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Da Infolampo: Previdenza – Media

index-cba-previdenzaPrevidenza, si riavvia la fase 2

Nuovo incontro a Roma tra governo e sindacati sulle pensioni. Al centro i ritardi nell’approvazione dei

decreti attuativi per Ape sociale e lavoratori precoci. Ghiselli (Cgil): “Migliaia di lavoratori sono ora

nell’incertezza, occorre fare presto e bene”

Nuovo incontro oggi (giovedì 4 maggio) a Roma, alle ore 14.30, tra governo, Cgil, Cisl e Uil sulla “fase

2” della previdenza. Dopo i confronti del 23 marzo e del 6

aprile, esecutivo e sindacati tornano a riunirsi per affrontare le

numerose questioni in agenda. Una su tutte: i ritardi nell’iter

di approvazione dei decreti attuativi in materia di Ape sociale

e lavoratori precoci, provvedimenti che dovevano entrare in

vigore (secondo il cronoprogramma stabilito dal ministro del

Lavoro Poletti) entro il 1 maggio scorso.

“I ritardi sono ormai pesanti” ha detto il segretario

confederale Cgil Roberto Ghiselli: “È opportuno che il

governo fornisca al più presto alle organizzazioni sindacali

chiarimenti sui tempi e su come intende procedere dopo il

parere del Consiglio di Stato, che ha avanzato rilevanti

osservazioni in merito ai testi che gli sono stati presentati da

Palazzo Chigi”. Nel loro parere (inviato venerdì 28 aprile), i

giudici di piazza Spada hanno infatti suggerito di riformulare

la “copertura legislativa” per alcuni beneficiari (operai

agricoli e disoccupati privi di requisiti per la Naspi) e la

tempistica per il riconoscimento delle domande da parte

dell’Inps (spostando la data al 31 luglio).

Osservazioni di cui tenere conto, e che rischiano di allungare

ancora di più l’entrata in vigore dei provvedimenti. “Questa

situazione – aggiunge Ghiselli – lascia ancora migliaia di lavoratori nell’incertezza rispetto alla possibilità

e ai tempi in cui poter accedere alle misure contenute nei decreti”. Nello stesso tempo, conclude il

segretario confederale Cgil, “rende difficoltoso il lavoro di informazione e assistenza ai lavoratori da

parte del sindacato e delle strutture di servizio”.

Il parere del Consiglio di Stato preoccupa anche la Flai Cgil, perché evidenzia “un grave vuoto legislativo

che va a danneggiare le lavoratrici e i lavoratori del settore agricolo”. Per la Flai “è stato importante avere

ricompreso i lavoratori agricoli fra i beneficiari dell’Ape sociale, che permette un’uscita anticipata dal

lavoro. Ma quest’assenza di copertura legislativa farebbe sì che il beneficio non possa essere applicato

agli operai agricoli”. La segretaria nazionale della Flai Sara Palazzoli ricorda che “gli operai agricoli a

tempo indeterminato non hanno diritto né alla disoccupazione né alla Naspi, venendo così meno i requisiti

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Estate in campo! Tornano i

campi e laboratori antimafia

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L’egemonia mediatica. Il Rapporto del TNI

Il controllo dell’informazione appartiene quasi totalmente ai grandi monopoli digitali che costruiscono

un’immagine del mondo specchio dei loro interessi. L’analisi del Transnational Institute

di Greta Veresani

State of Power è il rapporto annuale presentato dal Transnational Institute (TNI) che indaga il processo

culturale tramite cui le grandi imprese e le élite militari rendono il loro potere apparentemente naturale e

irreversibile. L’infografica Manufactured Consent mostra numeri su cui riflettere. Secondo una stima del

2012, solo 6 compagnie possiedono il 90% dei media statunitensi e solo Google e Facebook controllano il

70% dei siti di informazione. Il fenomeno è in crescita: nel 1983 erano 50 imprese a detenere il 90% dei

media.

