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Celani FI, “strana campagna elettorale”

0004celaniE’ una strana campagna elettorale.

Gli amici di ieri sono gli avversari di oggi. Ma è anche la campagna elettorale dove

l’ideologizzazione ha il sopravvento sulla buona amministrazione. Credo che oggi i

cittadini vogliono essere amministrati bene. Vogliono servizi efficienti, carichi

fiscali alleggeriti, poca incidenza della burocrazia, politiche a sostegno del lavoro e

dell’occupazione. Politiche che mettano al primo posto il cittadino.

Assistiamo invece al moltiplicarsi di episodi legati esclusivamente a logiche di

partito.

Spacca, ad esempio. Ieri per il PD era sugli scudi. Paladino di buon governo. Ed

oggi è un pessimo esempio di attaccamento al potere. Se buoni risultati si sono

raggiunti – dicono oggi i piddini – il merito è nostro. Già. La sconfitta è di

nessuno, la vittoria di tutti.

Anche a destra non sono rose e fiori. La Lega di Paolini dapprima corre da sola ed

ora invece appoggia Acquaroli di Fratelli d’Italia.

Il pensiero ritorna alla discesa in campo del Cav, quando, anche all’allora, veti

contrapposti finirono per mettere in campo alleanze variabili a seconda del

territorio nazionale.

Corsi e ricorsi della storia politica più recente.

Lo scacchiere delle alleanze regionali ecco che presenta una nuova combinazione.

La politica si scompone e ricompone. Le alleanze di ieri oggi non lo sono più. I veti

su Tizio o su Caio la fanno da padrone.

Ma guardiamo più da vicino questa diaspora, questa frantumazione del quadro

politico.

Il PD si riconferma come un partito che continua ad avere nel DNA i geni

trasmessigli dai padri fondatori del vecchio PCI. E’ una sorta di riflesso

condizionato. Così quanti dal centrodestra in questi anni sono transitati sotto le

insegne del PD sono stati mondati dal peccato originale della provenienza e

acclamati quali campioni di lungimiranza politica. Figlioli prodighi illuminati sulla

strada di Damasco, anzi del Nazareno.

Ma il passaggio al centrodestra non è accettato. Significa indegnità politica,

trasformismo.

Non ricordiamo, sarebbe troppo lungo, tutti i maldipancia che hanno portato alla

nascita del PD e soprattutto a quanti, negli ultimi anni se ne sono usciti.

Uno su tutti: Rutelli. Il fondatore dell’ex Margherita se ne uscì dal PD sostenendo

che da parte dei reduci dei DS era in atto una egemonizzazione del nuovo partito.

Ora è la volta di Spacca scontrarsi con la nomenclatura del Partitone.

Gli assessori in quota PD, gli stessi che in questi anni, posti nei ruoli chiave, lo

hanno condizionato nelle scelte, ora presentano le dimissioni.

Ma sono gli stessi assessori che ieri lo avevano di fatto messo all’angolo e in

minoranza sulla vicenda Del Moro.

No. Spacca doveva tornare a casa. Così avevano deciso quelli del PD. Al suo posto

un rappresentante del nord della Regione, sostenitore di una macroregione ad

influenza romagnola, espressione dell’apparato di partito.

E mentre le Marche attendono scelte che consentono finalmente di riprendere le

fila di quel modello marchigiano di sviluppo che tanto ha dato alla nostra

economia e alla nostra crescita, ecco che vecchie logiche di potere hanno il

sopravvento.

Forza Italia ha deciso di convergere su Spacca e Area Popolare, riconfermando la

sua vocazione centrista e moderata.

Ci accomuna la stessa identità di vedute. La stessa visione delle cose da fare.

Sappiamo che davanti a noi c’è un cammino duro, impegnativo. Si tratta di

rigenerare una regione forte di pluralità e per questo capace di riprendere il

cammino interrotto.

Lo facciamo, noi di Forza Italia, con Gian Mario Spacca. Lo facciamo con quanti

credono, come noi, alla mission di buon governo. Lo facciamo perché uniti  da un

programma comune. Il programma, il progetto innanzitutto.

Invitiamo gli elettori a giudicarci sul programma, sul progetto che vogliamo

realizzare per le Marche. Questo è il vero giudizio che conta: quello del cittadino

elettore.

Nei prossimi giorni, nel seguito di questa campagna elettorale, sapremo

puntualizzare meglio i nostri punti programmatici. Sono dieci. Non è un libro dei

sogni. E’ concretezza, pragmatismo, buon senso.

Piero Celani

Capolista Forza Italia