Attualità a cura di Maurizio Donini

No bavaglio – politici vs. giornalisti

000bavagliono“No bavaglio”, appello contro la legge: “Intercettazioni, non ci faremo mettere il bavaglio”.

Parte con un appello del giurista ed ex Garante della privacy,

StefanoRodotà

Si sa che l’Italia è il paese delle  emergenze infinite, spesso volute per giustificare atti contrari al buonsenso

per non dire al buon costume. Ma non è di emergenze di poco conto come dissesto idro-geologico, frane,

buco nell’ozono, traffico, mala-sanità, mafia e criminalità affini, per non dire di Isis e migranti, o della

corruzione. Magari la corruzione potrebbe rientrare di straforo per l’emergenza vera che è sempre

nell’occhio dei nostri parlamentari, almeno di buona parte di essi, “le intercettazioni”.

Già perché di questo tratta la norma subito denominata “anti Iene”, perché il problema non è cosa si dice

tra corruttori e corrotti, tra mazzieri e palazzinari, tra politici collusi e dispensatori di favori, ma che si

sappia. E’ un poco come i sondaggi pre-elettorali, che non sono vietati, ma nell’ultimo mese sono riservati

solo ai partiti, perché l’italiano nulla deve sapere. Per cui politici e sospetti possono essere intercettati, ma

nulla di quello che viene detto e sentito deve essere riportato, e guai ai trasgressori.

L’emendamento a firma Alessandro Pagano, appoggiato largamente anche dal PD, che era contrario ai

tempi di Berlusconi, ma ora che viene ad essere lui al centro dei casi sospetti improvvisamente si scoprono

“garantisti”.  Così “garantisti” che è prevista una delega al governo, insomma il potere esecutivo avrebbe la

facoltà di interferire con le decisioni della magistratura, qualcosa che farebbe assomigliare pericolosamente

Renzi ad Erdogan, e sinceramente al momento mi fiderei più del satrapo turco che del principino della

chianina.

Ovviamente le rassicurazioni ed i distinguo si moltiplicano, salvo poi sparire nel segreto dell’urna dove i voti

vanno sempre a favore del controllo ed in senso avverso alla libertà di stampa. Una libertà che verrebbe

assoggettata alla minaccia di una condanna da 6 mesi a 4 anni, insomma diffondere una conversazione

rubata ad un politico sarebbe come fare una rapina a mano armata o una strage per strada, probabilmente

nel caso dei giornalisti verrebbe anche esclusa la condizionale e previsti i lavori forzati.

L’insigne giurista Stefano Rodotà ha ricordato che la legge italiana sulla privacy specifica il concetto di

“minore aspettativa di privacy per i personaggi pubblici”, le cui notizie sono protette solo se non hanno

“alcun rilievo per l’informazione”, e la stessa corte di Strasburgo ha chiarito che tutto ciò che li riguarda,

penalmente rilevante oppure no, va pubblicato perfino quando vi sia violazione del segreto istruttorio”.

Senza dimenticare che esistono già norme che puniscono il giornalista che infrange il disposto in materia,

ma a quanto pare ai nostri politici qualunque notizia uscita senza il loro consenso è già troppo, l’ignoranza

del popolo rimane sempre l’arma più potente in mano ad un potere arrogante.

MAURIZIO DONINI