Da Infolampo: Esodati – Part time
Esodati, basta misure con il contagocce
A quando la soluzione definitiva del problema di chi è senza lavoro e senza pensione? Per il 22 aprile
Cgil Cisl Uil e i comitati degli esodati hanno indetto un presidio al Mef per chiedere che venga messa in
campo anche l’ottava salvaguardia
di Fulvia Colombini
Sono anni che l’Inca e la Cgil chiedono una soluzione strutturale del problema, ma i Governi che si sono
succeduti hanno provveduto al salvataggio delle persone con il contagocce, attraverso uno stillicidio
davvero estenuante. Ogni legge di salvaguardia conteneva
regole, criteri e misure diverse, a volte tra di loro
contradditorie, per cui riuscire ad entrare è stato vissuto
come un vero e proprio terno al lotto. I nostri uffici Inca,
nel presentare le domande per chi ne aveva diritto,
dovevano anche supportare psicologicamente coloro che
risultavano esclusi e dovevano tornare dalle loro famiglie
con la triste notizia.
Nel dicembre scorso, c’erano tutte le condizioni politiche
ed economiche per chiudere questo amaro capitolo della
storia previdenziale del nostro paese; l’Inps e il Ministero
del lavoro avevano certificato il numero esatto di coloro
che risultavano ancora interessati alla salvaguardia e
precisamente si contavano 49.500 persone scoperte;
sussistevano anche le risorse finanziarie perché
esistevano importanti residui nel Fondo esodati, quali risorse non utilizzate nelle precedenti salvaguardie;
purtroppo la legge di Stabilità 2016, con criteri restrittivi, ha previsto il salvataggio di 26.500 lavoratori,
escludendone 24.000.
Pertanto, oggi è necessario far partire una nuova mobilitazione per includere anche questo ultimo gruppo
di persone che ancora oggi vivono l’ansia di aver perso il lavoro e di non possedere i requisiti per il diritto
a pensione, con scarsissime possibilità di ricollocazione lavorativa, data la loro età avanzata e le
condizioni del mercato del lavoro italiano, nel quale il tasso di disoccupazione è ancora molto alto e
colpisce anche le fasce più giovani e scolarizzate della popolazione.
Se verrà varata in tempi brevi l’ottava salvaguardia avremo fatto un passo in avanti, anche se oltre sei
anni di tempo per risolvere un così grave problema, creato da una legge sbagliata e varata troppo
frettolosamente, sono veramente troppi, se calcolati sulla base dell’ansia, dell’incertezza e dello
scoraggiamento vissuto dalle centinaia di migliaia di persone che all’improvviso si sono trovate senza
nessuna via d’uscita: senza lavoro, senza pensione, senza prospettive di rioccuparsi.
Ci auguriamo che il Governo senta l’urgenza di risolvere almeno questo problema, anche perché siamo
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Part time, perché il prepensionamento non convince
Il provvedimento rischia di aiutare i lavoratori ricchi. E le donne sono escluse. Risorse scarse e aziende
non interessate: quello di Poletti è un flop annunciato.
di Francesco Pacifico
L’obiettivo di Giuliano Poletti resta cambiare la Fornero.
Per mesi ha promesso, e si è ripromesso, di alzare l’età di ritiro, che dopo la legge dell’economista
torinese è salita dal 2016 ai 67 anni e sei mesi per gli uomini e a 64 anni per le donne.
Restano da convincere – ed questo l’ostacolo maggiore – il Tesoro e il premier Matteo Renzi, che a loro
volta dovranno aprire un nuovo fronte in Europa.
Dove si vuole difendere tutto quello che in Italia serve a ridurre la spesa e ad aumentare l’avanzo
primario. Come hanno dimostrato tutte le riforme pensionistiche dalla Dini in poi.
LA BOCCIATURA DEI SINDACATI. In quest’ottica il prepensionamento attraverso il part time
(dimezzamento dell’orario di lavoro, riduzione soltanto di un terzo del salario) per i dipendenti privati a
tre anni dall’età di ritiro è, secondo Poletti, lo strumento – politico – con il quale riportare equità verso le
categorie più colpite dalla Fornero, evitando nuovi esodati e favorendo la staffetta tra giovani e vecchi
lavoratori.
Ma i propositi e gli obiettivi del ministro non convincono le parti interessate: Susanna Camusso, leader
della Cgil, ha bollato il provvedimento come «un regalo alle aziende»; sul versante opposto Confindustria
ha risposto nel modo peggiore (con il silenzio) alla misura. Che al di là di tutto rischia di fallire perché
presenta non poche criticità.
POCHI UOMINI E NESSUNA DONNA. In teoria, il provvedimento è aperto a tutti quelli che alla data
del 31 dicembre 2018 siano a tre anni dalla pensione di vecchia e abbiano almeno vent’anni di
contribuzione.
Per gli uomini, infatti, vuol dire 63 anni e sette mesi. Ma più complessa è la situazione per le donne, che
quest’anno si vedono accrescere di 12 mesi lo scalino pensionistico. Come ha spiegato la Uil, «le donne
nate nel 1951 che raggiungerebbero i 66 anni e sette mesi entro il 2018 sono già uscite nel 2012. Quelle
nate nel 1952 escono quest’anno con 64 anni mentre quelle del 1953 raggiungeranno i requisiti fuori
tempo massimo».
Il ministro Poletti ha promesso correttivi. Ma sarà quasi impossibile bypassare una legge capillare come
la Fornero, senza cambiare i requisiti d’anzianità.
Ore dimezzate a due terzi dello stipendio
Il meccanismo di Poletti vuole che in part time si lavori la metà del tempo previsto dal precedente
contratto guadagnando circa i due terzi dello stipendio.
Questo perché finiranno direttamente in busta i contributi pagati dall’azienda e oggi girati all’Inps, che a
sua volta si vedrà riconoscere questa cifra dallo Stato con contributi figurativi.
Se un lavoratore ha un salario netto di 1.500 euro, si ritroverà con il nuovo inquadramento poco più di
1.110 euro con un part time al 60%. La condizione è in teoria molto conveniente per i dipendenti, ma non
tutti possono permettersela.
Chi a fine carriera ha uno stipendio netto di circa 1.000 euro (e non mancano dopo il livellamento a
ribasso negli anni della crisi) può davvero rinunciare a quasi 250 euro? E tanto basta per capire che il
provvedimento potrebbe non aiutare le categorie più deboli, come si è riproposto Poletti.
DISPONIBILITÀ LIMITATA. Per finanziare il provvedimento il governo ha messo in bilancio per
coprire la contribuzione figurativa 60 milioni di euro per il 2016, 120 per il 2017 e 60 per il 2018. Non un
centesimo in più.
La platea potenziale degli interessati al part time è, soltanto tra gli uomini, di mezzo milione. Platea che
raddoppia se – come ha promesso Poletti – l’intervento verrà esteso anche alle donne. Stando alle prime
stime, i soldi messi a disposizione per quest’anno sarebbero sufficienti a permettere al massimo a 20 mila
persone di lasciare prima il lavoro.
Di conseguenza, chi non si decide in fretta rischia di trovare vuote le casse del ministero.
UN COSTO PER LE IMPRESE. In Italia il part time non è diffuso come nel resto del mondo. Quattro
milioni di italiani sono inquadrati in questo modo. Ma di questi 2,5 milioni sono soggetti al cosiddetto
“part time involontario”: le aziende li costringono a ridurre l’orario per evitare licenziamenti. In molti casi
il taglio è soltanto virtuale: si continua a lavorare normalmente, ma a meno soldi o con la differenza in
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convince_43675242146.htm