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L’ 11% DELLA POPOLAZIONE RINUNCIA A CURARSI

no cureL’ 11% della popolazione rinuncia a curarsi causa difficoltà economiche e liste di

attesa. È quanto emerge dall’indagine “condizioni di salute e ricorso ai servizi

sanitari” condotta dall’ISTAT .

Nel 2012 l’ 11,1% della popolazione ha dichiarato di aver rinunciato ad almeno una

prestazione sanitaria erogabile dal Servizio Sanitario Nazionale pur ritenendo di averne

bisogno. Oltre una persona su due rinuncia per motivi economici e circa una su tre per

motivi di offerta.

Rispetto a tali rinunce il 6,2% ha indicato motivi economici, il 4,0% problemi di offerta

di tali servizi ovvero liste di attesa troppo lunghe o orari scomodi per l’appuntamento o

difficoltà a raggiungere la struttura.

La quota più alta di persone che rinuncia ad almeno una delle prestazioni

considerate si riscontra tra i disoccupati (21,4%).

Al Centro è più elevata della media nazionale la rinuncia per problemi legati all’offerta (liste

di attesa e scomodità degli orari o a raggiungere la struttura).

Le visite odontoiatriche si riducono del 23%. Il 14,3% delle persone, a partire dai 14

anni, vi ha rinunciato nell’ultimo anno pur avendone bisogno e, fra queste, l’ 85% lo

ha fatto per motivi economici.

In crescita le prestazioni sanitarie a pagamento intero per gli accertamenti. La quota

passa dal 21,0% al 24,9% per gli accertamenti specialistici. Al Centro e al Sud si

registra anche l’incremento più forte rispetto al 2005.

Le visite mediche per prevenzione aumentano solo per chi non ha problemi

economici. Si mantiene complessivamente invariata la relazione tra maggior

ricorso per prevenzione e elevato status socioeconomico. Tuttavia, per gli anziani

aumentano le disuguaglianze rispetto alla condizione economica della famiglia. Gli

ultrasessantacinquenni con risorse economiche scarse o insufficienti riducono il

ricorso alle visite di prevenzione (-7%), al contrario di quelli in condizioni più agiate, per

i quali si registra un aumento del 17%.

Resta alta la quota di visite specialistiche a pagamento intero. Con riferimento

all’ultima visita specialistica effettuata nei dodici mesi precedenti, escluse le visite

odontoiatriche che, com’è noto, sono molto spesso a totale carico del cittadino, il 22,5% ha

pagato il ticket ed il restante 41,8% ha pagato interamente.

Aumenta la quota a pagamento intero per accertamenti specialistici e analisi

del sangue. Rispetto al 2005, aumenta del 19% la quota di persone che ha pagato

interamente gli accertamenti specialistici, l’incremento è molto più consistente per le

analisi del sangue (+74%).

Questi dati – sottolinea Alessandro Pertoldi – ci dicono che le politiche di austerità in

risposta alla crisi hanno moltiplicato le diseguaglianze.

Occorre ricostruire l’universalità perduta del Servizio Sanitario Nazionale, intanto

ristabilendo un finanziamento nazionale adeguato, oggi sotto la media UE per assicurare il

diritto universale alla tutela della salute ed a cure di qualità.

In base ai deliberati dell’OMS “l’assistenza sanitaria non è una merce dipendente dal

mercato bensì un bene comune”.

Evidenze scientifiche dimostrano lo stretto legame tra le risorse sociali di cui gli individui

dispongono ed il rischio di esposizione alla malattia, alla cronicità, alla non autosufficienza

ed alla mortalità.