Infolampo: Terremoto – concorrenza
Terremoto: Cgil, Cisl, Uil, subito modifiche a
‘manovrina’
Roma, 19 maggio – CGIL, CISL e UIL con una lettera firmata dai Segretari Confederali – Gianna
Fracassi, Giovanni Luciano e Guglielmo Loy – e indirizzata alla Sottosegretaria alla Presidenza del
Consiglio Maria Elena Boschi, al Presidente della Commissione Bilancio della Camera Francesco
Boccia e ai componenti della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati , chiedono di modificare
alcuni interventi previsti nella cosiddetta manovrina sul tema della ricostruzione nelle aree colpite dal
sisma.
Le proposte di modica previste nel documento unitario inviato, riguardano in particolare: la restituzione
delle imposte e tasse sospese, gli interventi per gli ammortizzatori sociali, l’istituzione di una Zona
Economica Speciale.
In particolare per quanto riguarda la restituzione delle imposte
e tasse sospese (busta paga pesante), si chiede di far slittare
ancora più in avanti il nuovo termine del 16 febbraio 2018
fissato dalla manovrina, di estendere la rateizzazione ad
almeno 18 mesi e di valutare uno sconto sull’importo da
restituire.
Sugli ammortizzatori sociali, CGIL, CISL e UIL chiedono di
ampliare la platea e la dotazione degli interventi. Nello
specifico chiedono: risorse aggiuntive rispetto alle risorse
precedentemente stanziate, di estendere le domande per gli
ammortizzatori a tutto il 2017, di ricomprendere tra i
beneficiari anche le zone colpite dagli eventi eccezionali di
maltempo, di ridefinire gli strumenti in deroga rispetto
all’attuale legislazione in materia di ammortizzatori sociali,
anche attraverso il confronto con le parti sociali.
Fracassi, Luciano e Loy, sottolineano la necessità di una
ripresa nel più breve tempo possibile delle attività economiche nel territorio e perciò chiedono
l’istituzione di una Zona Economica Speciale al posto della Zona Franca Urbana. Ad avviso di CGIL,
CISL e UIL sarebbe necessario costituire un board della Zona Economica Speciale del cratere, composto
da rappresentanti di istituzioni centrali e locali, parti sociali, associazioni di rilievo e università, che abbia
il compito di individuare le possibilità di sviluppo delle zone, sul sentiero dell’innovazione nel rispetto
delle vocazioni del territorio.
In questo modo si incentiverebbe la nascita di una nuova coesione sociale, la creazione di un solido
tessuto industriale.
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Ci provano ancora: voucher
pure in agricoltura
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Concorrenza? Pagano i consumatori
Con il passaggio obbligato di 23 milioni di utenti al mercato libero dell’energia saranno le famiglie a
fare i conti con le nuove regole (e le nuove tariffe) che avvantaggiano potentati privati o semipubblici.
Protestano sindacati e associazioni di tutela
di Giorgio Frasca Polara
Ventitré milioni di utenti dell’energia elettrica e del gas sono sotto la spada di Damocle dell’approvazione
del disegno di legge sulla concorrenza che è all’esame del Parlamento: secondo i gravi orientamenti del
governo, ed in particolare del ministro per lo Sviluppo economico Carlo Calenda, col giugno 2019
dovrebbe scomparire il cosiddetto “servizio di maggior tutela” dei prezzi e tutti i consumatori saranno
costretti ad adeguarsi al mercato libero. Che cosa significa, in soldoni? Una stangata per i consumatori e
un regalo colossale per quei tre, quattro big della produzione e del trasporto delle energie. Bastino due
cifre, fornite dalla Authority per l’energia: già oggi i clienti che hanno avuto la sfortuna (o sono stati
convinti con l’inganno) di passare al mercato libero si trovano a spendere di più di quelli rimasti nel
tutelato, tanto nel settore elettrico (+16,7%) quanto in quello del gas (+7,9%).
