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Infolampo: redditi – diseguaglianze

La spesa sale, i redditi no. L’Italia è più povera
Federconsumatori rivela che negli ultimi anni i costi per le famiglie sono cresciuti di oltre un terzo
rispetto agli introiti. Le fasce più deboli pagano il dazio più alto. Viafora: “La forbice delle
disuguaglianze si sta progressivamente allargando”
di Carlo Ruggiero
Uno scenario “complesso e fortemente squilibrato”, che mette in luce il “profondo disagio” vissuto dalle
famiglie italiane, specialmente da quelle che appartengono alle fasce di reddito medio-basso. È quanto
emerge da un’indagine sui redditi e i consumi in Italia dal 2013 al 2018 condotta da Federconsumatori,
che sarà presentata oggi (1° marzo) a Roma.
Quello che l’associazione dei consumatori conferma,
insomma, è il costante aumento delle disuguaglianze nel
nostro Paese. Un fenomeno che investe un numero sempre
maggiore di settori e ambiti, e “non si limita più a definire
gli standard di vita, ma intacca aspetti delicati ed
essenziali”, come salute e alimentazione. Le disparità
crescenti in Italia, stavolta, vengono messe in luce
attraverso il ‘brutale’ confronto tra l’aumento dei prezzi e
delle tariffe e il mancato adeguamento sul fronte dei
redditi. Il dato che emerge con maggiore chiarezza e che,
secondo l’osservatorio nazionale Federconsumatori “deve
far riflettere”, infatti, riguarda proprio il fatto che la spesa delle famiglie italiane cresce di oltre un terzo
rispetto ai redditi.
Dal 2013 al 2017, dati alla mano, la spesa media annua dei nuclei familiari è cresciuta complessivamente
di 1.203 euro, mentre le previsione per il 2018 porta il conto a oltre 1.880 euro. Gli aumenti più
consistenti, tra l’altro, riguardano i trasporti, l’alimentazione, e le tariffe di elettricità e gas a partire dal
2016. Ma il trend di crescita della spesa più preoccupante è quello relativo all’accesso al Servizio
sanitario nazionale. All’aumento delle spese mediche, infatti, si accompagna “una drammatica
corrispondenza nella tendenza di rinuncia alle cure”. “È frequente, infatti, per molti cittadini, indebitarsi
per accedere alle cure”. Nel 2017 gli italiani che hanno rinunciato a curarsi per problemi economici sono
circa 12,2 milioni (1,2 milioni in più rispetto all’anno precedente).
Se la spesa aumenta, però, il reddito medio della famiglie non cresce allo stesso ritmo. Secondo i dati
raccolti da Federconsumatori, in effetti, i redditi sono cresciuti mediamente di 1056 euro dal 2013 al
2017, e di 1277 nella previsione del 2018.
Dal 2013 al 2017, insomma, il reddito medio delle famiglie è aumentato del 3,6%, mentre il costo della
spesa del 4,1%. Se si estende questo confronto alla previsione per il 2018 il divario si fa ancora più
ampio: il reddito sale del 4,4%, il costo della spesa del 6,4%. La differenza è quindi di ben 2 punti
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www.lavoce.info/
Disuguaglianze che rendono infelici
La disuguaglianza ha gravi conseguenze: quando crescono le differenze di reddito aumentano i problemi
di salute, il bullismo, gli omicidi, i detenuti e diminuisce il benessere e la fiducia tra i cittadini. Un tema
cruciale, che i partiti hanno ignorato.
di Andrea Ciffolilli
Un tema snobbato dalla campagna elettorale
Nella campagna elettorale, l’attenzione dei candidati al parlamento si è concentrata molto su temi quali
gli scenari post-voto e la governabilità, il rapporto con l’Europa, la riforma Fornero, le migrazioni e i
problemi di sicurezza che possono derivarne, le recrudescenze fasciste. Si è discusso invece poco di altri
argomenti importanti, come la sicurezza dei cittadini rispetto alle conseguenze del degrado ambientale, la
difesa dai rischi naturali, la legalità e, soprattutto, le disuguaglianze socio-economiche. Nei programmi
dei partiti troviamo sì alcune proposte di politiche di contrasto alla povertà (reddito di cittadinanza, di
dignità), ma la loro fattibilità e sostenibilità è difficile da valutare, come sottolineato anche su lavoce.info.
