”.
MAURIZIO DONINI