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Infolampo: Priorità – Corpi intermedi

Molte priorità, nessuna priorità
Fracassi (Cgil) a RadioArticolo1: su tasse, divari regionali, disuguaglianze e Mezzogiorno non ci siamo.
Attendiamo le proposte su pensioni e lavoro
“Nel quadro di riferimento di questo governo ci sono già alcuni elementi che per noi rappresentano un
tema critico. In primo luogo tutti gli aspetti fiscali. È evidente che si va in una direzione problematica. È
vero che non vengono individuate scadenze su flat tax e pensioni,
però viene riproposto un tema, quello della pace fiscale, che cela
sostanzialmente un’idea di condono”. Lo ha detto Gianna Fracassi,
segretario nazionale della Cgil, nel corso della puntata di ItaliaParla
andata in onda il 6 giugno su RadioArticolo1.
“Il nostro paese – prosegue Fracassi – ha bisogno di una lotta
all’evasione fiscale che non si fa soltanto o non esclusivamente su un
versante repressivo, come troviamo scritto anche nel Contratto (tra
Lega e M5S ndr), ma si fa in primo luogo mettendo in campo tutti gli
elementi che possano garantire maggior prevenzione del fenomeno
dell’evasione. Tra questi ci sono alcune norme che noi abbiamo
sostenuto anche nel precedente governo. Penso allo split payment,
che garantisce in modo consistente la lotta all’evasione dell’Iva, e che
invece dalle prime dichiarazioni dei giorni scorsi sembrerebbe essere
messo in discussione. Rispetto al lavoro, rispetto alla condizione
materiale delle persone, rispetto a tutto il tema delle pensioni,
attenderemo di capire in che modo saranno reperite le risorse per
poter avviare gli impegni indicati dal nuovo Esecutivo”.
Nel programma del nuovo governo, secondo Fracassi, “non c’è
un’idea su quello che ha significato realmente l’effetto della crisi sul
versante delle disuguaglianze sociali. Non appare nemmeno una
consapevolezza sui divari territoriali che la crisi ha messo in campo”.
“Si vuole intervenire con un’idea di riduzione delle tasse per le imprese – prosegue la dirigente sindacale –
e non si fa nessun riferimento al tema del costo e del peso fiscale su lavoratori e pensionati”. Quello della
riforma della Fornero, la famosa quota 100, è un tema non affrontato dal premier Conte nell’intervento al
Senato. Il che, per Fracassi, “è abbastanza singolare, perché è stato uno dei grandi temi agitati nella
campagna elettorale. La realtà irrompe nelle promesse elettorali. È evidente che l’intervento sulle pensioni
ha un costo, per quanto ci riguarda è una direzione verso la quale occorre andare, però probabilmente il
non aver affrontato questo indica la difficoltà a intervenire rispetto alle coperture. Noi pensiamo che, a
partire dalla piattaforma unitaria che abbiamo messo in campo sul tema delle pensioni, bisogna ripartire
con un’iniziativa e una ripresa anche del confronto, facciamo alcune proposte molto serie, ragioniamo su
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‘Nuove discriminazioni
e vecchi fascismi’

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www.sbilanciamoci.it
Nuovi corpi intermedi green crescono
Corpi intermedi nuovi a metà tra volontariato e lavoro, tra nuovo mutualismo e consumo critico, con una
sorta di individualismo altruista. Una prima radiografia nella ricerca “Alla scoperta della green
society”.
di Vittorio Cogliati Dezza
Si parla molto di dati sulla green economy, sulla crescita della raccolta differenziata, del biologico, del
cicloturismo, di imprenditori che innovano, riducendo consumo di energia e di materia, e di consumatori
che scelgono stili di vita sostenibili. Ma è solo un movimento di imprenditori illuminati e di consumatori
“rivoluzionari”, cioè di singoli individui impegnati sulla strada del cambiamento sostenibile, o c’è
dell’altro? Ovvero, c’è una dimensione comunitaria che produce società? La ricerca “Alla scoperta della
green society” nasce da qui.
