Infolampo: Lavoro – xenofobia
Camusso: «Contrattare il lavoro di domani»
Il leader Cgil apre la due giorni di dibattito a Milano: “Dobbiamo governare la rivoluzione digitale.
Servono scelte nette da parte del lavoro organizzato, e il nostro compito ora è capire come la
contrattazione possa svilupparsi in questo campo”
Misurarsi con la “nuova rivoluzione tecnologica”, con la digitalizzazione, l’intelligenza artificiale, i big
data, la robotica. È questo ora il compito del sindacato, ed è la prospettiva indicata dal segretario generale
della Cgil Susanna Camusso, che ha aperto stamani (martedì 30 gennaio) la Conferenza di programma, in
corso a Milano, presso il Teatro Dal Verme. “Buon Lavoro.
Governare l’innovazione, contrattare la digitalizzazione”,
questo il titolo scelto per la due-giorni, che ha visto, prima
della relazione del segretario generale, l’introduzione di
Morena Piccinini, il saluto del sindaco di Milano Giuseppe
Sala e un minuto di silenzio in onore dei morti sul lavoro nel
mese di gennaio e per le vittime dell’incidente ferroviario di
Pioltello.
“Il filo conduttore della nostra azione è stato il contrasto alle
disuguaglianze, che è la premessa per una società più giusta”
esordisce Camusso. “Da qui le nostre risposte: prima con il
Piano del lavoro, che ha posto il tema anche della qualità del
lavoro, poi con la Carta dei diritti, una risposta ‘nuova’
all’esigenza della riunificazione del lavoro” aggiunge: “Un
percorso che dobbiamo proseguire, riflettendo sui nuovi
sviluppi della contrattazione, allo scopo di riaffermare la
centralità del lavoro”.
Un pensiero critico sulla globalizzazione si sta facendo strada, spiega il segretario Cgil. Di disuguaglianze
hanno parlato perfino a Davos: “Il tempio dei potenti ne ha discusso dimenticando di esserne l’autore, e
forse ne hanno discusso perché hanno paura di quello che hanno creato. La finanziarizzazione, e non solo,
ha reso conveniente spostare il lavoro da un’area a un’altra del pianeta, a questo si è aggiunta l’assenza di
politiche di governo”. I risultati di tutto questo sono “l’indebolimento dei lavoratori, la stagnazione e
l’arretramento dei salari, la mancanza di progettazione della società”.
Per Camusso “la globalizzazione ha rovesciato il paradigma, garantendo la massima circolazione delle
merci ma riducendo la libera circolazione delle persone”, un fenomeno che sta portando “dalle migrazioni
ai muri, dall’integrazione ai fenomeni di razzismo, alle guerre vicine e ignorate. Un vissuto della
globalizzazione che dagli Stati Uniti all’Europa, al nostro Paese, fa dimenticare le lezioni della storia per
tornare a proporre spazi protetti. Occorre invece rispondere guardando le ragioni di un disagio sociale che
non si può esorcizzare, tanto meno regalare ai nuovi razzismi e ai nuovi fascismi”. E con la
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Ripensare l’eguaglianza: da
Olympe de Gouges a Rosa Bonheur
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La tentazione xenofoba dei liberali
In Austria, Svizzera o Germania, la maggior parte dei partiti che si proclamano liberali sembrano
esserlo soltanto sul piano economico. Su Europa o immigrazione, invece, pronunciano discorsi sempre
più vicini a quelli dell’estrema destra.
di Frédéric Schneider for VoxEurop
Il nove febbraio 2014, il 50,3 per cento degli elettori svizzeri che si sono recati al voto si sono
pronunciati, tramite referendum, “contro l’immigrazione di massa”. Certamente le autorità hanno in
seguito edulcorato la decisione sulle quote di stranieri, dato che tutte le forze politiche, con un’unica
eccezione, si opponevano a questa norma. Ma quell’”unica eccezione” è l’Unione democratico di Centro
(Udc), arrivata al primo posto alle elezioni legislative del 2015 col 29,4 per cento dei consensi e 65 seggi
su 200, e il suo rafforzamento potrebbe annunciare un arrivo al potere inevitabile in un futuro più o meno
prossimo.
