Infolampo: Pensioni – Stipendi
Pensioni, si apre una fase delicata con l’Inps
In questi giorni parte il secondo periodo per la presentazione delle domande, che durerà fino al 30
novembre prossimo; richieste che saranno prese in considerazione solo se rimarranno risorse
economiche da spendere
di Fulvia Colombini componente del collegio di presidenza Inca
Il 15 luglio scorso è terminata la prima fase per la presentazione delle domande all’Inps di Ape sociale e
pensionamento anticipato per lavoratori precoci. L’Istituto di previdenza ha comunicato ufficialmente che,
nelle quattro settimane intercorrenti dal 17 giugno, giorno del rilascio della procedura online, al 15 luglio,
termine di chiusura della prima fase, le domande
complessivamente presentate risultano essere 66.409, di cui
39.777 per Ape sociale e 26.632 per la pensione anticipata
dei lavoratori precoci.
Visto il grande numero di richieste inoltrate, in così poco
tempo, la considerazione che viene spontaneo esprimere è
che queste due misure, volute con forza da Cgil Cisl e Uil,
erano molto attese dalle persone e per questo sono state
apprezzate. Entrambi i benefici consentono, ad alcune
categorie disagiate di lavoratori e lavoratrici, in possesso di
una serie di requisiti oggettivi e soggettivi, di poter essere
accompagnati o di poter anticipare di qualche tempo la
pensione. E oggi, visto che sia l’età sia il requisito
contributivo della pensione si allontanano sempre di più, non
è un beneficio di poco conto. Tuttavia, occorrerà attendere
ancora qualche mese per conoscere il numero di quanti riusciranno effettivamente a ottenere l’indennità di
Ape sociale o ad andare in pensione anticipata.
Si apre, dunque, una fase molto delicata, che durerà fino ad ottobre, nella quale l’Inps, coordinandosi con
le altre istituzioni pubbliche (Inail, Direzioni territoriali del lavoro, Centri per l’impiego ecc.), vaglierà
tutte le domande per poi comunicare agli interessati se sono in possesso di tutte le condizioni previste e se
rientrano nel budget di spesa previsto dalla legge di bilancio 2017. In considerazione dell’avvenuto
superamento delle previsioni quantitative del governo di circa 60 mila lavoratori, una parte di coloro che
hanno inoltrato la domanda potrebbe vedersi respinta la richiesta perché privo di qualche requisito
oggettivo o soggettivo, oppure perché le risorse economiche risultano insufficienti per accoglierle tutte.
Nelle quattro settimane in cui si è proceduto all’inoltro delle domande, gli uffici territoriali di Inca si sono
riempiti di persone che si sono fatte assistere dal patronato della Cgil nel complicato compito di assolvere
agli adempimenti procedurali telematici in modo corretto onde evitare errori nella compilazione dei
moduli. Non è stato facile, perché, oltre a una richiesta di informazioni più dettagliate sulle misure, gli
operatori e le operatrici hanno dovuto fare i conti con una procedura online che presentava alcune
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Gabrielli, G8 catastrofe ma non
ci sarà più un’altra Genova
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Fazio si merita il suo stipendio? Alcune riflessioni su
super-ricchi, mercati e meriti
“Le regole le fa il mercato, nessuno regala nulla. Il programma costa 450 mila euro, 15 secondi di
pubblicità costano 40mila euro…. Si fa presto a capire costi e ricavi”. Così Fabio Fazio risponde a chi
gli chiede del contratto appena firmato con la Rai (cfr. https://video.repubblica.it/spettacoli-e-
cultura/rai-fazio-sul-suo-contratto-se-15–di-pubblicita-costano-40mila-euro-si-fa-presto-a-capire-i-
ricavi/279834/280428).
di Maurizio Franzini e Elena Granaglia
Sebbene la Rai tenda a non rendere pubblici i costi dei suoi programmi, svelandoli solo nei momenti più
opportuni, non ci sono ragioni per dubitare dei costi e dei ricavi delle puntate del programma di Fazio.
Considerando i minuti di pubblicità per ogni puntata, il ricavo netto per puntata si aggirerebbe, salvo
errori, attorno ai 2 milioni (2.500.000 essendo le entrate pubblicitarie totali).
