Politica

Concretezza e disponibilità di Giulio Andreotti

di Giorgio Girelli*
“Nella vita politica mi sono sempre ispirato alla difesa dei più deboli, nutrendo
una personale allergia per ogni forma demagogica”. Parole di Giulio
Andreotti, di cui ricorrono i dieci anni dalla scomparsa, che sintetizzano il
senso della sua lunga esperienza di parlamentare e di statista. Sette volte
premier e ventisette ministro. E non a caso “Concretezza” era la rivista da lui
fondata, e per lunghi anni diretta. Come concreta è stata la sua opera a
sostegno del progresso e della democrazia in Italia. Iniziò il suo servizio al
Paese da giovane sottosegretario alla presidenza del consiglio con De
Gasperi occupandosi efficacemente dei profughi giuliani. Con apposite
disposizioni legislative ridette vita al cinema italiano. Tra l’altro, in seguito,
con lui a capo del governo venne istituito il Sistema sanitario nazionale.
Convinto assertore della pace vedeva nel dialogo, nella mediazione le chiavi
della convivenza internazionale. Con me ha spesso sottolineato l’importanza
della Unione interparlamentare ( Inter-Parliamentary Union, IPU)
l’ organizzazione internazionale composta da membri di circa 180 Parlamenti
nazionali. Questa sede infatti consente proficui contatti anche tra esponenti
politici appartenenti a Stati che non hanno relazioni diplomatiche. Fu punto
di riferimento – come osserva Avvenire – per il dialogo in tante situazioni
difficili: Palestina, Libano, Siria, Paesi del Nord Africa, Cina, Vietnam. Del
resto le sue straordinarie capacità si rivelarono anche quando nel 1990 isolò
in seno al Consiglio Europeo la Thatcher. Già nel 1989 nel corso della visita
di stato di Andreotti a Londra erano emerse divergenze sul futuro dell’Europa.
La Thatcher riteneva che ci si dovesse limitare al mercato unico. Il presidente
del consiglio italiano premeva invece per l’integrazione europea a cominciare
dalla unione monetaria. L’anno dopo si tenne a Roma il Consiglio Europeo
essendo italiana la presidenza di turno. Margareth Thatcher , assolutamente
ostile alla moneta unica, giunse a Roma con la convinzione che sarebbe
stata la linea britannica a prevalere. Invece furono tutti d’accordo con la
strategia di Andreotti ed i britannici, come noto, non aderirono all’euro. Il
sapiente lavoro diplomatico di Andreotti costrinse la premier inglese a
tornare in patria da sconfitta.
Ma sarebbe troppo lungo enumerare le sue realizzazioni perseguite senza
retorica, senza rivendicare meriti personali, distante dalla vacuità o dalla
malizia del cinguettio di coloro che, con pretesti futili, avrebbero voluto

incrinarne l’immagine. Ne fanno giustizia le considerazioni in suo favore di
Emanuele Macaluso, fonte certamente non sospetta. Oltre ai responsi della
magistratura.
Personalmente ho avuto modo di “vederlo da vicino” soprattutto quando è
stato senatore a vita. Frequentava con grande assiduità i lavori della
Commissione esteri e della Assemblea del Senato, svolgendo interventi che
non di rado riscuotevano consensi unanimi. Perché tanto lavoro? “Un modo
per sentirsi in vita”, mi diceva. Giungeva al suo ufficio di Palazzo Giustiniani,
si toglieva la giacca e indossava un leggero pullover blu. E trascorreva,
instancabile, alla scrivania l’intera giornata. Era aperto a tutti. Un giorno mi
intrattenne per quasi due ore raccontandomi come, agende alla mano, le
accuse che gli muovevano a Palermo erano senza riscontro o basate su
equivoci. Ma non si trattava di un riguardo personale. A suo tempo l’amico
Corrado Tecchi, dirigente DC di Fano, mi disse che, senza particolari
difficoltà, riuscì a farsi ricevere da Giulio Andreotti, al tempo ministro degli
esteri. E anche lì il colloquio fu assai lungo.
Del resto anche quando ricopriva incarichi istituzionali di rilievo era sua
attitudine rispondere di persona ad ogni messaggio o biglietto augurale che
gli pervenisse anche per le festività. Come capitò di constatare ad Arnaldo
Forlani che, avendogli fatto visita appunto in periodo natalizio, lo trovò con la
scrivania ingombra di biglietti e lettere, intento, penna alla mano, a fornire ad
uno ad uno riscontro. Ricordo bene la visita che egli effettuò nel 2002 a
Pesaro. Accettò un invito rivoltogli congiuntamente dal Centro studi sociali
“De Gasperi” e dal Rotary club “Pesaro Rossini”. Andammo ad accoglierlo a
Falconara, alla stazione ferroviaria. Viaggiava con la signora in treno. Niente
auto blu. Poi ci fermammo per la colazione a Calcinelli, ospiti di un amico. Ma
il primo gesto fu una telefonata di riguardo a Forlani. C’è da restare stupiti per
il garbo con cui tali personaggi allora mantenevano i loro rapporti personali
nonostante le dure vicende politiche (il mancato appoggio a Forlani per la
Presidenza della Repubblica) che li avevano coinvolti. Dopo la conferenza
pomeridiana (presente Forlani) all’auditorium di Palazzo Antaldi, Andreotti la
sera parlò a lungo agli amici del Rotary in una sala enorme ma affollatissima
dell’Hotel Flaminio su “L’Europa degli europei” approfondendo temi quali
democrazia, progresso e pace, cardini della sua politica.
Gli venne regalata dal Club “Rossini”, in finale di incontro a tarda sera, una
scultura del compianto e bravo Gentiletti, in cui erano raffigurate “lettere
misteriose dall’antico oriente”. Ciò fu il pretesto per una ulteriore domanda da

parte di uno degli ospiti. Pensavamo fosse stanco, anche perché aveva avuto
una giornata impegnativa. Riprese la parola e, sostanzialmente, fece
un’ulteriore, accurata esposizione, questa volta sui problemi del Medio
Oriente. Che conosceva come nessun altro, avendo preservato buoni rapporti
con gli arabi, evitato attentati in Italia e nel contempo avere sempre goduto –
prodigio diplomatico – la piana fiducia degli americani.
E si fecero le ore piccole. Ma per il mattino successivo, giorno feriale, chiese
di assistere alla Messa. Arrivò in Duomo alle 7,30 , e raggiunse la cappella
di San Terenzio nella cattedrale dove ebbe luogo la funzione. Poi una sobria
colazione al bar della attigua piazza Collenuccio e partenza per Roma. Ai
funerali Gianni Letta disse che, una volta dissolta la polvere della cronaca e
delle polemiche, la luce della storia avrebbe reso giustizia su quanto ha fatto
Andreotti per la nostra Repubblica.
*Coordinatore Centro Studi Sociali “A. De Gasperi”
Nella Foto: Giulio Andreotti con i soci del Club “Pesaro Rossini”