Da Infolampo: Quattordicesime – spiccioli
Quattordicesima in arrivo. Cos’è e come funziona
A luglio arriverà la quattordicesima. Due le importanti novità di quest’anno. Con
l’accordo siglato a settembre 2016 da governo e sindacati, da luglio infatti la somma
aggiuntiva sarà incrementata del 30 per cento per i redditi non superiori a una volta e
mezza il trattamento minimo ed estesa anche a chi ha un reddito compreso tra una volta e
mezza e due volte il trattamento minimo.
Pochi giorni fa l’Inps ha inviato la circolare che
ufficializza l’entrata in vigore delle nuove misure. Lo
Spi Cgil ha redatto alcune istruzioni per capire
precisamente cos’è e come funziona.
Cos’è
La “somma aggiuntiva”, detta “quattordicesima”, è
una prestazione, d’importo netto, corrisposta in unica
soluzione, in aggiunta alla rata di pensione di luglio,
che si riceve a partire dal 64esimo anno di età. Lo
scopo è quello di tutelare maggiormente il valore
reale delle pensioni di importo medio-basso. L’onere
finanziario è a carico dello Stato. Per questo il diritto
alla somma aggiuntiva è condizionato al possesso di
un determinato reddito personale, pur essendo una
prestazione di carattere previdenziale. L’importo è
fisso, mentre è perequato il limite di reddito. Non costituisce reddito, né ai fini fiscali né ai
fini previdenziali e assistenziali. Non è soggetta a tasse e a sua volta non influisce sul
reddito imponibile né sul diritto a prestazioni previdenziali o assistenziali.
Chi ne ha diritto
La quattordicesima spetta dal 64° anno di età se il reddito personale non supera il limite
fissato. Si considerano tutti i redditi, assoggettabili o esenti dall’Irpef, esclusi quello della
casa di abitazione, gli arretrati di qualsiasi genere, i trattamenti di fine rapporto, la
pensione di guerra, i trattamenti di famiglia, le indennità di accompagnamento e simili. Il
reddito del coniuge non viene preso in considerazione.
Per il dettaglio delle istruzioni e le tabelle, scarica la nota esplicativa del Dipartimento Previdenza.
Leggi tutto: http://www.spi.cgil.it/quattordicesima_2017
Cgil: ora un grande piano per le
nuove generazioni
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Ultimi spiccioli di concorrenza fiscale: neo residenti ed
ex residenti super-ricchi
La concorrenza fiscale può prendere diverse forme. La più rilevante è quella volta ad attirare imprese,
soprattutto di grandi dimensioni, nel paese. L’esperienza più nota è quella dell’Irlanda, che una trentina
di anni fa fissò l’aliquota dell’imposta sul reddito delle società al 12,5%. Il risultato è stato sicuramente
positivo (per l’Irlanda) perché grandi imprese americane ed europee hanno stabilito lì sedi o anche il
quartier generale.
di Ruggero Paladini
Quando l’Irlanda dovette ricorrere al fondo europeo a causa della crisi delle sue banche, fu fatto un
tentativo, da parte di francesi e tedeschi, per fare aumentare l’aliquota. Ma il nuovo governo irlandese di
Enda Kenny resistette caparbiamente, dicendo di essere pronto a tartassare i redditi delle famiglie, ma non
a muovere all’insù l’aliquota societaria. Ovviamente la tassazione ridotta funziona con quelle società che
non rimpatriano i profitti nei paesi d’origine, a più alta imposizione, ma non funziona con quelle già
totalmente internazionalizzate come Apple o Google il problema non si pone. Anche le due principali
banche italiane sono andate da tempo a Dublino, in un’ottica di internazionalizzazione (e di risparmi
fiscali).
Il trattamento agevolato può riguardare le holding (Lussemburgo e Olanda) oppure i redditi da brevetti; in
quest’ultimo caso le agevolazioni inglesi hanno determinato analoghe agevolazioni in altri paesi (Patent
Box in Italia). Ma non basta: perché pagare il 12,5% se si può pagare l’1% o anche meno?
Luxleaks è il titolo di un’inchiesta giornalistica del 2014 condotta in cooperazione da 80 giornalisti di 26
Paesi, che facevano riferimento al Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi. Da essa è emerso
che mentre Jean-Claude Juncker era primo ministro, i suoi uffici fiscali concedevano trattamenti agevolati
ad alcune grandi società (343), con la consulenza della Pricewaterhouse Coopers. Due anni dopo la
Commissione europea è intervenuta su un trattamento particolarmente agevolato che il governo irlandese
aveva riservato ad Apple. Ma l’accusa non è quella di concorrenza sleale, che non è una violazione
prevista dalle norme dell’UE, quanto quella di aiuto di Stato, questo sì severamente vietato; Margrethe
Vestager, Commissaria alla Concorrenza, ha dichiarato che “l’indagine della Commissione ha portato a
concludere che l’Irlanda ha concesso ad Apple vantaggi fiscali illegali che hanno consentito alla società di
versare per lunghi anni molte meno imposte di altre imprese. Il trattamento selettivo di cui ha goduto ha
infatti permesso ad Apple di pagare sugli utili europei un’aliquota effettiva dell’imposta sulle società pari
all’1% nel 2003, scesa poi fino allo 0,005% nel 2014“. L’Irlanda dovrebbe quindi recuperare da Apple 13
miliardi, ma, guarda caso, si oppone.
La concorrenza fiscale serve anche ad attirare risparmio estero nel paese. Ad esempio i rendimenti dei
titoli acquistati da non residenti sono stati progressivamente esentati dalle imposte cedolari in tutti i paesi
europei, e si è lasciato all’altro paese il compito di stabilire le modalità di imposizione. Inoltre la
concorrenza fiscale può servire ad attrarre forza lavoro ad alta specializzazione, per convincerla a lavorare
nel paese. Non è un fenomeno nuovo: nella seconda metà dell’ottocento la nascente industria tedesca
attirava tecnici inglesi offrendo alti salari.
Nell’UE, ed in particolare nei paesi dell’area Euro, vi è anche una concorrenza che si realizza tramite una
svalutazione fiscale – che favorisce le esportazioni del paese ai danni degli altri – e che consiste in una
riduzione dei contributi sociali ed un parallelo aumento dell’imposta sul valore aggiunto (Iva). Infatti
nell’intera UE l’Iva si applica ancora con il criterio del paese di destinazione; ogni paese esenta le proprie
esportazioni e colpisce le importazioni. La logica è fare in modo che i consumatori di ogni paese si
trovino di fronte alla stessa aliquota Iva, indipendentemente da dove provenga il prodotto che intendono
acquistare. Pertanto, se in un paese vengono ridotti i contributi sociali a carico delle imprese, il costo del
lavoro si abbassa con vantaggio per le imprese esportatrici. Però l’aumento dell’Iva fa crescere i prezzi
interni e riduce il salario reale; si tratta di un effetto simile a quello che si realizza con una svalutazione
della moneta, che ovviamente non è possibile nei paesi dell’Euro. La Germania, una dozzina di anni fa, ha
effettuato questo tipo di manovra.
Il governo Renzi, con la Legge di Bilancio 2017, ha creato una nuova tipologia di concorrenza fiscale; ha
proposto agli High net worth individuals, cioè persone con una grande ricchezza (ma forse dirlo in inglese
suona meglio), un’imposta sostitutiva (dell’Irpef) sui redditi prodotti all’estero. Chi trasferisce la
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residenti-super-ricchi/