News ItaliaUltimissime Notizie

Infolampo: Piccoli comuni – trashtv

piccolicomuniPerché la legge sui piccoli comuni è importante per
anziani e giovani
La legge sui piccoli comuni che è stata appena approvata dal Parlamento è un passo importante che
viene compiuto sulla lunga strada del recupero delle aree interne. Un passo importante per la tutela e la
difesa di tanti anziani che spesso vivono completamente isolati nelle zone più remote del nostro paese.
L’Italia è il paese dei piccoli centri, delle piccole e piccolissime comunità, frequentemente in collina o in
montagna. Sempre più spesso spopolate, abbandonate da tanti giovani che cercano altrove fortuna,
lavoro, futuro.
La nuova legge sui borghi riguarderà 5585 Comuni. Le risorse messe in campo sono poche. E sarà
fondamentale capire come i Comuni potranno concretamente
accedere ai fondi a disposizione. Ma l’obiettivo è quello giusto:
favorire e promuovere lo sviluppo sostenibile economico,
sociale, ambientale e culturale e anche l’equilibrio demografico
del paese, incentivare la tutela e la valorizzazione del patrimonio
culturale, architettonico, naturale, storico e rurale. E ancora,
spingere a ripopolare tanti luoghi rimasti vuoti, favorendo
l’arrivo dei turisti e, dunque, la creazione di nuovi posti di
lavoro. Tra le misure concrete previste dal provvedimento c’è il
recupero dei centri storici, la creazione di banda ultralarga, la
promozione dei prodotti a chilometro zero, dei trasporti,
dell’istruzione e dei servizi sociali, scolastici, postali, energetici.
Ma la sfida più grande è proprio il ripopolamento, per impedire
che tanti piccoli centri muoiano definitivamente con gli ultimi
anziani rimasti. Il caso delle aree interne della Calabria è
particolarmente eloquente. Lo spopolamento del Pollino è una
delle emergenze della Regione. La fotografia ce la consegna

Francesco Spingola, segretario generale dello Spi Cgil Pollino-
Sibaritide-Tirreno. In Calabria il sindacato dei pensionati della

Cgil si sta facendo promotore di una serie di iniziative concrete sul territorio proprio per combattere lo
spopolamento. “Nella zona del Pollino in tanti piccoli comuni vivono solo cittadini anziani. Ci sono intere
aree senza giovani. Gli indici di invecchiamento sono paurosamente pericolosi. Parliamo anche di 270
anziani ultra 65enni rispetto a 100 giovani”. Vuol dire non solo che i giovani se ne vanno per cercare
lavoro, per studiare, per farsi una vita. Vuol dire anche che gli anziani restano sempre più soli, privi di
tutela, assistenza, servizi. Per questo il sindacato dei pensionati si dà da fare. “Quello che stiamo facendo
concretamente è istituire tavoli di contrattazione sociale e territoriali proponendo azioni concrete alle
amministrazioni locali: Turismo, coltivazioni di nicchia, recupero di immobili a fini turistici. Le cose che
Leggi tutto: http://www.libereta.it/legge_piccoli_comuni.html#more-9188

