LA SICUREZZA SUL LAVORO, L’INCREMENTO DEGLI IMMIGRATI, I RICHIAMI DI MATTARELLA
di Giorgio Girelli *
Rilevava il quotidiano “Avvenire” nel febbraio dello scorso anno:”Di
solito si vede molta enfasi, nella comunicazione mediatica, sulla
nazionalità degli autori di reati, quando sono immigrati, mentre
subentra una strana afasia quando immigrate sono le vittime del
lavoro”. Tema che amplia, quello dei numerosi morti stranieri, le
riflessioni sollecitate dalla celebrazione della 75^ “Giornata
nazionale per le Vittime degli incidenti sul lavoro” in
questo periodo tanto tragico, ben evidenziato peraltro dal
manifesto rievocativo della Giornata. E che comporta l’attenzione
delle diplomazie e delle autorità dei Paesi di provenienza.
Alla fine del 2024 sono state 1.090 le vittime sul lavoro in Italia (49
in più rispetto a dicembre 2023). Di queste, straniere ben 227. Le
denunce di infortunio in occasione di infortuni sul lavoro
ammontano a 388.87 per gli italiani, mentre se ne registrano
101.849 per gli stranieri.
Da gennaio ad agosto 2025 si contano 148 vittime straniere, su un
totale di 681; 108 sono deceduti in occasione di lavoro e 40 in
itinere. Il rischio di morte sul lavoro per i lavoratori stranieri risulta
essere più che doppio rispetto a quello per gli italiani. Infatti, gli
stranieri hanno 43 morti ogni milione di occupati, contro i 18 italiani.
Se 2,4 milioni d’immigrati lavorano regolarmente in Italia, e
parecchi altri ne servirebbero stando alle richieste del mondo
imprenditoriale, è perché la nostra economia ha ancora
largamente bisogno di questo tipo di lavoratori, tenuto conto che i
giovani italiani rifiutano di accedere, ad esempio, ad un cantiere
edile.
Ora nella linea del governo c’è la tendenza a favorire nuovi
ingressi di lavoratori immigrati, anche per la spinta di istanze
imprenditoriali. Ciò comporta – come è stato rilevato – una verifica
delle condizioni in cui verranno impiegati i nuovi arrivati, della
formazione anti-infortunistica nonché della vigilanza sul rispetto
delle norme di sicurezza. Da non trascurare l’istruzione linguistica,
le condizioni abitative che indirettamente possono incidere sugli
infortuni sul lavoro. Ed in questa direzione concreti passi avanti
dal governo sono stati fatti con il provvedimento sulle
Disposizioni urgenti in materia di ingresso regolare di lavoratori e
cittadini stranieri, nonché di gestione del fenomeno migratorio”
(D.L. 3.10.2025 n.146). Le disposizioni, in vigore dal 4 ottobre,
oggetto di un accurato dossier contenente approfondite schede di
lettura redatte dai valenti funzionari e documentaristi dei servizi
Studi di Senato e Camera, prevedono tra l’altro il riconoscimento
ai titolari di permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale e
vittime di violenza domestica la possibilità di beneficiare
dell’assegno di inclusione; consentono, in deroga ai limiti del testo
unico sull’immigrazione (d.lgs. 22 luglio 1998, n. 286), l’ingresso e il
soggiorno di lavoratori stranieri, entro il numero massimo di 10.000
annui, da impiegare nel settore dell’assistenza familiare o
sociosanitaria a favore di persone con disabilità o per la cura di
“persone grandi anziane”; puntualizzano il diritto all’integrazione,
consistente nella predisposizione degli strumenti idonei per
garantire anche agli stranieri, per quanto è possibile, gli stessi diritti
dei cittadini per rimuovere gli ostacoli al loro esercizio e per favorire
l’ inclusione nella società; viene poi stabilizzata l’operatività del
Tavolo – che si apre anche agli enti religiosi civilmente riconosciuti –
per il contrasto al caporalato e allo sfruttamento lavorativo in
agricoltura e consentito l’accesso al Fondo per la lotta al
reclutamento illegale della manodopera straniera. Ne sarebbe
dunque contento Max Frisch, nato a Zurigo nel 1911, considerato
spirito critico del Novecento e tra i massimi scrittori e drammaturghi
di lingua tedesca, il quale ammoniva, a proposito di immigrati, che
unitamente alle braccia – lo ricorda, sempre su Avvenire,
Maurizio Ambrosini – arrivano le persone, con bisogni, aspirazioni
e diritti.
Occorre Comunque una forte solidarietà con tutti i lavoratori
ed una presa di coscienza collettiva – come rileva il presidente
ANMIL di Pesaro Fausto Luzi – e un impegno concreto per porre
fine a una strage silenziosa.” Ed il prezioso lavoro dell’ANMIL deve
essere accompagnato dal fattivo interesse di entità private e
pubbliche. Negli incontri ANMIL a cui tante volte ho avuto il piacere
di partecipare si deploravano certo gli incidenti mortali ma il loro
numero non era tale da oscurare le tematiche relative al
miglioramento delle condizioni degli infortunati, sulle quali
soprattutto si concentrava l’attenzione. Ora il quadro si
è tragicamente rovesciato per il soverchiante ed incredibile numero
di decessi. E pensare che già due anni fa, in occasione dell’avvio
del corso di formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, il
presidente della Repubblica Mattarella ammoniva: Le morti sul
lavoro feriscono il nostro animo. Feriscono le persone nel valore
massimo dell’esistenza: il diritto alla vita. Feriscono le loro famiglie.
Feriscono la società nella sua interezza. Non è tollerabile perdere
una lavoratrice o un lavoratore a causa della disapplicazione delle
norme che ne dovrebbero garantire la sicurezza sul lavoro. La
cultura della sicurezza deve permeare le Istituzioni, le parti sociali, i
luoghi di lavoro.
Insomma occorre una mobilitazione globale che veda coinvolti
datori di lavoro nello scrupoloso rispetto delle regole, lavoratori
consapevoli dei rischi e attenti a non commettere imprudenze,
l’intera collettività presente e reattiva dinanzi alle esigenze della
sicurezza.
*Coordinatore Centro Studi Sociali “A. De Gasperi”
e Socio Onorario ANMIL