Infolampo: Stalking – debiti
Albamonte (Anm): «Grave l’errore sullo stalking»
Il segretario dell’Associazione nazionale magistrati condivide le preoccupazioni dei sindacati sulla
depenalizzazione di fatto di un reato pesante, che colpisce soprattutto le donne. “Ancora una volta la
fretta ha portato il legislatore a sbagliare”
di Fabrizio Ricci
Sullo stalking non si può scherzare. Il reato è grave, odioso, perché colpisce la vittima, quasi sempre una
donna, con insistenza e crudeltà, attraverso minacce continue e assillanti, che in molti casi possono avere
conseguenze drammatiche. Ecco perché pensare di poter riparare a una condotta del genere con un
semplice risarcimento economico appare assurdo, persino
oltraggioso per le vittime. Eppure, secondo Cgil, Cisl e Uil,
è proprio questo che potrà accadere dopo l’approvazione
della riforma sul processo penale, una riforma che – hanno
denunciato i sindacati – porta ad una depenalizzazione di
fatto del reato di stalking. “Una vergogna” secondo le tre
organizzazioni dei lavoratori, nient’altro che una “bufala”
secondo esponenti della maggioranza parlamentare, in
particolare del Pd, che hanno bollato la denuncia dei
sindacati come un caso di “procurato allarme”. Per fare
chiarezza abbiamo allora pensato di chiedere il parere di un
addetto ai lavori, un giudice che in passato si è occupato
spesso di stalking e che oggi è alla guida dell’Associazione
nazionale magistrati, Eugenio Albamonte.
Rassegna Dottor Albamonte, ritiene che la preoccupazione
espressa da Cgil, Cisl e Uil rispetto a una depenalizzazione di fatto del reato di stalking sia fondata?
Albamonte La preoccupazione è sicuramente fondata. Le nuove soluzioni che sono state pensate dal
legislatore, con spirito deflativo, cioè con l’intento di ridurre il carico di lavoro che grava sugli uffici
giudiziari del penale, sono incappate, non so quanto volontariamente, in questo errore. E cioè che anche
per reati gravi come lo stalking, il giudice possa decidere, sulla base del risarcimento del danno,
l’estinzione del reato procedibile a querela, senza che ci sia un’effettiva remissione della querela stessa.
Rassegna Eppure il Pd ha definito l’allarme dei sindacati infondato. La presidente della commissione
Giustizia della Camera, Donatella Ferranti è arrivata a parlare di «terrorismo psicologico»
Albamonte Guardi, insieme ad altri colleghi abbiamo esaminato la norma con grande attenzione, nella
speranza di trovare una soluzione rassicurante su questo versante, ma non siamo riusciti a trovarla. Sarà
un nostro limite, sicuramente. E però devo dire che non è la prima volta che sullo stalking il legislatore,
diciamo così, “inciampa”.
Rassegna Cosa intende?
Albamonte Mi ricordo bene che qualche estate fa, quando venne varato il cosiddetto decreto
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A Fermo manifestazione
contro il razzismo
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C’è un mucchio di debiti sotto il tappeto tedesco
Mentre euroscettici e populisti si lamentano della disciplina fiscale europea, ci sono governi fin troppo
europeisti che da anni accumulano allegramente debiti alla luce del sole e alla faccia di tutti i trattati, le
direttive e i regolamenti. Per verificarlo basta rovistare nel sito dell’Eurostat, che è l’agenzia statistica
dell’Unione Europea, sotto la criptica voce “contingent liabilities”, ovvero “passività potenziali”. Per
fortuna, come c’era una volta un incorruttibile giudice a Berlino, oggi c’è qualche statistico a
Lussemburgo che raccoglie pazientemente dati su alcune poste che, per oscure convenzioni contabili, non
figurano direttamente nei bilanci dei governi, ma che contribuiscono ugualmente ad aumentare
l’indebitamento dei cittadini.
