Attualità a cura di Maurizio Donini

I racconti del Venerdì – il Narratore e il Pastore parte 2

“La vidi entrare”, ricominciò a parlare il pastore, “avrebbe dovuto vederla, in mezzo quelle
ragazzine era come una pecora rossa in mezzo al mio gregge”, con la mano indicò gli ovini sparsi di
fronte a loro nel prato.
“Vada avanti, la prego”, il Narratore continuava a scrivere sul suo quaderno, la moderna
tecnologia dei registratori non faceva evidentemente parte del suo bagaglio.
“Era splendida, un’altra al suo posto sarebbe stata eccessiva, ma lei era perfetta. La rivedo ogni
giorno, una minigonna di pelle cortissima, calze nere a rete, ai piedi portava due decolleté, si
girarono in tanti a vedere come si muoveva agilmente sui tacchi. Ci sono donne che ancheggiano,
cadono, lei sembrava esserci nata”, il pastore tornò a fermarsi perso nei meandri del passato, le
rughe sembravano aumentare mentre ripescava il passato.
“Era da sola?”, chiese il Narratore.
“Esatto, arrivò al bancone e si issò su di uno sgabello, i capelli biondi caddero sulle spalle, aveva
due occhi azzurri pieni di rabbia. Le chiesi cosa potessi darle da bere, lei mi guardò poi guardò le
mensole delle bottiglie alle mie spalle”
“Cosa mi consiglia?”, chiese infine.
“Dipende per cosa deve bere”
“Sono furiosa e devo farmelo passare, qualcosa di forte?”
“Forte e di classe direi, per una donna come lei”, aggiunsi galantemente, poi presi una bottiglia di
gin e le riempii il bicchiere. Lei lo guardò, poi lo buttò giù tutto di un fiato, divenne rossa.
“Andrebbe gustato con calma”, le suggerii.
“Con calma? Lei non beve? Mi faccia compagnia, odio bere da sola”
“Non possiamo servirci dal banco”, risposi.
“Pago io, me ne dia due e uno mi insegni come si beve”, così feci.
“Buffo, era la prima volta che mi facevo pagare da una donna. Presi il mio bicchiere e ne bevvi un
sorso tenendolo in bocca per assaporarne tutto l’aroma. Così si fa, vede? Lo tenga in bocca perché
il sapore si sciolga”, le dissi. La donna mi dette retta, l’espressione le si addolcì, mi sorrise mentre
accavallava le gambe, “Dio, provi a immaginarsela, forse non fu elegante, ma non riuscivo a
staccarle gli occhi dalle cosce, quello fu l’inizio della fine”
“Ha ragione, così e tutta un’altra cosa, veramente gustoso”
“Un liquore di classe per una donna di classe”
“Non mi prenda in giro”
“Posso chiederle cosa ci fa una donna come lei qui?”
“Non è detto che le risponda, ma può provarci”
“Posso provarci?”, ammiccai. Lei rise, era bellissima.
“Non sia sciocco, provarci a chiedermelo, potrebbe essere mio figlio”
“Ma non lo sono”, risposi riempiendo nuovamente i bicchieri, “quindi com’è che si trova qui?”
“Mio marito mi ha fatto veramente infuriare stasera”, l’espressione si rabbuiò, evidentemente a
ripensarci la rabbia le saliva, “dovevamo uscire a cena, un’occasione fissata da tempo, con i miei
parenti, una di quelle cose che se non ti presenti fai una figuraccia, poi ci tenevo, e lui sapeva
quanto ci tenessi. Mi ero andata a comprare un abito appositamente per la serata”
“Immagino non fosse quello che indossa adesso”, le dissi sorridendo mentre riempivo i bicchieri
per la terza volta.
“Mi vuole fare ubriacare?”, mi chiese con tono divertito, “Già qui fa un gran caldo”, aggiunse
aprendosi il chiodo di pelle.

