Da Infolampo: Negazionismo – Crescere poco lavorare tutti
Il “negazionismo” diventa un reato punito con il carcere.
Approvata la legge
Manette per chi inciterà al negazionismo o al genocidio: lo prevede la legge definitivamente approvata
dall’Aula della Camera dopo una lunga ‘navetta’ con il Senato. Spi Cgil: “Oggi è una bella giornata per
la democrazia nel nostro Paese perché finalmente la cultura del negazionismo è stata sconfitta e viene
ridata alla storia la vera verità sulla grande tragedia della Shoah e sulle violenze della stagione del
nazifascismo”.
Il testo approvato a Montecitorio prevede, in particolare, la reclusione fino ad un anno e sei mesi o la
multa fino a 6.000 euro per chi propaganda idee fondate sulla
superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a
commettere o commette atti di discriminazione per motivi
razziali, etnici, nazionali o religiosi.La reclusione andrà da sei
mesi a quattro anni per chi, in qualsiasi modo, istiga a
commettere o commette violenza o atti di provocazione alla
violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Viene,
quindi, vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o
gruppo che abbia tra i propri scopi l’incitamento alla
discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici,
nazionali o religiosi: chi vi parteciperà rischierà sei mesi a
quattro anni di prigione, che passeranno da uno a sei anni per
chi quelle associazioni promuove o dirige. Viene quindi
prevista nell’ordinamento penale la reclusione da 2 a 6 anni,
nei casi in cui la propaganda, l’istigazione e l’incitamento si
fondino “in tutto o in parte sulla negazione della Shoah o dei
crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra” come vengono definiti dallo
Statuto della Corte penale internazionale.
“Oggi è una bella giornata per la democrazia nel nostro Paese – si legge in un comunicato dello Spi Cgil –
perché finalmente la cultura del negazionismo è stata sconfitta e viene ridata alla storia la vera verità sulla
grande tragedia della Shoah e sulle violenze della stagione del nazifascismo”.
“Tutti coloro che, in Italia come in Europa, praticavano la manipolazione della storia sostenendo la non
verità di quello che è successo, sono stati sconfitti. Tali atteggiamenti e scuole di pensiero sono e
verranno puniti come un reato penale con il carcere. Così come saranno sottoposte a questa nuova legge i
personaggi che senza nessuna moralità civica proveranno ancora a istigare fenomeni e comportamenti
xenofobi, razzisti, di emarginazione di razza e di religione che vanno contro la dignità dell’uomo.E’ una
decisione importante che riscatta la storia di tanti uomini e donne innocenti che anche con il sacrificio
della loro vita hanno contribuito alla lotta di Liberazione, e alla battaglia della resistenza partigiana e della
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Camusso: difendere con serietà
il referendum sull’acqua
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Crescere poco, lavorare tutti (o quasi)
(pubblicato su L’Unità il 24/5/2016)
Per motivi demografici i paesi industriali non riusciranno a far aumentare il Pil a più del 2%, sempre
che riescano a migliorare la produttività. Le politiche italiane sono il contrario di ciò che serve per far
salire l’occupazione: basta straordinari, ridurre l’orario, incoraggiare il part-time, recuperare i ritardi
nei servizi
di Nicola Cacace
Le polemiche sulla debolezza della crescita, che nel 2015 è stata dello 0,8% sia del Pil che
dell’occupazione (+186mila) non si placano. Per un paese la cui disoccupazione giovanile è superiore al
40% ed i cui i tassi di occupazione globali (occupati su popolazione 15-64 anni) sono di 10 punti inferiori
all’Europa (ci mancano 4 milioni di posti lavoro per essere in media europea), è lecito polemizzare sulla
crescita debole, ma senza farsi illusioni.