Come può un partito centrista pretendere d’imporre un contingente riguardo al numero di rifugiati,
andando contro al diritto d’asilo? Questo movimento, in realtà, era centrista all’inizio, durante gli anni
Settanta. Ma rapidamente, sin dagli anni Ottanta, i suoi dirigenti hanno dato una svolta a destra,
insistendo sulla necessità di preservare l’indipendenza della Svizzera. L’unico liberalismo di cui l’Udc
svizzera può ancora avvalersi è quello sul piano economico.
Questa inversione di rotta coincide con quella intrapresa dal Partito della Libertà Austriaco (Fpö). Nei
paesi germanofoni, la propaganda nazionalista aveva il vento in poppa: mentre nel 1980 l’ala europeista si
era impossessata della direzione del partito, nel 1986 è il carismatico Jörg Haider, feroce oppositore
all’integrazione europea, a prenderne il controllo. Colpo di scena in un partito che, sin dagli anni
Cinquanta, era il primo a sostenere l’idea di entrare a far parte della Comunità economica europea per
rompere l’isolamento dell’Austria, stretta tra i due blocchi della Guerra fredda.
Il Partito liberale democratico (Fdp) tedesco sarà il prossimo a cambiare rotta? Non possiamo escluderlo.
Durante l’ultima campagna elettorale, questa formazione politica ha cambiato posizione: accogliere i
rifugiati non è la nostra priorità. Non si possono ripetere gli errori del 2012, quando l’Fdp ha pagato
l’eccessiva confusione tra il suo programma e quello di Angela Merkel con la quale era in coalizione, e
ciò l’ha escluso dal parlamento.
La nuova guardia di partito si è rifiutata di siglare una coalizione con i Verdi, sostenendo che i loro
programmi erano inconciliabili su questioni come il riscaldamento globale e l’immigrazione. Su
quest’ultimo tema, i liberaldemocratici si sono mostrati particolarmente intrattabili. Sempre più
commentatori ritengono dunque che l’Fdp, sullo scacchiere politico tedesco, non si posizioni più a sinistra
bensì a destra rispetto alla Cdu. Motivo per cui temere un avvicinamento politico con l’Afd, il partito di
estrema destra.
Un’influenza crescente
18 dicembre 2017. Sebastian Kurz annuncia la formazione del nuovo governo austriaco. Il giovane
cancelliere di 31 anni non sembra più di tanto preoccupato dal fatto che tutti i ministeri-chiave (interno,
difesa, esteri) siano stati assegnati all’Fpö.
In effetti, è da tempo che i discorsi del suo Övp, apparentemente conservatore, sono quasi paralleli a
quelli dell’estrema destra sulle questioni migratorie. Ha martellato ostinatamente sul fatto che l’Austria
non può accogliere tutta la miseria del mondo e ha definito folle la linea europea in materia
d’immigrazione. “La politica delle quote di rifugiati che l’Ue voleva imporre due anni fa non aveva
senso. Attualmente, il limite tra diritto d’asilo e migrazioni economiche è abbastanza annebbiato”. Il
nuovo inquilino del Budeskanzleramt di Vienna riprende a suo favore la retorica dell’estrema destra
europea secondo la quale bisogna aiutare i migranti nei loro paesi d’origine e non sul Vecchio Continente.
Se ciò non fosse possibile, dovrebbero essere accolti in paesi stabili vicini ai loro paesi d’origine e non
dall’altro lato del Mediterraneo.
La sterzata a destra dell’Fdp rischia di avere un effetto simile sulla scena politica tedesca. Nonostante tutti
i suoi pregi, il sistema democratico ha il difetto di rendere una campagna elettorale come un pollaio in cui
il vantaggio va tutto al miglior offerente: gli elettori ignorano le personalità tiepide e si rivolgono sempre
più verso quelle che mostrano schemi semplici. Angela Merkel, il cui gradimento è già calato, sarà quindi
sicuramente ancora meno intransigente sulla questione dei rifugiati. E se lei dovesse essere costretta a
dimettersi, il suo successore alla guida del partito conservatore non esiterà a considerare gli immigrati i
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