“Vidi che sotto indossava un top di pelle, era la donna più sexy che avessi mai visto. Vestita sexy,
ma con la maturità di una donna nel pieno della vita, d’altronde aveva un fisico perfetto”
“No, no, mio marito arriva e dice che è stanco, aveva lavorato tanto, poi era andato a correre. A
correre? Ma santo cielo, dobbiamo uscire a cena e vai a correre? Va bene, ma poi mi dici che per
questo non usciamo più? Io pensavo stesse scherzando, lo facesse per gioco, no, lo stronzo non
voleva più uscire, quando me ne sono resa conto non ci ho più visto. Se fossi andata da sola
sarebbe stato peggio. Ho telefonato avvertendo, adducendo un improvviso malanno della baby-
sitter, poi l’ho guardato e ho visto la sua espressione soddisfatta. Quella è stata la goccia che ha
fatto traboccare il vaso!”
“Ha anche dei figli?”
“Due”
“Non si direbbe”, replicai riempiendole il bicchiere, lei mi sorrise guardandomi complice, “ma mi
racconti, così è saltata la serata?”
“Mi sono tolta l’abito nuovo e l’ho gettato sul letto, poi ho aperto l’armadio, intanto gli stavo
dicendo di tutto”, rise, “sei proprio uno stronzo, vuoi dormire? Resta pure a letto, ma io esco e
vado a divertirmi, ho guardato dentro e ho trovato queste cose, penso di non averle mai messe,
ma volevo farlo schiattare. Se non sai apprezzarmi guarda cosa ti perdi, più o meno è quello che ho
pensato, capisce cosa intendo?”
“Perfettamente, suo marito è stato veramente orrendo, se posso permettermi, ma mi lasci dire
che vestita così è veramente straordinaria”, la donna mi sorrise condiscendente.
“Dica pure eccessiva, non ci sarei mai uscita così se non gliela avessi voluta fare pagare, volevo si
rodesse a casa”
“Suo marito non sa cosa si è perso”, lei iniziò a cercare nella borsetta, poi fece un’espressione
corrucciata.
“Per caso ha una sigaretta? Le ho lasciate a casa, vede cosa fa la rabbia e la fretta? Non so cosa
darei per fumare adesso”
“Qui dentro non si può fumare, ma devo fare pausa, se vuole uscire un attimo gliela do io,
comunque la bottiglia è finita”, conclusi ridendo.
“Grazie”
Mi girai verso la collega che lavorava con me e l’avvertii che andavo in pausa, poi uscimmo mentre
le tenevo una mano sulla schiena, il solo tocco mi trasmetteva una scossa elettrica in tutto il
corpo. Le tenni aperta la porta e uscimmo in strada, a quell’ora di una notte feriale era deserta,
solo luce di un lampione portava chiarore, il tutto aveva un’atmosfera affascinante, ma io oramai
ero perso. Tirai fuori il mio pacchetto e gliene porsi una.
“Grazie”, mi rispose, poi la guardò meglio, “ma mi scusi, è una canna?”
“Non fumo le sigarette, la nicotina ti ammazza, questa è buonissima e non fa male, è leggera non
si preoccupi”. Lei la rigirò tra le dita fissandola.
“Una canna? E’ la prima volta, ma d’altronde stasera pare che tutto succeda per la prima volta, mi
faccia accendere”
Restammo in silenzio per un poco, “E’ buonissima questa roba, mi sento molto bene, grazie”
Mi avvicinai a lei, “Grazie a lei, ha reso questa notte indimenticabile”, le dissi, ora eravamo con i
nostri corpi a contatto.
“Lei mi fissò, poi come in sogno vidi le sue labbra avvicinarsi alle mie, quando mi baciò fu come
una frustata, la cercavo con le mani, sentii la rete delle sue calze, poi le aprii il chiodo e la bacia

