Attualità a cura di Maurizio Donini

Il barometro politico di Aprile 2020

Negli ultimi giorni molti analisti hanno posto l’accento su come si sia affrontata l’emergenza in paesi quali
la Corea del Sud, Singapore, Russia, dove la catena di comando corta e senza tanti fronzoli (non parliamo
ovviamente del livello di democrazia che è altra cosa), ha permesso di prendere decisioni immediate
nell’affrontare la crisi del Coronavirus Covid-19.
Ben diverso il caso italiano, e partendo dalla fine non possiamo che iniziare dall’opposizione, che non vuole
il MES che essa stessa approvò, chiede i bond europei, ma quando si tratta di votare al Parlamento
Europeo su una mozione in tal senso presentata dai verdi, Lega e la Meloni votano contro, e risultano
anche decisivi.
L’indecisione e l’opportunismo sono nel dna della politica italiana, ma i cittadini del bel paese è noto che
sono paragonati ai pesci rossi in relazione alla memoria, ovvero tre mesi. Gli italiani sono quelli che hanno
eletto tre volte Berlusconi malgrado le promesse mai mantenute, ora si sono aggrappati all’icona di
Giuseppe Conte, eletto a sex symbol e a ‘salvatore’ della patria. Ma se sfrondiamo le credenze popolari e
andiamo al sodo vediamo come nel suo primo governo, l’avvocato scelto dal M5S di Casaleggio come
punto di equilibrio nella fragile alleanza con Salvini, si sia limitato a sottoscrivere scellerati piani economici
e decreti volti a introdurre forme di razzismo strisciante e contro ogni solidarietà. Nella seconda versione,
forte della sua posizione di indispensabile centro di gravità, ha preso forza e visibilità, ma i risultati anche
qui non premiano lui e il suo governo. L’Italia è andata in recessione già prima della crisi Covid-19, il 4°
trimestre si è chiuso con un -0,3% di pil, e per fortuna abbiamo avuto due ottimi ministri all’economia
come Tria e Gualtieri, che fra le diatribe della politica hanno tenuto la barra al centro.
Dire che l’emergenza Coronavirus è stata gestita in maniera ‘imbarazzante’ è persino eufemistico. Da buon
avvocato il “Tentenna”, al secolo Giuseppe Conte, decide sempre di non decidere, dichiara l’emergenza il
31 gennaio, ma ci vuole almeno un mese perché si arrivino a isolare i focolai, la querelle tra lui e Fontana,
governatore della Lombardia per caso, su chi dovesse chiudere la Val Seriana è ancora in corso, intanto in
zona si moriva mentre loro giocavano a rimpiattino con le responsabilità. L’indecisione e la confusione
regnano sovrane in tutta la gestione, e il “Tentenna” cosa fa? Si affida agli esperti, e come rilevato proprio
ieri dal neo-presidente di Confindustria Bonomi, “La politica dov’è? Rifiuta di decidere e si fa scudo degli
esperti”.
Gli esperti e i comitati si sprecano, task force da 76 ‘esperti’ il cui capitano non è un virologo, ma un
chirurgo estetico ex-candidato a un municipio di Roma in quota M5S. Esperti dell’ISS, che però vengono
presi in esame solo quando fa comodo. Non esiste un obbligo da DPCM dell’uso della mascherina, ma nella
gestione tutto è fumoso e nebbia, in Lombardia Fontana insiste nell’obbligo della mascherina sempre e
ovunque, Borelli dichiara che è inutile, Brusaferro conferma, Locatelli definisce la mascherina all’aperto
“Talismano psicologico a uso dei cittadini”. Ma il Piemonte si accoda, la Toscana ci pensa, invece Zaia in
Veneto inizia ad aprire; i comuni vanno a scacchiera, ognuno si inventa il proprio piccolo divieto e il
Tentenna tace, non prende in mano la situazione per riportare l’ordine, semplicemente si accontenta di
tenere conferenze stampa.
E sempre il Tentenna si conferma sul MES, un giorno sì, il giorno dopo no, poi forse, infine “devo leggere le
carte”. I fatti dicono che gli USA stanziano una cifra pari al 10% del pil, l’Europa il 3%, l’Italia l’1,1% e
appena lo 0,2% per la sanità. Con un misero 0,2% si può rinunciare ai 37 miliardi senza condizioni del MES
contando che i bond se verranno, cosa tutta da vedere, avranno tempi lunghissimi? Ma forse l’importante
è “passare a’ nuttata”.
MAURIZIO DONINI