Le proteste dei consumatori e dei sindacati (in particolare della Cgil) non sono sin qui valse a nient’altro
che ad un rinvio di un anno (dal 2018, votato dalla Camera, al 2019 corretto dal Senato) della scomparsa
del mercato tutelato. Ma resta la prospettiva di un aumento consistente delle bollette per milioni e milioni
di clienti domestici, vittime di quella che Il Salvagente ha definito “la legge delle lobbies con la
deportazione” di ventitré milioni di utenti verso il mercato libero. In Senato l’allarme è stato lanciato dal
presidente della commissione Industria, Massimo Mucchetti, contestando la tesi liberista del ministro
Calenda, secondo il quale le tariffe caleranno con l’aumento della concorrenza, e così ripetono gli stessi
campioni del liberismo che – vedi caso – rifiutano ostinatamente, sotto pressione delle farmacie, anche
solo di considerare la possibilità di vendere e acquistare i farmaci di fascia C anche nelle parafarmacie.
La Cgil capovolge la tesi di Calenda: “L’utente deve essere libero, oggi come domani, di scegliere in base
alle convenienze”, ha ribadito Antonio Filippi, responsabile delle politiche energetiche della
confederazione. “Sarebbero le famiglie a pagare il conto più salato”, ha aggiunto Filippi spiegando che
“oggi il mercato tutelato ha un margine di 20 euro l’anno, mentre quello per i clienti del mercato libero è
di 128 euro l’anno. Sei volte di più!”. Senza contare la disinvolta, spesso anche sfacciata, pubblicità in tv
e sui giornali dei big del mercato libero. Quei big nei cui confronti l’Authority per l’energia ha già emesso
tante, troppe condanne per un sistema di vendita di contratti che spesso rasenta il reato penale di raggiro e
di truffa: tipo i tanti contratti estorti con una semplice telefonata ad ingenue vecchiette. E allora: se già
oggi i big che avversano il servizio di maggior tutela non riescono a far concorrenza alle tariffe del
mercato tutelato, e sono parecchio più care, quale logica distorta suggerisce che senza il competitor di
Stato essi dovrebbero praticare prezzi più bassi?
Attenzione, ora: non è che il rinvio al giugno 2019 (cioè tra due anni) della scomparsa del servizio
tutelato sia più di un palliativo rispetto all’originaria pretesa di Calenda di fissare già all’anno prossimo la
festa degli speculatori. Si tratta di un modesto spostamento, nulla di più. E tuttavia esso dimostra che
forse ci sono ancora margini per bloccare il disegno del governo o quanto meno per ridurne ancora la
portata: la soppressione del mercato tutelato è infatti il nodo più difficile da sciogliere. Già, perché il
progetto di legge sulla concorrenza, approvato dalla Camera, in Senato ha subìto alcune correzioni (tra cui
appunto il rinvio dal 2018 al 2019 della scomparsa della maggior tutela) per cui dovrà tornare a
Montecitorio, in commissione prima e poi in assemblea, per la ratifica o la ulteriore correzione delle
modifiche. C’è dunque la possibilità di ridimensionare ancora le pretese delle lobbies dell’elettricità e del
gas.
Bisogna lottare, bisogna che anche le altre confederazioni sindacali e le organizzazioni dei consumatori
(esclusa Altroconsumo, che ha sposato la linea liberista di Calenda) agiscano più incisivamente a
sostegno dei 23 milioni di utenti. La partita è difficile – le forze politiche della maggioranza sono
schierate a sostegno del ministro – ma non è persa in partenza: bisogna che per primi gli utenti si rendano
conto che la futura scomparsa del mercato tutelato è un gravissimo errore che saranno loro stessi a pagare
a vantaggio dei potentati privati e semipubblici della distribuzione e della vendita di luce e gas. “Ad
orientare la scelta dei cittadini – ribadisce Filippi – deve essere sempre e solo la convenienza delle tariffe”.
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