Attualità a cura di Maurizio Donini

Rousseau tra E-democracy e No-democracy

Il cuore del Movimento 5 Stelle è affidato alla piattaforma Rousseau, organismo creato da Davide
Casaleggio che ne è il titolare inamovibile per statuto, e che funge da cabina di voto online per gli
aderenti. Rousseau è, a dire del M5S, la massima espressione di E-Democracy, l’idea di una
democrazia partecipativa fondata, quanto più possibile sul web, è uno dei primi mantra di Beppe
Grillo. Idea poi portata avanti con ancora maggior determinazione da Gianroberto Casaleggio
idealizzando Gaia, un nuovo ordinamento mondiale che avrebbe garantito ai cittadini del mondo,
non più confinati nei singoli stati, pace e benessere.
Avvalendosi di una tecnologia perfetta e di un valore popolare assoluto, spostando il potere dal
Parlamento ai cittadini, la democrazia da basso potremmo dire. L’ultima querelle ha riguardato il
voto per varare il Conte bis, e il fatto che si tratti di un perfetto laboratorio democratico suscita
molti dubbi. Il notaio Valerio Tacchini, teoricamente garante della correttezza del voto, ha
assimilato il sistema di voto utilizzato sul Rousseau a quello in vigore per X-Factor, Ballando con le
stelle e l’Isola dei famosi, di cui era stato notaio. Alla richiesta di garanzia sulla correttezza delle
operazioni di voto ha precisato: “Non lo so, io certifico solo il numero dei voti”.
In merito alla tecnologia usata i dubbi sono molto forti, è recente la multa da € 50.000 comminata
dal Garante della Privacy all’Associazione Rousseau per non avere protetto adeguatamente i dati
personali degli iscritti in occasione del voto online. A conclusione delle verifiche condotte, il
Garante ha deciso la sanzione richiamando un provvedimento datato 21 dicembre 2017. Nel caso
poi le votazioni non siano di gradimento dei notabili del Rousseau/M5S, il risultato può essere
invalidato come previsto dall’art. 4 dello statuto, fatto già successo in occasione dell’elezione di
Marika Cassimatis, votata dagli aderenti, ma sgradita a Grillo.
La democrazia digitale proposta dal Rousseau non è così rassicurante, la relazione tra
rappresentanti e votanti è asimmetrica, il rapporto è tra chi vota e chi è eletto, quest’ultimo può
rispondere agli elettori, ma ciò non è possibile tra gli aderenti. Contrariamente a piattaforme simili
come LiquidFeedback, Loomio e DemocracyOS, utilizzata dal Partito Pirata in Germania, da
Podemos in Spagna, o dal Partido de la Red in Argentina che rendono visibili le scelte di ogni
elettore. Se analizziamo la democrazia sul web a livello globale ci accorgiamo come il mondo
digitale sia in mano a 4 aziende che vengono identificate come GAFA (FANGS in inglese),
Google+Apple+Facebook+Amazon. Secondo le analisi di Interbrand occupano 4 dei primi 7 posti
nella classifica mondiale dei marchi più influenti, cresciuti in maniera esponenziale nella totale
assenza, se non acquiescenza, dei governi.
La democrazia 2.0 pare più una oligarchia ristretta ad una serie di poteri forti che la usano per
influenza e gestire. Il web democratico vagheggiato da Tim Berners-Lee è ben lontano dalla realtà
attuale, uno dei pilastri fondamentali, la Net Neutrality, è stato abbattuto dall’amministrazione Trump. La Federal Communications Commission ha concesso il via libera al web a due velocità,
consentendo agli operatori di offrire un servizio più veloce alle aziende che pagano, o che pagano
di più. I provider potranno veicolare prioritariamente i contenuti che vorranno e dare velocità
diverse a seconda di quanto vogliono mostrare e di quanto gli utenti vorranno e potranno pagare,
si va verso un web veloce per i ricchi e lento per gli altri, e con contenuti mirati. In un documento
pubblicato dalla In-Q-Tel, azienda che ha finanziato Facebook con la mirabolante cifra di
$27.000.000, si legge che “La sorveglianza dei social network acquista per i governi sempre più
importanza quando si tratta di tenere sott’occhio i movimenti politici nascenti”.

Maurizio Donini