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Infolampo: Migrazioni – Antifascisti

Ue, nuove migrazioni: se aumenta la quota di lavoro
precario
L’espansione degli impieghi non-standard mostra il consolidarsi di un trend europeo le cui
caratteristiche sono la riduzione delle protezioni e forme sempre più estese di sotto-occupazione. Anche
se va detto che il processo non è così lineare
di Antonio Sanguinetti, Rps 23 aprile 2018
Il testo è la sintesi dell’articolo pubblicato nella sezione Tema del n. 4 2017 della Rivista delle Politiche
Sociali. Gli abbonati possono leggerlo qui in versione integrale. Questo è invece il link alla rubrica che
Rassegna dedica alla stessa Rivista.
I trasferimenti degli italiani all’estero sono inquadrabili alla
luce di due grandi trasformazioni: la costituzione in Europa
di una forza-lavoro “multinazionale” e il progressivo
allargamento delle fasce precarie del mercato del lavoro.
Gli spostamenti dall’Italia avvengono in un contesto di
crescita delle migrazioni interne all’Unione. L’allargamento
a Est e la crisi economica dei Paesi del Sud hanno avuto
l’effetto di aumentare gli spostamenti verso alcuni Paesi
continentali. I movimenti interni dei lavoratori hanno

radicalmente cambiato la composizione interna della forza-
lavoro, accelerando un processo già in corso di diminuzione

dei caratteri di omogeneità nazionale.
Tuttavia, in molte ricerche si tende a differenziare i
migranti provenienti dall’Est e dal Sud sulla base del livello
di istruzione: la distinzioni tra “cervelli” in fuga dalla crisi economica degli Stati meridionali e lavoratori
non qualificati provenienti dai Paesi ex sovietici si poggia su basi quanto meno inesatte. I dati
dell’Eurostat mostrano come il livello di istruzione tra i migranti originari di aree diverse dell’Unione non
sia particolarmente differente. Ne consegue che sostenere la disparità in termini di skills tra le due
componenti più che fondarsi su evidenze empiriche si basa su una discriminazione ai danni dei cittadini
dell’Est Europa, le cui qualifiche non vengono riconosciute adeguatamente dalle imprese dei luoghi di
destinazione.
I nuovi migranti si inseriscono all’interno di un mercato del lavoro europeo sempre più duale, tra una
parte sotto-occupata e precaria e l’altra, seppur in via di restringimento, che continua a mantenere i propri
diritti. Nei settori economici ad alto valore aggiunto e nelle posizioni più qualificate resitono forme di
impiego più remunerate e protette. Nel resto del mercato del lavoro vi sono spinte sempre più intense
verso forme di impiego non-standard e a maggior rischio povertà: gli zero hour contracts in Gran
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25 aprile: a Milano
manifestazione nazionale ‘Mai
più fascismi, mai più razzismi’

