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Infolampo: Famiglia – Clima

Terra, donne e figli: avanza il Medioevo
Ancora una volta, anziché affrontare il problema, reale, della denatalità approntando politiche a favore
della famiglia, si gioca pesante sul corpo delle donne. Fai bambini (per la patria?) e la tua famiglia avrà
campi da coltivare e il mutuo per la casa
di Silvia Garambois
Terra al terzo figlio. A chi è venuta l’idea? Perché ce ne vuole di fantasia, passati già due decenni del
terzo millennio, per pensare che con un fazzoletto di terra si campi una famiglia di 5 persone. Anzi: che la
prospettiva induca le coppie a fare figli. Oltretutto, a esser
cavillosi, con in concessione della terra di non grande
pregio: quella buona il demanio l’ha già venduta…
Sarà anche roba antica come dicono alcuni, ricorda più gli
incentivi del ventennio fascista con le medaglie alle madri
più prolifiche (figli alla patria) che la riforma agraria di
Bonomi, l’idea però – che è finita dentro la manovra
economica, e quindi non è più solo un’invenzione bislacca
ma una norma al voto parlamentare – è soprattutto
offensiva: una volta di più anziché affrontare il problema,
reale, della denatalità approntando politiche a favore della
famiglia, si gioca pesante sul corpo delle donne. Fai figli e
la tua famiglia avrà terra, e anche il mutuo per la casa.
Fa venire in mente Adelina, la venditrice di sigarette di
contrabbando in “Ieri, oggi, domani” di De Sica: dove
Sophia Loren interpretava la popolana di Forcella che per
mantenere tutta la famiglia e non essere arrestata, era
perennemente incinta.
Niente asili. Niente misure di sostegno al lavoro femminile. Niente detassazioni o sgravi reali e
significativi e duraturi (come fanno in mezza Europa, dove gli asili comunque ce li hanno). In un Paese
come il nostro dove nascono ormai meno di mezzo milione di bambini all’anno e i figli – di fatto – li
possono fare solo i ricchi, la proposta del governo è di assegnare un pezzo di terra alle coppie (per carità:
regolarmente sposate!) che arrivano a “quota 3”. Quando, per inciso, siamo ormai precipitati a un tasso di
natalità di 1,34…
Le cronache si sono riempite in questi giorni di dati per scoprire quanta terra c’è da dare alle nuove
famiglie numerose: mezzo milione di ettari, valore teorico circa 10 miliardi di euro (molto teorico, perché
erano in vendita e non le ha comprate nessuno). Ma si sono assai meno occupate delle allibite proteste
delle donne, che da Verona a Roma sono già in piazza a difendere la libertà di aborto libero e garantito,
visti gli attacchi sferrati alla “legge 194” persino nel Consiglio Comunale della Capitale. E con le quali
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Ddl Pillon, il 10 novembre Cgil
in piazza in tutto il Paese

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Evoluzione umana e cambiamento climatico
Il riscaldamento globale non solo è in atto, ma galoppa tanto che persino Trump se ne è accorto. E
sembra andare più svelto di quanto i modelli abbiano fin qui raccontato e previsto.
di Bruno Giorgini
L’aumento della temperatura (che altro non è se non l’energia cinetica media delle molecole di gas) da’
luogo a venti turbinosi e spesso imprevedibili, che tra l’altro alzano onde di marea impressionanti e poi
gli tsunami diventano sempre più frequenti spazzando le coste, e poi l’aumento delle temperatura dei mari
produce evaporazione delle acque che sale a formare nuvole sempre più gigantesche, e poi queste nuvole
si scaricano con piogge torrenziali, e poi le piogge diventano acide distruggendo flora e fauna, e poi la
banchisa polare si scioglie – questa estate al polo le temperature hanno oscillato tra 30 e 34 gradi, un
caldo mai visto – aumentando il livello delle acque, e poi molte specie muoiono andando prossime
all’estinzione e poi là dove c’era erba verde e alberi si fa il deserto, e poi le carestie si moltiplicano, e poi
milioni di persone migrano, e poi il mondo si dissemina di guerre e poi i ghiacciai raggrinziscono eccetera
eccetera.