Civil Servant
Misurare queste passività potenziali è un obbligo imposto da un codicillo del famigerato Six Pack, quello
stesso gruppo di provvedimenti che ha generato i mostri della sorveglianza “rafforzata” sui bilanci
pubblici; della regola di riduzione del rapporto debito Pil a passi di 1/20 l’anno; dei limiti alla spesa
pubblica discrezionale; del “saldo “strutturale” e dell’”obiettivo di medio termine” per il deficit pubblico,
che ingabbiano la politica economica dei paesi europei con regole oscure e spesso controproducenti,
criticate recentemente anche da Artoni su queste pagine. L’art. 14(3) della Direttiva 2011/85/EU impone
infatti agli stati membri, fin dal 2011, di pubblicare informazioni “on contingent liabilities with
potentially large impacts on public budgets, including government guarantees, non-performing loans, and
liabilities stemming from the operation of public corporations, including the extent thereof”. Questo
significa riconoscere che, oltre al debito pubblico ufficiale rilevante ai fini della procedura per deficit
eccessivo, esiste un mondo di debiti e promesse dei governi, fatto di garanzie pubbliche; debiti contratti
da organismi controllati, di fatto, dai governi; crediti difficilmente esigibili; partecipazioni pubbliche. E
tutto questo resta fuori dai parametri di Maastricht, del Patto di stabilità (e crescita), del Six Pack, del
Two Pack, e del Fiscal Compact. Eppure, come riconosceva già il versetto. 5.11 della bibbia dei conti
pubblici europei, la ESA 2010, tutte queste voci, se le cose vanno male, rischiano di trasformarsi in debiti
a carico dei cittadini.
Ogni anno l’Eurostat pubblica un comunicato stampa su queste poste misteriose, che però viene
regolarmente ignorato dai media, e accumula i dati in una sezione semi-nascosta del suo immenso
database. Per esempio, dall’ultima edizione del comunicato si apprende che nel 2015 le garanzie prestate
dagli stati per le operazioni più diverse, sfioravano il 30% del Pil nella insospettabile Finlandia e
superavano il 15% in Austria e Germania, senza incidere sul rispettivo debito pubblico ufficiale. Nel caso
italiano, invece, questa percentuale era appena del 2,2%, un valore che ci colloca al di sotto di un quarto
della media di tutti i paesi più blasonati. E’ singolare che le regole statistiche europee escludano
completamente dai conti pubblici solo le garanzie più rischiose, ossia quelle per le quali non è possibile
trovare un corrispondente prodotto finanziario scambiato sul mercato. Per esempio, una garanzia prestata
sul rimborso di un prestito ai pre-pensionati dell’APE pesa sui conti pubblici, perché le assicurazioni e
contro-assicurazioni sulla vita sono trattate normalmente su tutte le piazze finanziarie. Al contrario,
resterebbe fuori dai bilanci una garanzia su un prestito che verrà restituito solo in caso in cui una squadra
parrocchiale vinca la Champions League il prossimo anno, semplicemente perché nessun bookmaker
tratta simili scommesse. L’Eurostat ci informa che, non a caso, tutti i governi sembrano prestare garanzie
soprattutto su eventi di quest’ultimo tipo. Solo il nostro paese si distingue per la sua oculatezza, visto che
quasi la metà delle garanzie pubbliche è di tipo standard e quindi pesa sui conti pubblici.
Accanto allo stato garante di eventi ad alto rischio, l’Eurostat ci mostra anche che i governi amano anche
entrare in affari con i privati o non riescono a riscuote prestiti concessi in passato. Ma a parte casi isolati
(le partnership portoghesi e i cattivi prestiti rumeni) si tratta di piccole cifre.
La parte del leone, tra i debiti fuori bilancio, la fanno quelli contratti da enti che sono sostanzialmente
controllati dallo stato, ma che per varie ragioni non rientrano nel “perimetro della PA” su cui le
implacabili regole europee calcolano gli indicatori rilevanti ai fini delle procedure per deficit eccessivo. Si
tratta soprattutto delle banche centrali e di istituti di credito simili alla nostra Cassa Depositi e Prestiti o
finanziarie di stato come Invitalia, Atlante, ecc. che per il solo fatto di occuparsi di finanza non sono
classificati nella PA. Tuttavia non mancano altre imprese a controllo pubblico, come Poste, FS, la
maggior parte delle municipalizzate e anche la RAI fino a quando il nuovo sistema di esazione del canone
e altri cavilli non l’hanno risucchiata nel calderone della PA.
Apprendiamo così dall’Eurostat (… non da un sito di populisti e fabbricatori di fake news) che nel 2015
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