News ItaliaUltimissime Notizie

Infolampo: Riformismo – Immigrazione

Il riformismo come orizzonte culturale
Con il loro libro, “Guardare al futuro, la politica contro l’inerzia della crisi”, Giuseppe Amari e Maria
Paola Del Rossi ci vogliono indurre a riflettere sulle ragioni che spinsero Roosevelt alla definizione del
progetto strategico noto come New Deal
di Roberto Schiattarella
“Guardare al futuro, la politica contro l’inerzia della crisi”. Con questo libro (edito da Castelvecchi)
Giuseppe Amari riprende il suo viaggio, in compagnia questa volta di Maria Paola Del Rossi, tra i
materiali del “riformismo”, tornando in qualche modo alle
origini di quella cultura. Al centro di questo nuovo volume
troviamo il libro “Guardare al futuro”, pubblicato per la
prima volta nel 1933, in cui F. D. Roosevelt spiega le ragioni
che stanno a monte delle politiche d’intervento e le strategie
perseguite.
Un libro che (come dimostra la tempestiva traduzione in
Italia, seppure in una versione tendenziosa, tesa cioè ad
assimilare strumentalmente quell’esperimento al sistema
corporativo fascista) suscitò immediatamente un largo
interesse. Un interesse giustificato peraltro dal fatto che in
quelle pagine è possibile cogliere in pratica tutti gli elementi
di novità del New Deal.
Nel volume, accanto al libro, sono raccolti un insieme di
documenti, come le lettere di Keynes al presidente
americano, e di saggi, in primo luogo di Federico Caffè, che
ci aiutano a capire i tratti distintivi di quell’esperienza. Un’esperienza assolutamente straordinaria in cui
la politica non solo ha preceduto la cultura economica, ma si è dimostrata capace di elaborare un radicale
cambiamento rispetto ai decenni precedenti sia del ruolo dell’economia che dei valori di riferimento e
degli obiettivi che devono essere perseguiti.
Amari e Del Rossi, con questo volume, ci vogliono indurre prima a ritrovare e poi a riflettere sulle ragioni
che hanno spinto Roosevelt alla definizione delle politiche che sono andate sotto il nome di New Deal.
Ragioni importanti che negli ultimi decenni sembrano essere state dimenticate. Ma vogliono anche
ricordarci come quelle esperienze, consolidandosi nel tempo, si siano andate trasformando in qualcosa di
più: in una visione complessiva del modo di organizzarsi della convivenza civile. Come il New Deal, in
altre parole, abbia suggerito una nuova utopia, per usare un termine caro a Bruno de Finetti. Un’utopia
che ha preso forma grazie al diffondersi in alcune università americane del pensiero keynesiano; una
diffusione alla quale non è probabilmente estraneo il bisogno di formare una classe dirigente capace di
Leggi tutto: http://www.rassegna.it/articoli/il-riformismo-come-orizzonte-culturale
Leggi il programma su
www.marche.cgil.it/spi

www.lenius.it
C’è una relazione tra immigrazione e criminalità?
La cronaca nera torna ciclicamente a raccontare di reati più o meno efferati compiuti da stranieri. Così
l’opinione pubblica si scatena: c’è meno sicurezza perché c’è più immigrazione.
di Fabrizio Ciocca
Secondo il Rapporto dell’Osservatorio Europeo sulla sicurezza, il 78% degli Italiani pensa che la
criminalità sia cresciuta a livello nazionale (il dato scende al 43% a livello locale) rispetto a cinque anni
fa ed un 39% considera gli immigrati come una “insidia” per l’ordine pubblico e potenzialmente portati a
delinquere.
Ma è davvero così? C’è una correlazione tra il livello di immigrazione e la criminalità?
1. Rispetto ad altri paesi europei, la criminalità in Italia è a livelli molto bassi e calanti per tutti i tipi di
reato, nonostante l’immigrazione sia in decisa crescita. Non si riscontra quindi alcun tipo di correlazione
tra l’aumento dell’immigrazione (che c’è stato) e l’aumento della criminalità (che, al contrario, è in
diminuzione).
2. Gli stranieri sono il 32% della popolazione carceraria italiana, mentre sono il 9% della popolazione.
Quasi tutti sono stranieri irregolari e più della metà è in carcere come misura preventiva perché gli
stranieri irregolari, a differenza degli italiani, non riescono ad accedere alle misure alternative per
mancanza, reale o presunta, di un domicilio stabile, o per difficoltà ad ottenere una tutela legale
qualificata.
3. Vi è una sovra rappresentazione degli stranieri tra gli autori di alcuni tipi di reato, soprattutto borseggi,
furti e alcuni tipi di rapine. Le condizioni sociali, economiche e legali (età giovane, povertà, irregolarità)
in cui si trovano molti degli stranieri che commettono crimini sono spiegazioni molto più convincenti che
non l’appartenenza etnica. Questi reati infatti non sono in aumento, il che significa che erano
precedentemente commessi da autori in gran parte italiani, spesso anch’essi in condizione di povertà ed
esclusione sociale.
Immigrazione e criminalità: il nesso che non c’è
Per rispondere alla domanda, analizziamo i dati statistici disponibili (2008-2015) della banca dati di
Eurostat sul tema del “Crime and Criminal Justice”, mettendo a confronto Italia, Francia, Germania e
Regno Unito, paesi che presentano caratteristiche socio-demografiche simili e in cui risiede il 53% della
popolazione dell’Unione Europea.
Paesi Nr. stranieri residenti 2015 % stranieri residenti 2015
Regno Unito 5.980.000 9.2%
Francia 4.520.000 6,8%
Italia 5.030.000 8.3%
Germania 9.220.000 11.3%
Unione Europea 36.500.000 7,2%
Nei quattro paesi considerati la presenza di cittadini stranieri – comunitari e non – oscilla tra il 7 e l’11%.
I dati sia dei numeri assoluti che dell’incidenza sulla popolazione totale sono in aumento rispetto al 2008,
dell’1% in Francia, del 2% in Italia e Regno Unito, del 3% in Germania, senza considerare che tra il 2008
e il 2015 molti stranieri hanno acquisito la cittadinanza. In Francia si stima che circa un quarto della
popolazione è di origine straniera ed un quinto in Germania. L’Italia invece ha visto un notevole aumento
del numero degli immigrati residenti, con un incremento di 1.770.000 unità.
Questa è la cornice demografica in cui inserire i dati Eurostat registrati dalle Polizie nazionali che,
nonostante non tutti gli episodi criminali vengano denunciati presso le Autorità, forniscono un fondato
trend e chiare indicazioni.
Prendiamo ora in considerazione i cinque principali indicatori di criminalità, per verificare la loro
evoluzione tra il 2008 e il 2015, in relazione all’aumento del numero degli immigrati in Italia e negli altri
paesi europei considerati.
1. Omicidi
Gli omicidi in Italia nel 2015 sono stati 468 – 0,77 omicidi ogni 100 mila abitanti – il tasso più basso di
sempre. Pensate che nei primi anni dell’Italia unita era di 6,8 omicidi per 100 mila abitanti. Da inizio anni
novanta il dato è in continua diminuzione, fino a livelli che gli studiosi dubitavano sarebbero mai stati
raggiunti. Il dato degli omicidi in Italia mostra anche un costante andamento sotto la media UE ed è stato
Leggi tutto: https://www.lenius.it/immigrazione-e-criminalita/