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Infolampo: pensioni – cumulo

c07ty0enCamusso: le proposte del governo sono insufficienti
Esecutivo e sindacati si rivedono sabato 18 novembre per l’incontro finale sul tema della previdenza. Il
segretario generale della Cgil: “Distanze molto significative. Mancano risposte, soprattutto sulle
pensioni dei giovani e il lavoro di cura”
Governo e sindacati si rivedono sabato 18 novembre per l’incontro finale sul tema della previdenza. È
quanto emerge al termine della riunione di oggi, che si è svolta tra l’esecutivo e Cgil, Cisl e Uil a Palazzo
Chigi. Le organizzazioni hanno chiesto di presentare un testo dettagliato con le proposte in tema di
pensioni, il governo si è dichiarato disponibile. Appuntamento sabato alle 10. La Cgil non è soddisfatta:
“Avere rinviato a sabato non si traduce in un assenso”,
come scrive sul suo profilo twitter.
Le risposte del governo sul tema dell’aspettativa di vita
“sono ampiamente insufficienti perché aprono problemi
di cambiamento del meccanismo previdenziale”. Così il
segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, in
conferenza stampa dopo l’incontro. Anche la platea dei
lavori usuranti, esentati dall’aumento automatico dell’età
pensionabile, “è insufficiente”. “Continua il lavoro, le
distanze sono molto significative e le proposte fatte oggi
non delineano una facile soluzione dei problemi
affrontati”.
In riferimento all’incontro di sabato, il leader di corso
d’Italia aggiunge: “Il governo dovrebbe impegnare
questo tempo per definire una risposta ai punti della
nostra piattaforma, perché oggi pomeriggio mancavano
molti aspetti, primi tra tutti le pensioni dei giovani, il
lavoro di cura, la previdenza complementare per i
privati”.
Per il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo,
“mancano alcune risposte che abbiamo ritenuto
insufficienti”. Secondo il numero uno della Cisl, Annamaria Furlan, “alcune proposte del governo sono
molto buone, altre vanno corrette, altre non ci sono”.
Per l’esecutivo ha parlato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti: “Abbiamo ribadito e confermato le
proposte” dei diversi incontri con i sindacati, “abbiamo ribadito la convinzione del governo che il
collegamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita sia un pilastro del sistema previdenziale e vada
salvaguardato”. Sabato le parti si incontreranno “sulla base dell’impegno del governo a predisporre il
materiale con tutte le risposte”, ha concluso.
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Restiamo in campo. Il 14 novembre
l’assemblea nazionale dei
volontari antimafia

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Pensioni, l’imbroglio del cumulo rinviato
Nel 2010 il premier Berlusconi e il ministro del Lavoro Sacconi, per evitare la fuga dei dipendenti
pubblici al primo forte innalzamento dell’età pensionabile, fanno una legge che obbliga chi ha contributi
previdenziali in enti diversi (Indap e Inps) a ricongiungerli in modo oneroso se vogliono andare in
pensione.
di Claudio Visani
La trappola funziona e da lì a poco il governo la trasforma erga omnes: la norma diventa così una
micidiale tagliola per tutte le categorie. Il risultato è che chi ha lavorato una vita, versando però i
contributi a gestioni diverse, per poter raggiungere i requisiti della pensione è costretto a ricongiungerli,
ripagando quanto già versato a peso d’oro. Un dramma, soprattutto per chi un lavoro non ce l’ha più. “Un
delitto contro la persona”, lo definisce il presidente della Commissione lavoro della Camera ed ex
ministro, Cesare Damiano.
Una parlamentare del Pd, Maria Luisa Gnecchi, vice di Damiano, per sei anni si batte per modificare
quella legge. A fine 2016 l’emendamento che consente ai lavoratori anziani con carriere spezzettate
(ormai la maggioranza in tempi di precariato e contratti atipici) di cumulare in modo gratuito i vari
periodi contributivi, passa in Commissione e viene inserito nella legge di bilancio 2017, che verrà poi
approvata con la fiducia, senza correzioni. Vale sia per le pensioni di vecchiaia sia per quelle anticipate
(ex anzianità), sia per i lavoratori Inps sia per i professionisti iscritti alle Casse previdenziali privatizzate e
autonome. Da gennaio di quest’anno il cumulo gratuito è legge, è una conquista di equità, ma 11 mesi
dopo nssuna pensione è ancora stata erogata con questo sistema.
