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Infolampo: Pensionati – Diritti

Pensionati arrabbiati. “Il governo ci chiede indietro 100
milioni”
Carta canta. Si chiama “debito per il ricalcolo della pensione”. È una delle voci del cedolino delle
pensioni di giugno. Accanto c’è una cifra col segno meno. Un vero e proprio furto per tanti anziani che,
per colpa del nuovo meccanismo di perequazione, si stanno vedendo decurtate dalla propria pensione
cifre piuttosto significative. Lo denunciano a gran voce i sindacati dei pensionati di Cgil, Cisl e Uil che
anche per questo scenderanno in piazza sabato 1° giugno a Roma.
Sulla pagina Facebook dello Spi Cgil da qualche giorno si stanno affollando gli amari commenti di tanti
pensionati arrabbiati che chiedono giustizia. “Hanno sbagliato i conti. Sono oltre che incapaci anche
incoscienti. E sempre sulle spalle dei più deboli”, scrive Loretta. Un’altra pensionata dice “i pensionati
non sono il bancomat del governo”.
Ma vediamo precisamente di cosa si tratta. Dal 1° aprile è entrato in vigore il nuovo meccanismo di
rivalutazione delle pensioni introdotto dall’ultima legge di bilancio. In questo modo il governo riduce la
pensione a 5,5 milioni di pensionati per un totale di 3,5 miliardi di euro in tre anni. Si va da una perdita di
44 euro per chi ha una pensione da 1.200 euro al mese fino a oltre 1.500 per chi ne ha una da 2mila. Si
tratta di un vero e proprio taglio anche se il governo ha più volte detto che non era vero, che si trattava
solo di pochi spiccioli e che i pensionati erano degli avari.
Inoltre, da giugno scatterà il conguaglio. I pensionati dovranno cioè restituire una parte della rivalutazione
che hanno ricevuto da gennaio fino a marzo, che era stata calcolata con un altro meccanismo di
rivalutazione. Ed è proprio al conguaglio che si riferiscono i commenti arrabbiati di tanti iscritti, e non, al
sindacato che denunciano questa ennesima beffa ai danni dei pensionati. Renato dice: “Perché’ i soldi non
li vanno a prendere dagli evasori?”. E Patrizia rincara la dose: “Si gioca sull’ignoranza delle persone. Ma
noi siamo bene informati”. Un’altra pensionata denuncia: “A me hanno già fatto il conguaglio. Circa 15
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www.voxeurop.eu/it
La vera democrazia europea comincia con pari diritti per
tutti
Se vogliamo trasformare il mercato unico in una vera democrazia abbiamo bisogno di una costituzione
che garantisca pari diritti a tutti i cittadini europei. Sarà questo uno dei compiti principali del nuovo
parlamento europeo, afferma Ulrike Guérot.
di Ulrike Guérot for VoxEurop
Queste elezioni europee sono le elezioni dei cittadini europei: in tutto il continente organizzano
manifestazioni (European may e #oneEuropeforAll), preparano viaggi e carovane (come fanno i ragazzi
di European Alternatives), offrono ai giovani biglietti inter-rail gratuiti, scrivono manifesti e programmi
(VoxEurop, EuropaNow!, il Gruppo del 9 maggio e altri, creano partiti e liste transnazionali (Volt,
DiEM25, European Spring). O si ritrovano, come fanno i sostenitori di PulseofEurope, nelle piazze delle
città ogni domenica alle due del pomeriggio per parlare d’integrazione europea.
