Attualità a cura di Maurizio Donini

Il barometro politico di dicembre 2019

Il nuovo governo giallo-rosa sta, malgrado tutto, procedendo superando via via i vari ostacoli, puntando
soprattutto sul fatto che andare a nuove elezioni sarebbe un vero disastro per le forze attualmente al
governo. I pentastellati stanno subendo bagni di sangue ad ogni tornata elettorale, il PD non
guadagnerebbe nulla o pochi decimali, Renzi diventerebbe l’ennesimo pulviscolo residuo dell’ennesima
scissione a sinistra. Sempre che si possa considerare Matteo ‘Little Silvio’ Renzi di sinistra, non sono
certamente casuali i paventati voti in comune con Forza Italia e alcuni abboccamenti, anche se smentiti con
la Lega.
E’ doveroso dare atto a Conte di essersi dimostrato perlomeno un timoniere capace di coalizzare e guidare
con astuzia una nave traballante, con un Di Maio che non fa passare giorno senza ricordare la sua totale
inadeguatezza al ruolo istituzione ed a quello politico. Una guida ondivaga che non riesce mai a far capire
quale sia il filo conduttore del M5S, affermazioni su una materia tecnica come le modifiche al MES che
fanno il paio con Salvini e Meloni in quanto a ignoranza.
Se è vero che sono state sterilizzate le clausole di salvaguardia, è altrettanto certo che le nuove imposte
sono state solo rimandate, per evitare l’aumento dell’iva (cui si sono aggiunti gli aumenti delle accise) il
prossimo anno serviranno 43 miliardi di euro, probabilmente nemmeno Salvini potrebbe essere realmente
interessato a governare in questa situazione. Ma fondamentalmente resta il problema di non volere mai
aggredire veramente l’enorme massa del debito pubblico, vera palla al piede dell’economia italiana. Si
continuano a gettare soldi in operazioni dubbie, salvataggi di aziende decotte, banche collassate, strategie
che puntano a mantenere realtà che non hanno più nessun mercato. Bisognerebbe chiedere ai piccoli
risparmiatori che mettono i propri soldi in CDP se sono d’accordo vadano a finanziare Alitalia ad esempio; o
ai cittadini italiani se sono disposti a pagare più tasse per mantenere una ILVA in un mercato mondiale del
settore in chiara crisi.
Se le materie economiche tengono banco, sul fronte sociale non si segnala nulla, si cercano scappatoie per
far vendere la cannabis legale come cannabis e non, ipocritamente, come prodotto ad uso industriale, roba
che nemmeno a Zelig avrebbero potuto trovare battuta migliore. Di Maio ha bocciato anche una misura di
civiltà come lo ius soli, la solita manfrina del “non è nel programma di governo”, che maschera il continuo
strizzare l’occhio agli elettori che sono fuggiti verso la Lega.
MAURIZIO DONINI