Perché allora stupirsi (e, meno che mai, preoccuparsi) che Fazio guadagni nell’anno un po’ di più del
fatturato di una puntata, ossia, circa 2.800.000 euro? D’altro canto, i compensi annuali di alcune delle
anchorperson di maggior successo negli Usa sono ben maggiori: Matt Lauer guadagna 21 milioni di
dollari, Katie Couric e Meredith Vieiria 15 milioni. E, come noto, non di meno percepiscono altre star
dello spettacolo e dello sport.
Sembrerebbe allora avere ragione chi pensa che le critiche a Fazio (meglio, ai suoi compensi che sono
pari a 12 volte quelli del presidente della Repubblica, 100 volte quelli di un lavoratore medio e sono 1000
volte più elevati del reddito minimo che finalmente sarà assicurato con il reddito d’inclusione) nascano da
un mero sentimento d’invidia, da uno stato d’animo rancoroso e forse anche populista. Forse è così per
alcuni o anche per molti ma non è questo che ci interessa. Né qui ci interessano argomenti sulle virtù
personali e per questo non scomoderemo un importante filosofo da poco scomparso, G. Cohen, che nel
suo If you are egalitarian why are you so rich (Harvard University Press, 2001) ha richiamato l’attenzione
sull’importanza dei nostri comportamenti e sul valore della coerenza tra il modo in cui si vive e ciò in cui
si crede. Siamo ben consci che praticare la virtù non è facile – sebbene non impossibile – e per questo non
parleremo di virtù, di coerenza e della loro mancanza.
Parleremo invece proprio di mercato, del mercato in cui diventano possibili stipendi come quelli di Fazio
per capire che razza di mercato esso sia e quali regole lo governino. Da questo, a noi pare, dipende il
giudizio che si può dare non del comportamento di Fazio ma dell’accettabilità di un sistema e dell’idea di
merito che esso trasmette. Più precisamente ci lascia molto perplessi, l’idea che o si accetta questo
mercato o si è fuori da ogni meccanismo concorrenziale, come Fazio sembra ritenere visto che nella
stessa intervista richiamata in apertura ha affermato che la Rai deve scegliere – appunto – se vuole stare
nel mercato o, invece, chiudersi nel recinto del pubblico, sottraendosi alla sfide del “mercato”. E, a questo
riguardo, la posizione sul suo stipendio sarebbe decisiva: stare nel mercato significa offrire almeno quanto
offre un potenziale concorrente. Il punto è che il mercato può funzionare in modi molto diversi e
contrapporre il mercato (senza altre qualificazioni) all’offerta pubblica (come sembrano fare anche coloro
che sono critici nei confronti del modo in cui questo mercato funziona, si veda ad esempio Bersani) non
aiuta a comprendere perché questo mercato non è né l’unico né il miglior mercato possibile.
La prima, banale, osservazione è, appunto, che non esiste il mercato; esistono i mercati con i loro
meccanismi di funzionamento e le loro regole che non hanno il dono della naturalità. Esse sono il frutto
delle decisioni (o delle mancate decisioni) degli uomini, soprattutto di quelli che hanno il potere di
regolare le umane interazioni economiche. Una decisione cruciale riguarda l’assegnazione dei diritti di
proprietà intesi in senso lato; da essi dipende – assieme alle forme specifiche che assume la concorrenza –
“cosa è mio” e “cosa è tuo”, “cosa devo fare io” e “ cosa devi fare tu”.
Se: i) il mercato prevede che chi offre un servizio o un bene sia direttamente compensato da chi compra
(in piena consapevolezza) quel servizio o quel bene; ii) non esistono barriere all’accesso; iii) i compensi
determinati dal mercato riflettono il contributo che ciascuno offre alla produzione allora si può concludere
che sono soddisfatte le principali condizioni (non necessariamente tutte) per considerare il mercato un
sistema che stabilisce compensi accettabili e difendibili.
Insomma occorrono tre elementi: i) i consumatori devono essere consapevoli e disposti a pagare per quel
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ricchi-mercati-e-meriti/