Tutti invocano la crescita come gli stregoni invocano la pioggia, pochi ricordano che una crescita del Pil
superiore al 2%, che sarebbe necessaria per avviare a soluzione i nostri problemi, occupazionali ma non
solo, sul medio periodo, non la vedremo più. Non si avvereranno le previsione di Serge Latouche, il
teorico della decrescita, secondo cui “una crescita illimitata del Pil è incompatibile con un mondo
limitato”, ma sicuramente i paesi industriali non avranno più tassi di crescita alti, perché paesi “vecchi”
che non fanno figli ed hanno popolazione stagnate o calante e perché sarà molto alta la crescita dei paesi
emergenti, che partono da livelli più bassi. La crescita del Pil, cioè della produzione di un paese, è la
somma di due fattori, la popolazione e la produttività, cioè più braccia che lavorano e più produzione per
addetto o più produttività determinano la crescita. Per decenni il Pil mondiale è cresciuto mediamente del
3,5% l’anno grazie ad una crescita della popolazione del 2% e della produttività del’1,5%. Oggi il Pil del
mondo cresce come prima, ma con un contributo più massiccio dei paesi emergenti, che con la
globalizzazione crescono più dei paesi industriali. Infatti la crescita mondiale è stata del 3,1% nel 2015 ed
è prevista del 3,2% per il 2016 (IMF, World Economic Outlook, 2016), ma con contributi assai diversi tra
paesi industriali, che crescono dell’1,9%, e paesi emergenti che crescono più del doppio, 4%.
I paesi industriali, che sono vecchi (46 anni la nostra età media contro i 26 del mondo) e non fanno figli,
devono adattarsi ad una crescita annua media del Pil non superiore al 2%, perché manca loro
completamente la componente demografica. Sempre che siano così bravi da attivare la produttività, cioè
le potenzialità da progresso tecnico ed organizzativo, non rallentando le trasformazioni strutturale delle
loro economie, facendo gli investimenti tecnologici e di risorse umane necessari.
Chi rallenta o si oppone alle trasformazioni strutturali dell’economia, dalle produzioni materiali alle
immateriali, dall’industria povera ai servizi, crescerà ancora meno del 2% possibile, come avviene
all’Italia da un ventennio.
Dove sbaglia Latouche, il teorico della decrescita? E’ vero che in natura, alberi, animali, non esiste
crescita infinita, ma in natura non esiste neanche il fattore produttività come esiste in economia, per cui è
prevedibile che, anche con crescita demografica zero, il Pil continui a crescere sia pure con tassi inferiori
al 2%.
Perciò il problema occupazionale, che è vitale per ogni paese, deve essere affrontato indipendentemente
dalla crescita, che va promossa ma non enfatizzata.
Guardando ai paesi europei con tassi di occupazione migliori dei nostri, tutti i paesi del Nord e del
Centro, da Austria e Francia in su, si osservano alcune buone pratiche che faremmo bene a seguire, invece
di fare il contrario (agevolare gli straordinari, puntare sulla quantità, etc.) .
Più qualità delle produzioni, maggiore sviluppo dei servizi, più decisa ripartizione del lavoro, sono tre
obiettivi che l’Italia ha completamente disattesi. In Italia, Grecia e Spagna l’occupazione part time è
inferiore al 20% dell’occupazione totale mentre in Austria, Germania e Svezia è del 30%, in Olanda
addirittura del 50%. In Germania hanno abolito lo straordinario e noi lo facciamo costare meno dell’ora
ordinaria. La durata annua dei lavoratori a pieno tempo è di 2000 ore in Grecia, di 1800 ore in Italia e di
1500 in Germania, Svezia, Francia. Un 20% di orario in più significa, per l’Italia, almeno 2 milioni di
posti lavoro in meno. Altro buco occupazionale dell’Italia è nello scarso peso dei servizi, turismo, cultura,
trasporti, assistenza tecnica, istruzione, etc. Nel solo turismo, se l’Italia avesse il peso di Francia e
Germania, potrebbe recuperare almeno 500mila posti di lavoro.
Invece di fare la danza della pioggia, aspettando dal cielo una crescita necessaria, ma che non sarà mai
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