News ItaliaUltimissime Notizie

Infolampo: Cervelli – Europa

La fuga di cervelli? Cerchiamo di capire quanto ci costa
Il testo è la sintesi dell’articolo pubblicato nella sezione Tema del n. 4 2017 della Rivista delle Politiche Sociali. Gli abbonati
possono leggerlo qui in versione integrale. Questo è invece il link alla rubrica che Rassegna dedica alla stessa Rivista
L’emigrazione dei giovani, non compensata da ingressi di uguale livello d’istruzione, diminuisce il
potenziale produttivo e aumenta i rischi di non sostenibilità della spesa sociale, soprattutto in un Paese
che, come il nostro, è fortemente indebitato
di Francesco Gagliardi, Rps 16 maggio 2018
Un fenomeno certamente poco presente nel dibattito politico italiano, nonostante le pesanti conseguenze
sulle possibilità di crescita economica dei prossimi anni, è rappresentato dal fatto che l’Italia è ridiventata,
a partire dall’inizio di questo decennio, un Paese di
emigrazione. Si tratta di un fenomeno che, moltiplicato
dall’andamento negativo del ciclo economico e dal
conseguente rilevante incremento della disoccupazione,
riguarda soprattutto i giovani e in particolare quelli qualificati.
In base ai dati Istat disponibili (settembre 2017), tra il 2010 e il
2015 gli italiani emigrati all’estero sono oltre 430.800 e di
questi 122.094 i giovani (classe di età 20-34 anni), di cui
32.838 laureati. Che si tratti di un’emigrazione di giovani
altamente formati è confermato dal fatto che, se si includono i
diplomati, si raggiunge un valore superiore a 75 mila individui
(Istat).
Una delle caratteristiche salienti della mobilità transnazionale
di soggetti italiani qualificati è rappresentato dalla mancata
compensazione di queste uscite con flussi in entrata
comparabili di giovani stranieri laureati. In termini assoluti, nel
periodo 2010-2015 circa 5 mila individui con un titolo
assimilabile alla laurea sono immigrati in Italia. Il problema dell’Italia non appare dunque tanto
rappresentato dal numero assoluto della popolazione di laureati che emigra – di molto inferiore a quello
che si registra in Francia o nel Regno Unito – quanto piuttosto dalla mancata compensazione da parte di
lavoratori immigrati con analogo livello d’istruzione e, per altro verso, dalla bassa probabilità di un
rientro di quanti sono emigrati.
I costi economici dell’emigrazione altamente qualificata sono assai elevati, poiché diminuiscono il
potenziale produttivo e aumentano i rischi di non sostenibilità della spesa sociale, soprattutto nel caso di
un Paese, come l’Italia, fortemente indebitato e con una crescita sostenuta dalla popolazione anziana.
Tuttavia, quantificare questi costi nel loro insieme non è affatto semplice, in quanto i dati disponibili non
consentono di isolare con sufficiente significatività statistica gli effetti che il fenomeno produce sulla
Francesco Gagliardi è ricercatore dell’Irpps-Cnr
Leggi tutto: http://www.rassegna.it/articoli/la-fuga-dei-cervelli-cerchiamo-di-capire-quanto-ci-costa
«Priorità sono investimenti e
lavoro, non la flat tax»