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Gli antifascisti di domani
Piove parecchio, è un inverno monotono e lunghissimo, quando un paio di mesi fa arrivo a Milano senza
ombrello, invitato dal collettivo studentesco del liceo Parini per partecipare a un incontro sul tema
neofascismo e antifascismo. Siamo ancora dentro la camera dell’eco della campagna elettorale,
all’indomani dei fatti di Macerata, cioè dell’omicidio di Pamela Mastropietro e della tentata strage di
Luca Traini.
di Christian Raimo, giornalista e scrittore
Nell’aula magna si sono assiepate due-trecento persone, molte con il quaderno in mano, pronte a farmi
delle domande. Le guardo, poggio su una sedia la giacca fradicia, provo ad anticiparle: qual è secondo voi
la differenza tra populismo e fascismo? Quanti di voi conoscono bene la storia di Giacomo Matteotti? Chi
mi parla di Gianfranco Fini e della svolta di Fiuggi? Poi leggo ad alta voce e scrivo alla lavagna la
definizione che dà Emilio Gentile nel suo libro Fascismo. Storia e interpretazione:
Il fascismo è un fenomeno politico moderno, nazionalista e rivoluzionario, antiliberale e antimarxista,
organizzato in un ‘partito milizia’, con una concezione totalitaria della politica e dello stato, con una
ideologia a fondamento mitico, virilistica e antiedonistica, sacralizzata come religione laica, che afferma
il primato assoluto della nazione, intesa come comunità organica etnicamente omogenea, gerarchicamente
organizzata in uno stato corporativo, con una vocazione bellicosa alla politica di grandezza, di potenza e
di conquista, mirante alla creazione di un nuovo ordine e di una nuova civiltà.
Che ne pensate? L’assemblea si accende, ragioniamo sulle sfumature, il rapporto tra violenza e politica, il
maschilismo implicito del fascismo, la questione della memoria storica. Alla fine delle due ore, le ragazze
del collettivo che l’hanno organizzato vengono da me: “Questo dibattito è un’eccezione. Qui quasi
nessuno è interessato alla politica, ci siamo noi, qualche fascista, per fortuna pochi, la lista che ha vinto le
elezioni d’istituto aveva come programma di cambiare il distributore automatico, e di comprare un
biliardino”.
Il Parini è un liceo storico del centro di Milano. Nel 1966 sul giornale scolastico, La zanzara, uscì
un’inchiesta intitolata “La posizione della donna nella società italiana”. L’episodio viene ricordato dagli
storici come una delle micce da cui si è innescata la rivoluzione culturale del sessantotto. Il pezzo fu
ripreso dai mezzi di comunicazione nazionali e internazionali: tra gli studenti stava nascendo un’onda che
di lì a poco avrebbe raggiunto ogni spazio pubblico.
Oggi invece il Parini arriva sulle pagine dei giornali perché durante una gita scolastica è stata trovata
dell’erba in una classe di quindicenni, o perché di notte alcuni laboratori sono stati devastati, con
computer spaccati e disegni di celtiche sui muri. Gli studenti vengono descritti al massimo come
scapestrati, indisciplinati, maleducati, imbelli.
Chiavi di lettura facili
La vulgata secondo cui le ragazze e i ragazzi di oggi sono disimpegnati, non sono attirati dalla politica,
sembra la chiave di lettura più facile per descrivere una generazione. È la conclusione che hanno
introiettato anche loro stessi – viene fuori quando ci parlo, prima e dopo le elezioni del 4 marzo. Nei fatti
però, altrettanto spesso, proprio coloro che si autorappresentano così, mi fanno conoscere un altro tipo di
storie che mettono in discussione platealmente questo ritratto.
Una è quella di Valeria Grassi, che ha 22 anni, è di Torino, e lunedì 19 marzo è stata arrestata – insieme
ad altri quattro ragazzi, di cui tre poco più che maggiorenni – perché partecipava al corteo contro il
comizio di CasaPound in città. Era il 22 febbraio e alla fine ci sono stati scontri con le forze dell’ordine.
A casa sua sono stati trovati 800 adesivi con la scritta “Qui abita un antifascista” – realizzati dopo che a
Pavia qualcuno dell’estrema destra ne aveva usati degli altri per indicare le case di militanti di sinistra.
Il fatto che Grassi avesse quegli adesivi a casa è diventata una prova per chi l’ha accusata di resistenza a
pubblico ufficiale. Da più di un mese è costretta all’obbligo di firma tre volte alla settimana al
commissariato di zona. Me lo ricorda lei stessa con un’alzata di spalle. Ha un tono sicuro e ironico, e idee
molto chiare su un sacco di cose, a partire dal modo in cui i giornalisti, i politici e perfino i giudici
provano a definire l’antifascismo in Italia oggi: “C’era bisogno di elezioni come queste, in cui la
polarizzazione tra fascismo e antifascismo è stata molto strumentalizzata, per compiere operazioni di
polizia del genere. La repressione è stata perfetta. Tieni conto che nelle premesse del giudice
nell’ordinanza di arresto, c’è un passaggio in cui si dice che le organizzazioni neofasciste sono
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