Su internet c’è chi distribuisce passaporti europei virtuali, come il gruppo rock austriaco Bilderbuch e il
comico tedesco Jan Böhmermann. In vista del voto del 26 maggio, insomma, la mobilitazione è senza
precedenti. E sembra funzionare: il 59 per cento dei polacchi e il 69 per cento dei tedeschi dicono di voler
andare alle urne, rispettivamente il doppio e il 20 per cento in più rispetto al voto del 2014. Mai la
Commissione europea aveva speso tanto per tavole rotonde e confronti, e mai c’erano stati tanti dibattiti
sui vantaggi e i problemi dell’Unione. E non si è mossa solo la Commissione: non c’è fondazione, partito,
comune, università, sindacato, facoltà o istituto che negli ultimi mesi non abbia organizzato una
discussione sull’Europa. Non abbiamo mai saputo tanto su quello che gli europei vogliono davvero.
Quando, a marzo, il presidente francese Emmanuel Macron ha pubblicato la sua proposta di riforma
dell’Unione sotto forma di lettera sulle pagine di 28 giornali europei, non si è rivolto alla cancelliera
tedesca Merkel, al segretario generale della Commissione Matthias Ruete o al premier austriaco Sebastian
Kurz. Ha indirizzato la sua lettera direttamente alle cittadine e ai cittadini europei.
La riscoperta, o meglio il tardivo riconoscimento del ruolo cruciale dei cittadini nella costruzione europea
è una novità. I veri padroni del sistema sono i cittadini, non gli stati. Il voto del 26 maggio segna quindi
un cambio di paradigma: se il concetto di Stati Uniti d’Europa riguarda l’integrazione di stati sovrani,
parlare di cittadini europei richiama direttamente il tema della democrazia. La differenza è cruciale,
perché finalmente il progetto europeo è nelle mani dei cittadini.
Qualcuno ricorderà le parole di uno dei padri fondatori del progetto europeo, Jean Monnet: l’Europa non
è un’integrazione di stati, ma un’unione di cittadini. Nell’Europa del 2019 a quanto pare lo abbiamo
finalmente capito. Ed è una cosa positiva, nonostante la minaccia nazionalista e populista al sistema
europeo e a diverse democrazie del continente. Oggi l’Europa subisce l’attacco delle forze identitarie, ma
i cittadini che si battono per difenderla sono sempre di più.
È per questo che le statistiche sull’Europa vanno lette in prospettiva: secondo un articolo del Guardian, la
maggioranza degli europei oggi è convinta che l’Unione non sopravvivrà oltre il 2040. Come spiegano il
Consiglio europeo delle relazioni internazionali e YouGov, solo il 24 per cento dei cittadini sostiene che
l’Unione vada bene nella sua forma attuale. E il 62 per cento è estremamente critico sia verso l’Europa sia
verso il proprio paese. Ma tutte queste statistiche non dicono che i cittadini non si sentono europei, né che
non possano volere più Europa, anche se di un altro tipo. Non amare l’Unione europea nella sua forma
attuale non significa rifiutare l’Europa. Significa invece che la maggior parte degli europei vuole
un’Europa diversa, più sociale e democratica.
Su una scala da 0 a 10, la maggioranza degli europei dà all’Unione un voto pari a 5: troppo alto per
decidere di uscirne, troppo basso per esserne soddisfatti. La vera domanda è come far diventare quel
cinque un dieci. Il mio suggerimento è: prendere sul serio i cittadini europei, fidarsi del loro europeismo,
lottare per la parlamentarizzazione del sistema politico e infine capire davvero cosa vuol dire essere
“cittadini europei”.
Condividere la cittadinanza europea significa molto di più che nutrire simpatia per gli altri europei,
apprezzarne la cultura e sottoscriverne i valori. Essere cittadini significa prima di tutto avere gli stessi
diritti. Se si prende sul serio l’idea di cittadinanza europea, pensare all’Europa futura dal punto di vista
dei cittadini porta inevitabilmente alla richiesta di un nuovo processo costituzionale.
Quel che dovremmo immaginare è una democrazia europea che applichi il seguente principio: i cittadini
sono i padroni del sistema politico, sono uguali di fronte alla legge, il parlamento ha potere decisionale e
Leggi tutto: https://voxeurop.eu/it/2019/27-voices-europe-european-union-5123310