Camusso, da Di Maio
linguaggio insopportabile

Leggi su www.rassegna.it

http://espresso.repubblica.it
Siamo ancora figli della trash tv
L’egemonia sottoculturale degli anni 80 si è sposata con il peggio dei social. Ecco perché non abbiamo
mai smesso di essere berlusconiani
C’era una volta – e stiamo parlando di un bel po’ di tempo fa – l’egemonia culturale della sinistra. Poi,
con i famosi-famigerati anni Ottanta, a colpi di tv, gossip, veline, tronisti, vip (o aspiranti tali), chirurgia
estetica e reality, siamo entrati nell’Italia dell’egemonia sottoculturale.
di Massimiliano Panarari
La celebre categoria di Antonio Gramsci, insomma, riverniciata in salsa postmoderna. Un contrappasso
da rigirarsi nella tomba per il grande filosofo marxista novecentesco: non per nulla, a cavallo tra i Settanta
e gli Ottanta, il gramscismo ha conosciuto una stagione di rinnovata popolarità a destra, ed è stato perfino
tinto pesantemente di nero dalla galassia europea della nouvelle droite e affini.
Dai teorici neocon statunitensi ad Alain de Benoist, fino al recentemente dimissionario dalla Casa Bianca
Steve Bannon, nei decenni passati si è verificata una vera e propria corsa all’utilizzo (e al saccheggio)
delle tesi del pensatore comunista, dotate di una validità universale e trasversale, e che erano invece state
sostanzialmente consegnate all’oblio da una larga fetta della sinistra. Ma la “Specificità italiana” – e,
infatti, la citazione di Gramsci era entrata perfino nelle dichiarazioni di figure assai vicine al patron di
Fininvest/Mediaset, come Sandro Bondi e Maria Stella Gelmini – ha riguardato l’inesausto lavoro di
costruzione di un primato sottoculturale dei prodotti della televisione commerciale che, quando vuole (e
serve per ragioni di ascolto), sa essere trash tv in maniera insuperabile.
Dai rotocalchi di Alfonso Signorini ai programmi di Maria De Filippi, l’universo simbolico costruito
dalla tv privata, che si è sostituita al servizio pubblico (la “neotelevisione”, come la etichettò Umberto
Eco), e dalla stampa rosa e scandalistica ha tirato la volata al berlusconismo politico e al centrodestra
capitanato dal “Cav”. E, così, dopo l’egemonia di mercato è arrivata anche quella culturale, e più
precisamente sottoculturale. Una “pedagogia antipedagogica” fondata sul divertimento, l’edonismo e il
flusso continuo e incessante delle immagini, che ha riscritto anche i codici e le “tavole della legge” di
un’informazione convertitasi in vari casi in infotainment (ove l’intrattenimento prevale largamente
sull’informazione) e, da qualche tempo a questa parte, direttamente in entertation con l’affermarsi della
transtelevisione del superamento dei generi. Un ventaglio di soft media che ha trovato nella tv generalista
del disimpegno e delle avvisaglie della (supposta) disintermediazione – e che si sarebbe giustappunto fatta
in seguito anche megafono dell’antipolitica – il proprio campione, e un irrefrenabile motore propulsivo.
Oggi, nel passaggio dalla centralità del piccolo schermo tv alla società degli schermi e dell’estrema
diversificazione della dieta mediale, non si può non constatare come, da molti punti di vista, il
berlusconismo socioculturale abbia definitivamente vinto (e pure quello politico non se la passa affatto
male, anzi). Perché l’Italia fattasi compiutamente postmoderna negli anni del riflusso ha visto l’assoluta e
indiscutibile assimilazione del Paese già democristiano e comunista al paradigma dell’americanizzazione,
che ha portato con sé e imposto i processi di mediatizzazione, spettacolarizzazione della politica e
personalizzazione. Un irresistibile mix di politica pop e “pipolizzazione”, per cui l’uomo e la donna
politica esibiscono – anche loro malgrado – il corpo e la sfera privata: è la stagione, che sembra destinata a
non finire mai, del politico come celebrità (tributaria del sistema dei media e dell’industria
dell’immaginario di massa).
Un’eredità duratura, e una filosofia comunicativa che si è radicata, dal Matteo Renzi che indossò il
“chiodo” in stile Fonzie di Happy Days in un servizio fotografico per il settimanale Chi nel 2013 (quando
era ancora sindaco di Firenze), e ha frequentato trasmissioni come Domenica Live di Barbara D’Urso
(sulla base del criterio consensus-oriented condensato nello slogan «Voglio parlare a tutti») all’“altro
Matteo” (Salvini) desnudo, con indosso unicamente una cravatta “verde Lega” sulla copertina di Oggi
(nel 2014), fino alle coppie felici e ridenti dei pentastellati Giancarlo Cancelleri e Luigi Di Maio (con
contestuali annunci matrimoniali) sulle pagine del medesimo rotocalco. La scarsa dimestichezza con la
storia e la cultura generale, ennesimo effetto dell’egemonia sottoculturale che ha liquidato i libri come
inutili e controproducenti, risulta trasversale quanto l’arco costituzionale, ahinoi.
Alcuni tratti del renzismo, del “leghismo 2.0” e del grillismo non sarebbero stati concepibili senza la fase
seminale e rifondativa della politica come immagine espressa dal berlusconismo. E anche ora che si è
passati dalla tv generalista ai social network e al Web, tra troll e camere dell’eco, le rinnovate egemonie
Leggi tutto: http://espresso.repubblica.it/attualita/2017/09/22/news/siamo-ancora-figli-della-trash-tv-
1.310670?ref=HEF_RULLO