Confabitare a cura di Renzo Paccapelo

Cassazione: Nulli i canoni in nero

000affittasiPrivi di valore gli “accordi” privati sul reale importo da versare
Nullo il “patto” con cui proprietario e inquilino stabiliscono il vero affitto da versare in nero, con una scrittura privata segreta che affianca il contratto di locazione “ufficiale”, da cui risulta una cifra molto modesta per pagare meno tasse. E quando invece il contratto non risulta registrato per niente è l’affittuario che deve provare di essere stato costretto dal locatore a evitare la forma scritta: solo così scatta il ricalcolo dell’affitto sulla base delle cifre indicate dai contratti standard, frutto degli accordi fra le associazioni locali dei proprietari degli immobili e degli inquilini. Lo stabiliscono le sezioni unite civili della Cassazione con due sentenze, la 18213/15 e 18214/15.
La prima sentenza
Cominciamo dalla prima pronuncia. Il proprietario intima lo sfratto perché, dice, l’inquilino non ha pagato due mensilità dell’affitto per un totale di 3.400 euro. Ma l’affittuario si costituisce in giudizio e fa notare come il canone che risulta dal contratto registrato è molto più basso: ammonta solo a 387,35 al mese. Il fatto è che insieme al documento ufficiale c’è una scrittura privata firmata contestualmente dalle parti in cui si chiarisce che il vero canone è di 1.700 euro al mese e che nel contratto registrato l’affitto è stato indicato con una cifra posticcia «ai soli fini fiscali». La locazione nel nostro caso è regolata dalla legge 431/98, quella sui patti in deroga, e risale dunque a prima della normativa che ha introdotto il principio per cui i contratti sono nulli se non sono registrati. Con la decisione di oggi la Cassazione fa dietrofront rispetto a una sua pronuncia del 2003, epoca in cui la mancata registrazione non era sanzionata con la nullità. Il tutto perché, anche dai lavori parlamentari, risulta che la legge 431/98 aveva la finalità di combattere elusione ed evasione fiscale in un settore come la locazione degli immobili in cui il nero era (ed è) diffuso, mentre la riforma interveniva a liberalizzare il mercato. Insomma: la scrittura privata non può sostituire validamente il contratto registrato.
Non si salva con la registrazione tardiva
Il proprietario è condannato a pagare quasi 12 mila euro all’inquilino (ci sono anche gli interessi dalla messa in mora). Non lo aiuta il fatto di aver poi registrato il contratto con la vera cifra dell’affitto pattuito. È vero: nei rapporti fra contribuente e fisco esiste ad esempio il ravvedimento operoso, ma il contratto depositato soltanto in seguito rispetto alla scrittura privata non può avere, spiegano i giudici, l’effetto di una sanatoria: è troppo distante e autonomo dalla simulazione intervenuta fra proprietario e inquilino. Sulla decisione delle Sezioni unite della Cassazione pesano anche argomentazioni di natura etico-costituzionale: è escluso, scrivono i giudici, che «di fronte a una Corte suprema di un Paese europeo» qualcuno possa chiedere tutela «adducendo impunemente la propria qualità di evasore fiscale». E ciò perché il pagamento dei tributi, si legge in sentenza, non è una questione che riguarda solo il rapporto contribuente-fisco ma il funzionamento della stessa macchina dello Stato.
La seconda sentenza
Passiamo alla sentenza 18214/15: anche in questa vicenda la locazione è regolata dalla legge 431/98. In caso di contratto non registrato, scatta la nullità solo se l’inquilino dimostra di essere stato costretto dal proprietario a non mettere nulla per iscritto, per risparmiare sulle tasse, profittando della sua posizione di superiorità nel rapporto di forze del contratto. I giudici della Cassazione si rendono conto che all’inquilino è addossato un onere della prova impegnativo ma una questione processuale, spiegano, non può condizionare la decisione sulla sostanza delle cose. Solo con la prova della violenza morale l’inquilino può ottenere indietro il surplus rispetto alla media dei contratti locali. Quando invece il nero è frutto di un accordo tra le parti, il proprietario può agire in giudizio per il rilascio dell’immobile occupato senza titolo e il conduttore potrà ottenere la parziale restituzione delle somme versate.