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Da Infolampo: Libertà di coscienza – L’efficienza

Sul-referendum-liberta-di-coscienza_articleimage“Libertà di coscienza per i pensionati sul referendum”

Pedretti sull’Huffington Post

Si parla molto in queste ore di come voteranno i pensionati al referendum del 4 dicembre sulla riforma

costituzionale. Più di qualcuno sostiene che il governo si sarebbe “ingraziato” questa categoria

stanziando delle risorse importanti sulle pensioni nella legge di bilancio. Sento parlare con troppa

insistenza di “obolo elettorale”, come se ai pensionati non fosse dovuta attenzione dopo anni di tagli e di

sacrifici e come se il loro voto si potesse comprare neanche fossimo al mercato.

Ho sentito anche dire da un importante esponente politico che tra gli anziani prevarrebbe il Si perché non

capiscono nulla. Si tende quindi a considerare questa

categoria come un blocco unico incapace di farsi una

propria e autonoma opinione sul merito della riforma

costituzionale.

La realtà ci dice ben altro ed è molto più complessa ed

articolata. Nelle tante assemblee a cui sto partecipando in

queste settimane in tutta Italia incontro molti pensionati.

Tra loro c’è chi è propenso per il Si e chi per il No. Non c’è

un’uniformità di opinione e tanti sono quelli che stanno

ancora cercando di capire come orientarsi. Mi preoccupa e

non poco il clima che si sta creando intorno alla partita

referendaria. Vedo troppi tifosi, i toni sono aspri e da resa dei conti, il merito è sempre messo in secondo

piano.

Io ho deciso di votare No. La mia non è una posizione ideologica ma dettata dall’opinione che mi sono

fatto analizzando nel dettaglio la riforma costituzionale. Una posizione portata avanti dalla stessa Cgil,

che l’ha argomentata nel dettaglio. Penso che questa riforma abbia dei limiti evidenti. Penso che sia poco

chiaro il ruolo del nuovo Senato, che ci sia uno squilibrio tra i poteri, che si riduca l’autonomia e il ruolo

delle Regioni, che la lotta agli sprechi non sia significativa.

Al tempo stesso penso che tutti debbano avere la possibilità di formarsi una propria opinione e di decidere

come votare in piena libertà di coscienza. Lo stesso deve valere anche per i pensionati. Chi ha opinioni

diverse non può essere considerato un nemico, bisogna essere tolleranti e cercare di unire anziché

dividere.

Per questo lo Spi-Cgil ha deciso di promuovere un dibattito sul referendum ospitando sia le ragioni del Si

che quelle del No. Lo faremo il 17 novembre a Roma al teatro Brancaccio e vi parteciperanno Franco

Bassanini e Giovanni Maria Flick, due validi costituzionalisti con posizioni diverse. Confrontarsi in modo

serio e costruttivo è possibile. Per un sindacato come lo Spi-Cgil è fondamentale.

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La Legge Bilancio non corrisponde

a necessità Paese, non crea lavoro

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L’efficienza è (soprattutto) una questione di contratti

Riflessioni intorno al premio Nobel per l’economia

Maurizio Franzini e Antonio Nicita illustrano nei suoi aspetti essenziali l’economia dei contratti che

quest’anno è valsa il premio Nobel per l’economia a Hart e Holmström. Franzini e Nicita ricordano i

molti ambiti ai quali essa si può applicare (incentivi, organizzazione dell’impresa, appalti pubblici, ecc.),

i suoi elementi distintivi, il contributo che dà alla comprensione della realtà e al perseguimento

dell’efficienza organizzativa. Nelle conclusioni, i due autori indicano anche alcune sue incompletezze.

Se vi interessa sapere come dovrebbero essere congegnati contratti diretti a far impegnare al massimo chi

lavora o opera per voi o perché il timore di non vedere rispettati gli accordi che concludete può spingervi

ad assumere decisioni inefficienti; se siete curiosi di individuare i fattori dai quali dipendono le

dimensioni delle imprese; se ritenete che sia importante definire bene i criteri che lo stato dovrebbe

seguire per decidere se offrire in proprio un servizio oppure darlo in appalto ai privati e conoscere gli

accorgimenti istituzionali che favoriscono il buon funzionamento organizzativo delle imprese; se, ancora,

pensate che nelle relazioni contrattuali si nasconda spesso una forma di potere che non consiste soltanto

nell’appropriarsi di una fetta maggiore della “torta”, allora dovreste interessarvi, se già non la conoscete,

all’economia dei contratti.