Inoltre, in alcuni casi, non appaiono coerenti con altre proposte avanzate dalle stesse forze politiche, come
la flat tax, che potrebbero neutralizzare gli effetti redistributivi delle eventuali misure sui redditi e in
definitiva aumentare le disparità.
Il dato certo è che l’Italia ha un’ampia disparità nei redditi. Un confronto tra il 20 per cento più benestante
e il 20 per cento più povero della popolazione mostra che il primo gruppo di persone è ben 6,7 volte più
ricco del secondo: una differenza abissale (figura 1). Una situazione peggiore della Grecia e che ci
avvicina più ai paesi anglosassoni, dove le distanze economiche tra gli individui sono più ampie, che agli
altri membri dell’UE.
La diseguaglianza ha gravi conseguenze
Ma quali sono le conseguenze di queste disparità?
Nel corso di una recente conferenza europea, che ha festeggiato i 60 anni del Fondo sociale europeo, gli
epidemiologi sociali Richard Wilkinson e Kate Pickett, autori del libro “La misura dell’anima. Perché le
diseguaglianze rendono le società più infelici”, hanno ribadito che esiste una relazione diretta e
inequivocabile tra le disparità nei redditi e i problemi sociali. Al crescere delle differenze di reddito
aumentano il bullismo, gli omicidi, i detenuti e diminuisce il benessere e la fiducia tra i cittadini.
Aumentano inoltre i problemi di salute legati all’abuso di droghe, la mortalità infantile, l’obesità e i disagi
mentali mentre diminuisce la speranza di vita. Infine, al crescere delle disparità si deteriora il capitale
umano, in termini, per esempio, di abbandono scolastico, analfabetismo, scarsa mobilità sociale. “La
misura dell’anima” non è stato esente da critiche. Per esempio, le disuguaglianze sono una causa dei
problemi o un effetto? In quale misura le differenze di reddito hanno un impatto indipendente dal contesto
culturale, storico e istituzionale? È difficile trovare un consenso univoco sui nessi causali. Tuttavia,
secondo la letteratura, la correlazione tra disuguaglianze e problemi esiste eccome.
Questi temi andrebbero affrontati più seriamente, non solo a colpi di spot elettorali, nel dibattito politico
di un paese, come il nostro, in cui le disuguaglianze sono significative.
Se si confronta l’Italia con altri paesi sviluppati, ne viene fuori che siamo lontani dalle nazioni virtuose,
ossia quelle che hanno disuguaglianze meno marcate e minori problemi sociali, in primo luogo i paesi
scandinavi e l’Europa centro-settentrionale. Per esempio, la figura 2 mostra la relazione tra il benessere
dei bambini, misurato da un indice Unicef che considera varie dimensioni (benessere materiale, salute e
sicurezza, istruzione, comportamenti a rischio, abitazioni, ambiente e altro), e la diseguaglianza nella
distribuzione del reddito, calcolata attraverso il coefficiente di Gini. Valori bassi del coefficiente indicano
una distribuzione abbastanza omogenea, con il valore zero che corrisponde alla equi-distribuzione, una
situazione in cui tutti percepiscono esattamente lo stesso reddito. Valori alti del coefficiente di Gini
indicano invece una distribuzione più diseguale. Esiste una relazione simile anche tra le diseguaglianze
reddituali e la partecipazione alla vita civica locale e alle organizzazioni di volontariato (figura 3).
Insomma, dove ci sono maggiori disuguaglianze nella distribuzione dei redditi, si corre il rischio di dover
fare i conti con un aumento dei problemi socio-sanitari, e con una diminuzione del benessere e della
fiducia reciproca tra i cittadini, inclusa la fiducia nei confronti dei politici. Si tratta di temi che il prossimo
parlamento e il prossimo governo dovrebbero affrontare con impegno, se hanno a cuore non solo il futuro
dell’Italia ma anche quello dei loro partiti.
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