L’origine dell’accentramento del potere mediatico risiede nella concentrazione del controllo economico,

che passa per il meccanismo delle porte girevoli, per il finanziamento delle campagne elettorali e per i

grandi think tank.

Lo studio The network of global corporate control – condotto da Stefania Vitali, Stefano Battiston e

James Glattfelder del Politecnico federale di Zurigo – riporta che l’1% dei gruppi economici controlla il

40% delle imprese mondiali.

Questo avviene anche grazie al fenomeno dell’interlocking directorate, il legame tra diverse

amministrazioni societarie. Secondo il TNI, ad esempio, l’azienda satunitense Alphabet possiede Google,

Android, Youtube e Waze e, mediante l’interlocking, è connesso anche con Netflix, la Ford Motor

Company, la NASA e la Stanford University. Mentre la Walt Disney è legata, tra gli altri, a Facebook,

Apple, Mc Donald’s, Blackberry, Nike e a diverse università. Altri giganti mediatici sono Comcast, legato

alla Federal Reserve Bank e all’Università di Berkeley; e Facebook che possiede anche Instagram,

Whatsapp e Oculus.

Anche i grandi think tank hanno la loro parte. Il più importante al mondo, la Rand Corporation, con un

fatturato di 393,3 milioni di dollari, ha influenza su Wall Street Journal, Los Angeles Times, CNN,

Senato e Dipartimento della difesa USA. Un altro think tank, Heritage, ha determinato il 60% delle

politiche della presidenza Reagan e ha un considerevole ruolo nelle politiche di Donald Trump. Il

pensiero torna a L’elite del potere del 1956 del sociologo americano Wright Mills: nella conformazione

del sistema di informazione il nesso tra élite politica, militare ed economica, è ancor più evidente. Spesso

oltre che supportare ideologicamente i leader politici, corporation e think tank finanziano cospicuamente

le campagne elettorali. Google ha speso 2.2 milioni di dollari nel 2016 per sostenere candidati

statunitensi, principalmente repubblicani. Inoltre i casi di “porte girevoli” sono stati 251 durante la

presidenza Obama, e 80 fra Google e governi europei nell’ultimo decennio.

I media stessi, come scrive Noam Chomsky, sono grandi imprese che operano nel mercato della

pubblicità e dell’informazione in cui il prodotto è l’audience. La conseguenza è una narrativa mainstream

che riflette gli interessi dei venditori e dei compratori.

L’informazione pertanto non è, come il pensiero liberale ritiene, uno strumento, nel rapporto fra

rappresentanti e rappresentati, che agevoli il controllo critico da parte della cittadinanza, ma un mezzo di

autolegittimazione del potere. Le aziende dell’informazione controllano i risultati politici e si alimentano

economicamente con le informazioni che acquisiscono dagli utenti. Non a caso l’amministratore delegato

di Google nel 2010 ha affermato: “Sappiamo chi sei. Sappiamo dove sei stato. Possiamo più o meno

sapere a cosa stai pensando.”

Max Haiven, nell’articolo Monsters of the Financialized Imagination: From Pokémon to Trump, riporta

che il profitto di un’impresa può non consistere nella remunerazione diretta da parte dei consumatori,

bensì nella raccolta di dati preziosi – preferenze, informazioni anagrafiche, relazioni sociali – messi a

disposizione da questi ultimi. Molte imponenti corporation, come Google, Facebook, Twitter, generano

gran parte dei loro ricavi raccogliendo questa “sostanza digitale” per poi rivenderla.

Inoltre, l’informazione dominante cresce fagocitando il mercato ed espellendo qualsiasi organismo

estraneo. Justin Schlosberg in The media-technology-military industrial complex racconta come

l’egemonia mediatica si sviluppi in due direzioni: possesso dei mezzi di informazione e processo di

selezione delle notizie.

Per quanto riguarda il possesso dei mezzi di informazione, la concentrazione del potere nel mercato

dell’informazione ha portato a veri e propri monopoli digitali che non solo dominano il proprio mercato

del social networking, ma hanno anche molta influenza sugli altri, avendo assunto il controllo del mezzo

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