Questo filone di analisi economica esamina le questioni elencate, e molte altri di analoga rilevanza, con

strumenti innovativi. Non sorprende, perciò, che l’Accademia svedese delle scienze quest’anno abbia

assegnato il cosiddetto premio Nobel per l’Economia (il realtà si tratta del premio che dal 1968, e non dal

1895 come gli autentici premi Nobel, la Sveriges Riksbank ha introdotto per celebrare i suoi 800 anni di

vita) a due dei più originali studiosi di economia dei contratti: Oliver Hart e Bengt Holmström. In

questa breve nota cercheremo di presentare gli elementi distintivi di questo approccio, il contributo che dà

a comprendere la realtà e le strade che indica per migliorarla, soprattutto sotto l’aspetto dell’efficienza

Metteremo in luce i suoi punti di forza ma anche alcune incompletezze che reclamano ulteriore ricerca.

Il punto di partenza è dato dalla circostanza che molte delle promesse contrattuali che caratterizzano gli

scambi economici avvengono in un contesto di informazione incompleta e incertezza e, quindi, di ‘velo di

ignoranza’ circa le future condizioni all’interno delle quali dovranno essere mantenute quelle promesse.

E’ il contesto della cosiddetta incompletezza contrattuale (ampiamente indagata da un altro premio Nobel,

Oliver Williamson). Un contratto è incompleto quando la sua esecuzione non è garantita e la sua forza

‘giuridica’ è limitata. Ciò può essere dovuto a varie ragioni: dall’incapacità dei contraenti di prevedere

tutti i possibili futuri stati del mondo (e le conseguenti azioni) in un contratto, ai limiti informativi e

cognitivi di una terza parte indipendente (un tribunale, un’autorità) che potrebbe essere chiamata a

interpretare la volontà originaria delle parti contraenti. Questa forma di incertezza può generare

significative forme di inefficienza, inducendo le parti a non avviare relazioni contrattuali efficienti solo

per timore di possibili rinegoziazioni con esito avverso (hold-up).

Il contratto incompleto lascia, dunque, aperta la possibilità che l’esito del contratto sia difforme da quello

atteso e/o dovuto e ciò si riflette inevitabilmente sul comportamento che si tiene al momento di stipularlo.

In generale, questo comportamento può essere in contrasto con quello necessario per raggiungere

l’efficienza. Dunque il problema non è solo quello della distribuzione ex post dei frutti del contratto, ma

anche e soprattutto delle conseguenze sulle decisioni ex ante. Questo problema generale si può porre in

modi diversi in situazioni diverse e gli accorgimenti per contrastarlo possono essere diversi. Hart e

Holmström, pur seguendo un’impostazione comune, si sono concentrati su aspetti diversi.

In particolare Holmström ha esaminato soprattutto situazioni in cui l’asimmetria informativa non si

manifesta soltanto tra i contraenti e un soggetto terzo (giudice) ma anche tra gli stessi contraenti, si tratta

del cosiddetto problema di agenzia tra un principale non informato e un agente informato. Nei casi di

asimmetria informativa il problema economico che si pone è come incentivare il soggetto che ha

un’informazione privata o che svolge un’azione non osservabile dall’altro contraente a profondere il

massimo sforzo produttivo: il medico che ci visita, il manager che gestisce l’impresa su mandato degli

azionisti, l’agricoltore che cura il campo per conto del proprietario, persino il governante che decide su

mandato degli elettori e così via.

I possibili campi di applicazione sono moltissimi, dalla teoria dell’impresa alle regole di corporate

governance, ai contratti assicurativi, bancari e finanziari, e così via. Per i contratti tra manager e azionisti,

ad esempio, la performance può tipicamente essere misurata mediante il valore delle quotazioni azionarie

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intorno-al-premio-nobel-per-leconomia/