STOP A TRATTATIVE PER IL RINNOVO CCNL LEGNO
Ancona, 12 agosto 2020 – La decisione da parte di Feneal-Uil
Filca-Cisl Fillea-Cgil di proclamare lo stato di agitazione dal 5
agosto è arrivata dopo la rottura delle trattative con
Federlegno per il rinnovo del CCNL scaduto il 31 marzo del 2019
che interessa 150 mila lavoratori in tutta Italia, di cui oltre
25000 nelle Marche e dopo uno sciopero generale fatto il 21/02.
La proclamazione si è determinata dopo l’incontro del 5 agosto
quando Federlegno ha deciso di abbandonare il tavolo della
trattativa perché secondo loro non c’erano più le condizioni per
proseguire la trattativa. Questa scelta irresponsabile e
gravissima di Federlegno, oltre a lasciare 150 mila lavoratori
senza contratto da un anno e mezzo, viene dopo 14 incontri svolti
in 14 mesi di trattativa in cui, come sindacato, abbiamo sempre
cercato di trovare soluzioni condivise alle problematiche del
settore ed alle esigenze delle imprese. Fillea-Filca-Feneal
valutano insufficiente la proposta arrivata sia nella parte
normativa che nella parte economica.
Queste proposte denotano, da parte di Federlegno, un
comportamento ripiegato su una traiettoria di sviluppo del
settore poco attenta all’innovazione e alla qualità del prodotto,
con una scarsa propensione agli investimenti sulle persone e
soprattutto al sostegno delle imprese più serie e competitive.
Feneal-Uil Filca-Cisl Fillea-Cgil sono convinte da tempo che per
vincere la sfida della competizione globale, specialmente dopo il
COVID, le aziende italiane del mobile e dell’arredo devono
puntare sulla qualità del prodotto e dell’innovazione, questo
vale sopratutto per il nostro distretto marchigiano del mobile.
Lo stato di agitazione si cala in un contesto e in una
congiuntura che può leggersi in chiaroscuro. Finita emergenza
COVID tireremo le somme, però ad oggi, se è innegabile che tante
aziende sono in affanno e hanno chiuso i battenti, è pur vero che
tante altre, specialmente quelle che lavorano con export (Cina e
Russia in primis), hanno ripreso clienti e fatturati, anche per
la riconferma dei vari bonus fiscali.
E’ vero che le Marche sono eterogenee ed è vero che il quadro è,
in parte, differente da provincia a provincia; tuttavia il
settore, superata la grande crisi, da’ qualche tangibile segnale
di ripresa. Alcuni dati posso darci una mano a capire meglio gli
andamenti. In particolare nel settore si assiste ad una forte
“polarizzazione” tra grandi gruppi che crescono e piccoli che
soffrono maggiormente
Le aziende del settore erano 2266 nel 2017 e sono 2133 nel 2019.
Gli addetti del settore erano 25613 nel 2017 e erano 25352 nel
2018, quindi sostanzialmente stabili. Va detto, guardando dentro
il dato, che il numero delle medie e grandi aziende sono
sostanzialmente invariate, crescono addirittura quelle tra 20 e
49 addetti, mentre calano tra le piccole (fino a 5 dipendenti).
Le imprese del mobile marchigiano producono un giro d’affari che
nel 2017 ha svalicato i 3 miliardi di euro, in crescita dell’1,2%
rispetto ad anno precedente.
Prova ulteriore sarebbe che le ore di cassa integrazione
dell’ultimo trimestre 2019 (che, se vogliamo, evidenzia un trend)
sono 133543 contro le 294953 del 2018, facendo registrare un –
120% su ultimo trimestre 2018. I dati dei due trimestri
successivi, che sicuramente risentono del COVID, evidenziano una
performance del settore migliore degli altri del manifatturiero,
pur nelle difficoltà.
Purtroppo però le retribuzioni medie del settore non sono ancora
aumentate, esse sono sostanzialmente stabili anno su anno (22366
euro nel 2018) e comunque sono mediamente più basse di quelle di
altri comparti industriali tipo il settore metalmeccanico,
lapideo (CCNL rinnovato di recente), chimico o i trasporti; e
questo pone un grande tema salariale che che ne pensino le nostre
controparti. Un settore sostanzialmente povero e poco
attraversato dalla contrattazione di secondo livello se dovessimo
scattare una fotografia: in tutta la Regione si contano circa 12
accordi (tutti in grandi/grandissime aziende), in questo quadro è
facile capire quanto importante e quanto valore possa avere il
CCNL.
Le nostre controparti ci chiedono una maggiore flessibilità nel
settore, ma va loro ricordato che, almeno nelle Marche, già ci
sono circa il 15% di rapporti di lavoro part-time, ad essi si
aggiungono gli interinali, che sono in costante crescita (+56%
dal 2016 al 2019), ma anche un 12,4% di lavoratori a tempo
determinato (nel 2016 essi erano solo il 9%). A riprova che in
questo e in altri settori nelle Marche il lavoro è già
sufficientemente precario e “sfarinato”: nelle nella nostra
regione, nel 2018, il 90% dei nuovi contratti attivati è a tempo
determinato o interinale.
Un’attenzione particolare, nel CCNL, andrebbe riservata anche al
tema salute e sicurezza: il dato degli infortuni purtroppo è
tornato a crescere del 5,4% 2019 su 2018 con un aumento degli
stessi di 24 unità (469 a 445).