sotto al collo, lei emise un piccolo ansito, non ci vidi più, era tutto troppo bello”, il pastore tornò a
fermarsi, perdendosi tra i ricordi e le vallate che avevano di fronte.
Il Narratore continuò a scrivere velocissimo, le sue mani si muovevano in modo quasi irreale
vergando parole su parole, frasi concatenate, senza mai fermarsi o correggere un errore.
“Una storia appassionante”, disse, “vada avanti”.
L’uomo si riscosse come da una trance e riprese a parlare, “La presi per mano e lei mi venne dietro
senza porre resistenza, aprii la porta di servizio che portava nei locali di servizio, percorremmo il
corridoio ed entrammo nel piccolo bagno per i dipendenti che avevamo nel retro. Il gin, il fumo,
tutto si era mescolato nei nostri corpi, le tolsi il chiodo e lo gettai a fianco, poi le sfilai il top di pelle
mentre lei mi apriva la camicia, vidi il suo reggiseno e mi tuffai suoi seni come se non ci fosse
domani”, gli occhi del pastore lanciavano lampi, per quanto erano stati spenti fino a quel
momento ora parevano quelli di un adolescente. “Le sollevai la gonna mentre lei mi faceva cadere
i pantaloni a terra e facemmo l’amore selvaggiamente”, tacque, “ricordo tutte le posizioni che
riuscimmo a provare in quello spazio angusto”.
“Grazie”, mi disse mentre raccoglieva i suoi abiti, era rossa in viso, ma aveva un’espressione felice.
In quel momento la mia collega mi chiamò, era finita la pausa, non potevamo farci trovare lì,
“Aspetta, non sparire! Le chiedo tempo e torno subito”, le dissi mentre uscivo e andavo al
bancone. “Dissi alla mia collega che non stavo bene e avevo bisogno di riposarmi ancora un poco,
tornai nel retro, ma lei non c’era più. Corsi in strada, ma era deserta, percorsi le vie laterali in
lungo e largo, non sapevo nulla di lei, nemmeno il nome, non avevo maniera di trovarla. Ero
disperato, tornai al lavoro distrutto, in poco tempo ero salito in Paradiso e sceso all’Inferno senza
nemmeno passare dal Purgatorio”, il silenzio cadde come una lastra di marmo su di loro, gli occhi
del pastore si spensero, le palpebre si abbassarono.
Anche il Narratore si fermò, ripose le mani in grembo e attese, poi ruppe il silenzio, “Non l’ha mai
più rivista?”
“La cercai ovunque”, rispose il pastore, “chiesi dappertutto, guardai nei social, nulla di nulla, non
mangiavo quasi più, dormivo pochissimo, speravo sempre di vederla riapparire. Quando non
lavoravo andavo in giro, centri commerciali, guardavo dalle vetrine dei ristoranti, niente, era
sparita come era apparsa. Intanto ogni giorno mi pesava come un mese, invecchiavo senza
rendermene conto. Poi un giorno successe, ero al bancone quando la vidi entrare”.
“Davvero? Racconti!”
“Era con il marito e i due figli, i capelli raccolti, un abito normalissimo, non aveva niente della
donna che avevo conosciuto, per un attimo mi chiesi se fosse veramente lei, ma non potevo
sbagliarmi. Mi presi l’incarico di servirli, mi avvicinai al tavolo con il cuore che batteva a mille, mi
immaginavo di tutto, e invece niente.”
“Come niente?”
“Fu come se non ci fossimo mai conosciuti, ordinarono, rimasero al tavolo per tutta la cena, non
ebbi mai l’occasione di scambiarci una parola da soli. Vidi che stavano bene, l’atmosfera era
serena, non avevano lasciato nomi e pagarono in contanti, come se fossero capitati lì per caso, e
forse era così. Magari il marito aveva scelto il nostro locale per caso. In seguito cercai ancora e
ancora, ma non ci fu più nulla da fare. Caddi sempre più in basso, lasciai il lavoro, gli amici, le
donne, venni a rifugiarmi qui dove ho trovato la cosa più simile alla pace che potessi immaginare”.

Il Narratore concluse la sua frenetica scrittura, poi porse il quaderno al pastore facendogli fare una
firma in calce, appose anche lui la sua sigla a suggello e si alzò.
“Devo rientrare, una storia dolorosa che ha regalato momenti bellissimi però restano molte
domande irrisolte, ma trovare risposte non è compito del Narratore. La ringrazio del tempo e della
storia”, ripose tutto nella sua borsa di pelle nera, la prese in mano e senza aggiungere altro riprese
il sentiero in direzione opposta, scendendo verso valle.
Alle sue spalle il pastore chiuse gli occhi per l’ultima volta nella sua vita, e finalmente raggiunse la
pace che tanto aveva agognato.
MAURIZIO DONINI