E’ stato un viaggio di esplorazione, senza partire da definizioni preconcette di green society, cercando nei
territori esperienze di innovazione sociale, che producono società perché creano relazioni che cambiano i
contesti in un orizzonte di amicizia con le persone, con l’ambiente, con il futuro.
Il risultato è stato entusiasmante. Le 101 storie raccontate dal libro, come ho potuto verificare nelle tante
presentazioni fatte in giro per l’Italia, sono solo un piccolo assaggio di una società che si sta
riorganizzando, che si sta aggregando, in forme e modi diversi dal passato, con alcuni tratti distintivi
comuni.
Il primo e decisivo è che sono tutte esperienze prodotte non da iniziative di singoli ma da gruppi di
cittadini che insieme si attivano intorno ad interessi e bisogni locali, per difendere o valorizzare un bene
comune, per realizzare un progetto di partecipazione, per creare nuove opportunità di mobilità, di turismo,
di coltivazione e consumo alimentare, di riuso di spazi e oggetti, di solidarietà e accoglienza, di
produzione culturale. Spesso al di fuori delle grandi associazioni nazionali o comunque di organizzazioni
preesistenti.
Tutte queste storie si muovono nell’interfaccia tra aspetti ambientali e aspetti sociali, e se pure partono da
uno o l’altro aspetto (può essere l’accoglienza dei migranti o un intervento contro la povertà, la pulizia di
un’area verde o la riqualificazione di uno spazio o l’attivazione di una ciclofficina), finiscono sempre per
intrecciarsi (migranti coinvolti nella pulizia delle starde o nella gestione degli orti urbani, centri e mercati
del riuso che alimentano l’azione della Caritas, interventi ambientali che di fatto riducono le
disuguaglianze nell’accesso a servizi e beni comuni, ecc.).
Nascono in genere nella dimensione del volontariato, ma in alcuni casi creano le condizioni per inventare
occasioni di lavoro, per creare nuove imprese, spesso di impianto cooperativistico, e comunque
producono un fenomeno nuovo: è la domanda di nuovi stili di vita che crea mercato e lavoro. C’è una
società orizzontale che si sta aggregando, e che produce anche occasioni di economia, il cui obiettivo
principale è però un altro: la qualità delle relazioni tra persone, la condivisione di valori e azioni, il fare le
cose insieme… come in quel vasto mondo che oggi si riconosce nell’economia civile.
Ma la cosa che trovo più interessante di queste storie è la motivazione: tutti partono da una sorta di
egoismo altruistico. La motivazione che porta le persone ad agire nasce dal bisogno egoistico (se
possiamo sdoganare il termine da tutto il significato negativo che si porta appresso) di trovare innanzitutto
una propria soddisfazione personale, perché stanno meglio con se stesse, ma trovano soddisfazione e
piacere solo se lo fanno insieme ad altri e se si impegnano per la difesa e valorizzazione di beni comuni,
non per il proprio vantaggio privatistico. Da questa motivazione scaturisce non solo una nuova centralità
dell’azione comunitaria, ma anche una reazione (ed è la prima volta che la leggiamo in modo così
diffuso) all’ideologia dominante dalla fine degli anni Ottanta dell’individualismo thatcheriano (“esistono
gli individui, non la società”). E’ un primo passo verso la diffusione di una nuova antropologia
comunitaria, ed è la risposta ad un nuovo bisogno di socialità e di coesione sociale, che non deriva dagli
input di un’ideologia, di un modello calato dall’alto, ma nasce come controtendenza ad un’ideologia
dominante che ha disseminato di solitudine, rancore, paure e nuove povertà, le società industriali
dell’occidente.
D’altra parte alcune di queste storie raccontano anche di un nuovo welfare, comunitario, perché il riuso o
il recupero di cibo intervengono, in parte, sulle povertà e sulle disuguaglianze, perché nel territorio, o nei
condomini, si creano relazioni di vicinato che battono la solitudine e creano occasioni di mutuo aiuto,
perché i richiedenti asilo o le comunità straniere agiscono sul territorio come abitanti a pieno titolo che si
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