Leggi su www.rassegna.it

www.strisciarossa.it
Se sull’Europa è scontro i populisti perdono
Le fortune del populismo si nutrono di brutali semplificazioni e le semplificazioni sono un’arma
formidabile per imporre il proprio potere sulle coscienze e sulle volontà. Ma dobbiamo chiederci:
sempre? E comunque? O arriva il momento in cui la realtà delle cose si mostra più dura ed esse
appaiono come sono veramente e non come le presenta la propaganda? Io credo che quel momento
arrivi, purché le forze della ragione non perdano il coraggio e la voce. Ridotta all’osso la campagna
elettorale che comincia ora, che è già cominciata, pone gli italiani di fronte a un’alternativa molto
semplice: vogliamo l’Europa o non la vogliamo? Certo che le cose non stanno davvero così, che la realtà
è infinitamente più complessa e quell’alternativa è, appunto, una brutale semplificazione. Ma così è stata
posta. Questo è il terreno su cui si gioca. E ci sono buoni motivi per pensare che i Salvini, i Di Maio, i Di
Battista e le loro corti variopinte su questo terreno siano molto meno forti di quanto sembrano.
Di Paolo Soldini
Quando si voterà in Italia ci troveremo tutti nella condizione di Margherita quando chiede a Faust che
cosa pensa della religione. È una domanda semplice, apparentemente banale ma tremendamente seria.
Dalla risposta che le sarà data dipenderà tutto: non solo l’amore di Margherita, ma il destino dell’anima di
Faust, la sua salvezza o la sua condanna. In qualche modo tutta la storia. Stare o no in Europa: questa sarà
la nostra “domanda di Margherita”, la nostra Gretchenfrage come dicono i tedeschi, che nella loro storia
ne hanno conosciute e drammaticamente vissute. Una domanda banale ma tremendamente seria.
È sbagliato, è improprio che una questione così complessa venga ridotta in tanto grami minimi termini.
Ma non lo abbiamo fatto noi, lo hanno fatto loro. Se fosse per noi, saremmo ben più articolati, ben più
immersi nella storia e nella complessità dei problemi; vorremmo discutere se è proprio questa l’Europa
che vogliamo, cominceremmo a distinguere quel che è bene e quel che è male. Proporremmo delle
riforme, dei cambiamenti, combatteremmo ciò che non ci piace. Sono stati loro che ce l’hanno posta nella
forma della Gretchenfrage: questo o quello, o di qua o di là, Europa sì o no.
E allora approfittiamone. Accettiamo cinicamente questa brutalità e la volgarità del pensiero sul quale si
appoggia. Sì, dite bene Salvini, Di Maio e compagnia bella: qui il giorno delle elezioni l’Italia decide se
vuole l’Europa o non la vuole. Non venite a sottilizzare che nel vostro “contratto” l’uscita dall’euro non
c’è (e comunque c’era), che Paolo Savona ha scritto in una lettera che l’Europa la vuole, e pure più forte e
più equa, che i piani B sono solo armi negoziali per spaventare i tedeschi. Non arrampicatevi sugli
specchi, per favore. Voi agli italiani chiedete il voto perché di Europa ce ne sia di meno e possibilmente,
almeno in prospettiva, non ce ne sia proprio. Siete sovranisti, e le parole hanno un senso.
Però attenzione. Loro non si debbono arrampicare sugli specchi ma spetta a noi renderli scivolosi, quegli
specchi. Sta a noi renderla evidente quella domanda di Margherita, proporla e riproporla, esplicitarne, con
tutta la drammaticità necessaria, il carattere fondamentale; il fatto che ad essa non si sfugge, che le
chiacchiere stanno a zero.
Dobbiamo fare propaganda, sì propaganda. Spiegare che cosa succederebbe se l’Europa non ci fosse più
per l’Italia e se ci dovessimo arrangiare con una lira rediviva. Che cosa accadrebbe ai nostri mutui, ai
nostri conti in banca, ai nostri figli che fanno l’Erasmus, ai nostri viaggi low-cost, ai nostri contadini, alla
nostra economia industriale che vive solo perché esporta. Qualche tempo fa circolava nei cinema un film
molto divertente in cui si immaginava che disastro avverrebbe nel nostro sistema di vita se un giorno, per
un miracolo al contrario, scomparissero tutti gli immigrati. Cerchiamo un regista che giri un film in cui si
immagina che scompaia, d’improvviso, il mercato unico. Che le frontiere si richiudano, che ritorni
l’autarchia di Mussolini a torso nudo che miete l’italico grano.
Sarò un ottimista un po’ ingenuo. Ma io non credo che la maggioranza degli italiani voglia correre questi
rischi. Io credo che la radicalizzazione che Salvini ha imposto alla questione dei rapporti con le istituzioni
europee e sulla quale Di Maio l’ha seguito a pecoroni sia stato un clamoroso errore tattico. Sta a noi
essere capaci di farglielo pagare.
E, siamo costretti ad aggiungere, avremmo il diritto di essere aiutati da chi conta a Bruxelles. Cosa che
non sempre avviene e che certamente non è avvenuta qualche ora fa quando il commissario al Bilancio
UE, il tedesco Gunther Oettinger, ha pensato bene di dar ragione ai soloni che predicano contro le
“ingerenze” europee con la sua sciocca intervista alla “Deutsche Welle” sulla “lezione” che i mercati
starebbero per impartire agli elettori italiani. Tutti, a Bruxelles, hanno preso le distanze e va bene: non è il
momento di fare stupidaggini.
Leggi tutto: http://www.strisciarossa.it/se-lo-scontro-e-europa-si-europa-noi-populisti-perdono-la-partita/