Tutto questo groviglio s’annoda, s’ingrossa, s’ amplifica e moltiplica di giorno in giorno mentre l’umanità
per ora appare parecchio claudicante a farvi fronte. Anzi qualcuno ci specula e guadagna masse enormi di
danaro lucrando su fame, malattie nuove e vecchie, rapine finanziarie, commerci di armi e droga a
tonnellate (migliaia), illegalità e violenze, mostruose diseguaglianze, schiavitù delle forze di lavoro,
calpestando diritti e libertà individuali quanto collettivi. Fino in Europa questo avviene, e giova tenerlo a
mente. Quindi che fare, se fare qualcosa è ancora possibile, almeno per contenere le soglie critiche dentro
un quadro di sostenibilità – un aumento che non vada oltre un grado e mezzo ci dice l’ultimo rapporto del
gruppo internazionale IPCC (ottobre 2018). Sembrerebbe una causa comune per l’intera umanità, eppure
stenta a assumere una dimensione globale capace di permeare l’intera vita associata della specie homo.
Per esempio gli accordi tra gli stati, come l’ultimo siglato a Parigi per limitare le emissioni di gas serra,
recentemente denunciato da Trump che se ne è tirato fuori, oltre a non coinvolgere tutti i paesi, faticano a
essere applicati, trovandosi spesso scappatoie per non rispettare oggi le regole appena definite ieri. Su
questo piano soltanto una pressione continua e massiva dell’opinione pubblica può, potrebbe, in qualche
modo sollecitare maggiore impegno e celerità di esecuzione, perché a poco servirà chiudere la stalla dopo
che i buoi siano scappati.
Nel panorama generale emergono però una miriade di idee, iniziative di base e buone pratiche ecologiche
radicate nel territorio di cui varrebbe la pena tracciare una mappa dinamica, cominciando a definire una
rete connessa aperta e disponibile sul web. Una rete cooperativa che accolga tanto le entità collettive
(associazioni, gruppi di ricerca, partiti eventuali, sindacati, chiese, università, accademie, sistemi di
protezione civile ecc.. ) quanto le singole persone. Inoltre nel 2015 Papa Francesco ha licenziato l’
enciclica Laudato Sì, fino ad ora il documento “ideologico” più completo e globale sulla questione,
rivolta a tutti gli “uomini di buona volontà”, ma in specifico alle comunità religiose, in primis i cristiani e
i cattolici, invitandole a mobilitarsi. Qui però vorrei affrontare il problema sotto un profilo diverso.
L’evoluzione dell’homo non è definita soltanto dal suo patrimonio genetico. Anzi il suo corredo genetico
è piuttosto striminzito. Se si assume l’escherichia coli come unità di lunghezza per la stringa genetica, la
nostra vale circa 30.000/31.000 geni, mentre quella del lilium ne conta 70.000. La lunghezza della stringa
misura la variabilità, cioè la capacità di adattamento, per così dire “spontaneo”, all’ambiente circostante e
ai suoi cambiamenti. In altre parole noi umani rivestiti soltanto dei nostri geni avremmo avuto vita corta e
grama sulla terra primigenia. Ma a questo punto insorge, in modo per ora misterioso, il cervello, quindi la
mente, quindi l’intelligenza che suggeriscono la scelta di costruire un ambiente adatto allo sviluppo
dell’homo il cui culmine sono le città, nonché le varie fasi dai cacciatori ai raccoglitori fino agli allevatori
e agricoltori. Il paradigma che sottende questa decisione evolutiva è quello del dominio dell’uomo sulla
natura che deve essere piegata e sfruttata per soddisfare i nostri bisogni e desideri, diventando un enorme
reservoir di energia, cibo. ricchezza. Così si sviluppa la civiltà umana sul, e a spese del, pianeta: aria,
acqua, terra, materie prime nulla viene risparmiato. Tutto viene preso, occupato, estratto, lavorato e
trasformato in merce. Mentre gli scarti di questa secolare e gigantesca attività di costruzione e produzione
della cosidetta “seconda natura” vanno a inquinare la prima natura (wild nature). Fin quando si scopre che
il reservoir non è infinito, e che per esempio l’inquinamento dovuto ai gas serra può generare un
cambiamento climatico globale, certamente contribuendo al riscaldamento del pianeta. Ovvero dal
paradigma del dominio sulla natura tramite scienza e tecnologia bisognerebbe transire a un contratto di
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