L’Inps e le Casse dei professionisti fanno melina, il Ministero non muove un dito per far applicare la
nuova norma. Che converrebbe molto ai lavoratori ma poco, nell’immediato, alle casse degli Enti e dello
Stato. Il cumulo manderebbe in pensione prima decine, forse centinaia di migliaia di lavoratori. Gli
Istituti di previdenza avrebbero nel breve periodo un consistente maggior esborso, lo Stato dovrebbe
provvedere con le coperture, almeno per la parte Inps. Anche se nel medio-lungo periodo ci sarebbe
addirittura un risparmio per tutti. L’importo, infatti, verrebbe pagato pro-rata da ciascun ente per la
pensione effettivamente maturata nelle rispettive gestioni, con assegni quindi molto più bassi rispetto alle
pensioni ricongiunte. Ma in un Paese che non sa più guardare avanti è molto più conveniente – per i
vertici e i conti di questi Istituti e per il Governo – continuare a sfruttare i contributi silenti (versati da
precari, immigrati, partite Iva, lavoratori saltuari) che non matureranno mai una pensione e ancor più il
consistente gettito che dal 2010 arriva dalle costosissime ricongiunzioni onerose.
Per questo tutte le parti fanno buon viso a cattivo gioco. Le Casse dei professionisti e l’Inpgi dei
giornalisti, in particolare, a parole dicono di essere favorevoli al cumulo, ma nel concreto alimentano una
campagna mediatica per sostenere che senza la copertura finanziaria dello Stato i loro bilanci rischiano il
default, che servono altri provvedimenti dell’Inps e del Governo per poter attuare la norma, che occorre
costruire un sistema informatico che permetta di condividere le informazioni tra gli Enti per gestire le
pratiche in maniera automatizzata. Probabilmente, quindi, tutto slitterà al 2018. Sempre che nella legge di
Bilancio non spunti qualche emendamento per eliminare o sterilizzare ulteriormente il cumulo gratuito
che sia l’Inps sia gli Enti privatizzati non gradiscono.
L’Inps di Tito Boeri, del resto, con la circolare 140 del 12 ottobre scorso, ha offerto alle Casse dei
professionisti e all’Inpgi un assist formidabile, prevedendo che il diritto alla pensione in cumulo si possa
maturare soltanto con i requisiti delle leggi Sacconi-Fornero, o peggiorativi delle stesse, non con i criteri
migliorativi previsti dai regolamenti dei singoli Istituti privatizzati, peraltro regolarmente approvati dai
Ministeri vigilanti. Un paradosso, che se non verrà modificato rischia di rendere le pensioni in cumulo
addirittura più svantaggiose rispetto a quelle della totalizzazione dei periodi contributivi, norma introdotta
nel 2006 dall’allora ministro Maroni, che fa maturare l’assegno su base contributiva, e non retributiva, e
viene erogato soltanto 21 mesi dopo la maturazione del diritto.
Per la pensione di vecchiaia, la circolare Inps ha stabilito che “Il diritto è conseguito in presenza dei
requisiti anagrafici e di contribuzione più elevati tra gli Enti coinvolti”. Quindi, se una Cassa autonoma
nel proprio regolamento prevede età superiori ai 66,7 anni della Fornero, che – ricordiamo – è la più alta
d’Europa – il pro-rata della Cassa verrà erogato soltanto alla maturazione di quel requisito. Per le pensioni
anticipate, poi, l’Inps non fa alcun cenno ai requisiti più vantaggiosi previsti dai regolamenti di gestioni
autonome. Si limita a dire che servono i 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva previsti dalla Fornero.
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